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Ventura, hai una pretesa troppo alta

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Buona la prima, quella che conta: l’Italia si impone in Israele con il risultato di 1-3 e parte con il piede giusto nel lastricato cammino che condurrà a Russia 2018

Ciak, si gira: l’Italia di Giampiero Ventura passa in Israele nonostante l’inferiorità numerica finale – dovuta all’espulsione di Chiellini – e si mette alle spalle le puntuali critiche sorte in seguito alla sconfitta rimediata in amichevole con la Francia. Più strutturata della nostra nazionale, mettiamocelo in testa. La prima che conta porta sorrisi: toccherà remare tutti dalla stessa parte per guadagnarsi il pass diretto al prossimo Mondiale, biglietto che spetterà alla sola prima forza di ogni raggruppamento di qualificazione.

LA PARTITA – Non eccellente ma decisamente buona: convincente l’approccio alla gara, intelligente l’Italia nella scelta di sfondare sulla sua sinistra, con Ben Biton – il terzino destro israeliano – in evidente difficoltà personale. Tanto dall’altra parte gravita Candreva: scegli di andare dalle sue parti o meno, lui c’è. Una sicurezza. La fase di rodaggio, vuoi per l’avvicendamento tecnico e vuoi per le gambe che in questo periodo inevitabilmente non girano a dovere, appare evidente: conseguenza diretta è il complicarsi la vita, con  qualche automatismo in uscita da rivedere e con quella piena consapevolezza inevitabilmente da raggiungere. Poco male se alla fine ci pensa il subentrato Immobile: dovrà essere prerogativa della nuova gestione sfruttare al meglio tutte le risorse a disposizione.

LA PRETESABasta paragoni con Conte, mi sento accerchiato: le dichiarazioni di Ventura nel pre-partita di Israele-Italia, quando ancora i dolori della sconfitta di Bari si lasciavano avvertire. Il commissario tecnico ha poi rincarato la dose: ringraziamo Conte ma non voglio più sentir parlare dell’Europeo, ora deve partire la mia avventura sulla panchina dell’Italia. I confronti? Mentre Conte vinceva scudetti io facevo plusvalenze milionarie e mandavo giocatori in nazionale, ognuno fa quel che può. Tutto legittimo, premettiamolo. Nonché da intendere come fruttifero per il futuro, meglio non lasciarsi fregare dai rimpianti di quel che è stato e che sarebbe potuto essere. E’ un discorso che fondamentalmente ci sta, magari da valutare tenendo ben presente che il successore sa di che pasta sia fatto il predecessore.

MA… – Innanzitutto in Italia funziona così e Ventura, che in questo Paese allena esattamente da quarant’anni, dovrebbe sapere ciò alla perfezione. A prescindere dai nomi in ballo, i confronti – nel bene e nel male – sono inevitabili, con chi ti ha preceduto e con chi ti seguirà. E’ la giostra della vita, impensabile isolarsi. Entrando nel merito del personalismo ancor di più: Antonio Conte, reduce da tre titoli consecutivi con la Juventus ed ora al timone del milionario Chelsea di Abramovich, è un tecnico nel gotha dei più accreditati a livello mondiale. La caratura di Ventura è differente: il buon Giampiero è un grande allenatore, ma la circostanza è pacifica. Ragion per cui, più di calcare la mano e sottolineare la noia per i paragoni, sarebbe consigliabile imparare a conviverci. Tanto torneranno fuori: alla prossima sconfitta (speriamo il più lontano possibile), alla prossima variante tattica (l’aveva già fatta lui?), alla prossima esultanza contenuta (ma ve lo ricordate Conte che saltava sulla panchina?), alla prossima domanda di un giornalista. Ribadiamo: meglio conviverci.