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Reja: «Vado avanti finché posso»

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«Totti? Capisco cosa sta passando. Klose? Professionista incredibile»

Non vuole passare per fenomeno né gli interessa esserlo: Edoardo Reja è allora un campione della normalità che sta preparando l’Atalanta in vista della sfida contro la Roma. Una partita che per lui resta un derby, considerando i suoi trascorsi nella Lazio: «Non posso dimenticare i colori, i tifosi, l’atmosfera di quella partita. Speriamo di fare punti, perché la mia Atalanta ne ha bisogno. All’andata era un’altra Roma. Non sembrava nemmeno una squadra, era più un gruppo di singoli. Non so cosa sia successo con Garcia, di sicuro contro Spalletti sarà molto più difficile ottenere un bel risultato. Lo ammiro da molto tempo, è stato tra i miei modelli, come tutti gli innovatori. E’ stato il primo a valorizzare la tattica del falso nove, che in parte applica anche adesso», ha dichiarato il tecnico nerazzurro al Corriere dello Sport.

IL FUTURO – Reja, che ha indicato anche Sacchi e Orrico come punti di riferimento, ha commentato la notizia della possibile introduzione a breve della moviola in campo: «Sono favorevole, purché venga usata con criterio. Gol, rigori: stop. Altrimenti ci fermiamo sempre». Lui, però, non intende fermarsi: «Vediamo: quest’anno compirò 71 anni. Mi volevano festeggiare per i 70, ho risposto così: festeggiamo quando arrivo ai 100… Finché riuscirò, andrò avanti. Il calcio è la mia vita. Ho avuto tante soddisfazioni. Semmai la cosa che mi manca, e che ho sfiorato più volte con la Lazio, è stata la Champions League», ha affermato Reja, che non si sente vittima dell’etichetta di difensivista: «Sono cavolate. Guardate Ranieri in Inghilterra: sta per vincere il campionato con il Leicester, dopo aver sopportato tanto. Sono particolarmente felice per lui, che è della mia generazione: è stato bravissimo. Ma poi la differenza in campo la fanno i calciatori, non dimentichiamolo. E lo dico da allenatore». Reja non ha mai avuto l’occasione di provare a vincere lo scudetto, ma non si affligge: «Mah, forse non ho avuto abbastanza fortuna. Ma soprattutto sono arrivato tardi in serie A».

DA NAPOLI A ROMA – Ha lavorato con Aurelio De Laurentiis a Napoli e Claudio Lotito alla Lazio, due interlocutori difficili: «Personaggi diversi, grandi manager. Ho avuto un rapporto diretto con entrambi. Con De Laurentiis una volta arrivai quasi alle mani ma anche con Lotito ci sono stati confronti accesi. Io consiglio gli allenatori alla Lazio? Ma no, Lotito e Tare sanno bene cosa fare. E’ vero che abbiamo un rapporto ottimo. Inzaghi? E’ un ragazzo umile, capace. In più conosce l’ambiente. Non sarei sorpreso se rimanesse anche nella prossima stagione». Si parla poi di “vecchietti”, partendo da Francesco Totti: «Capisco cosa sta passando, perché ricordo quando ho smesso io di giocare. Vorresti fare delle cose ma devi misurarti con il tuo fisico». Poi si passa a Miroslav Klose: «Un professionista incredibile. Sa cosa faceva prima delle partite? Studiava al video i difensori che dovevano marcarlo, per capirne i punti deboli. Lavorava con la stessa intensità in partita e in allenamento. Se solo Cristiano Doni avesse avuto la sua “coccia”… Sì, un grande calciatore che ha avuto meno di quanto avrebbe potuto ottenere. Il più forte che io abbia allenato. In un certo senso meglio di Pirlo, che però io ho conosciuto quando era molto giovane. Doni aveva il motore di una Ferrari».