Buon compleanno a... Sergio Ramos
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Buon compleanno a… Sergio Ramos

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Gli auguri di compleanno di oggi a Sergio Ramos, difensore spagnolo del PSG ed ex Real Madrid. Tutti i dettagli

Oggi Sergio Ramos compie 37 anni. Molti dei quali trascorsi a suscitare sentimenti forti. E, soprattutto, divisivi: perché il centrale spagnolo è sicuramente uno dei più forti giocatori apparsi negli ultimi due decenni, ma non è certo un tipo che si fa amare. Chiaramente non c’è mai un solo aspetto che spieghi gli umori dei tifosi, per di più su scala planetaria. Probabilmente, se si dovesse partire per un’indagine, non sarebbe male comportarsi nei suoi confronti come si fa con gli sconosciuti o i poco noti: cercarlo su wikipedia. E qui, all’interno di una vicenda professionale lunghissima, bisognerebbe soffermarsi su una voce che spiega molto, inerente i suoi record. La lettura potrebbe suggerire già un titolo, del tipo La cattiveria del campione. Perché Sergio Ramos, per dirne una, è il giocatore con più presenza nella storia della nazionale spagnola (aggiungiamo noi: che ha marcato un’epoca calcistica forse come nessun’altra). Contemporaneamente, ha il primato di cartellini, gialli e rossi: in Liga, nei principali tornei europei, in Champions League, nel Real Madrid e nella Spagna. Con il sospetto che se glielo si imputasse, lui direbbe che ne è orgoglioso, invece di addurre come giustificazione che certi numeri maturano solo se giochi ad altissimi livelli centinaia e centinaia di partite. E non è mica finita, come ben si sa. Ci potrebbe persino essere un’appendice italiana, se prendesse corpo quella ricorrente suggestione che lo vorrebbe accasato al Milan.

Sarebbe una chiusura pazzesca se a prenderlo fosse quel Paolo Maldini che un giorno Carlo Ancelotti – non proprio uno che non ne capisce – usò come termine di paragone per dire che Sergio Ramos era più completo. E scusate se è poco.
Immaginate la sua foto con il Duomo dietro. Facile ipotizzare il tenore dei commenti: «Ma uno come lui, alla sua età, a cosa serve?». Ecco, questa è stata la domanda più ricorrente dell’ultimo biennio. Succede a tutti i grandissimi che sembrano legati in maniera indissolubile a un club e poi, improvvisamente, arriva una rottura sul finire. Ramos era l’essenza del madridismo, probabilmente è un nesso che nell’immaginario collettivo non sparirà mai, un po’ come Messi che ancora viene associato al Barcellona. E, invece, proprio loro due, protagonisti di tante versioni del Clasico, si sono ritrovati a Parigi, nel più incredibile del “chi lo avrebbe mai detto?”. Ed è allora che alla domanda hanno subito risposto in tanti, come ad esempio Ronaldinho, a definire l’orizzonte delle attese: la Champions League.

Eccola qui, la missione storica dell’uomo che la coppa delle grandi orecchie l’ha vinta in tutti i modi e a tutti i costi, compresa l’eliminazione di Salah con mossa diabolica, apogeo dell’esperienza di un calciatore che sa essere decisivo nelle partite che contano, già solo per il carisma che distribuisce a ogni intervento. E invece no, il Psg non ce l’ha fatta neanche con lui, due eliminazioni su due agli ottavi di finale. E se l’anno scorso a Madrid – proprio lì – lui non era in campo, quest’anno nel doppio confronto con il Bayern è apparso il consueto trascinatore palla al piede, a prendere iniziative che il suo centrocampo non era in grado di proporre, sferzate morali che non hanno trovato corrispondenza nei compagni. Per non dire dei colpi di testa sui calci d’angolo, che hanno costretto Sommer al miracolo o che sono andati fuori di poco, rendendolo l’attaccante più pericoloso nella squadra che ha i migliori al mondo (o quantomeno del Mondiale).
Chissà se anche a Milano, si presenterebbe con la stessa ambizione e parole simili a quelle usate al suo arrivo nella capitale francese, con quel senso della «nuova sfida» che chi ha vinto tutto sa proporre e proporsi quando esce da una comfort zone.

C’è ancora bisogno di uno così? Jerôme Rothen, ex centrocampista del club che domina la Ligue 1, dopo pochi mesi fu categorico: «Ritengo che l’arrivo di Sergio Ramos sia stata davvero una pessima idea per il PSG». Salvo poi cambiare idea, «Sarà un leader e diventerà il capitano della squadra». Perché lui, a differenza degli altri pur grandi giocatori presenti nel club, «si fa rispettare e tutti lo ascoltano».