Campedelli: «Ci sono stati diversi anni bui. Ecco il più grande errore che ho commesso nella mia attività da presidente»
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Campedelli: «Ci sono stati diversi anni bui. Ecco il più grande errore che ho commesso nella mia attività da presidente»

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Campedelli parla ai microfoni de ‘La Gazzetta dello Sport’ della sua avventura al Chievo. Racconta la verità sull’esperienza con i clivensi

La passione visionaria di Luca Campedelli per il Chievo, la squadra della sua famiglia diventata simbolo di un miracolo calcistico e poi sparita nel nulla. Campedelli racconta la sua verità nel libro “Chievo, un delitto perfetto”, denunciando le ingiustizie subite e sognando ancora di riportare in vita il “suo” club, nonostante il dolore e le difficoltà personali che lo hanno portato a un passo dal suicidio. Ecco la sua intervista a La Gazzetta dello Sport.

IL LIBRO OGGI – «Perché era giusto ristabilire la verità dopo tante falsità. Lo dovevo a mio padre, senza cui il Chievo non sarebbe mai esistito, alla mia famiglia, a me stesso e alla storia del club».

UN DELITTO PERFETTO «Sì, perché non abbiamo avuto possibilità di replica. Nessuno ha voluto prendere le parti della vittima o ha fatto in modo che la giustizia andasse più a fondo nella vicenda. Le istituzioni si sono limitate a dire che il Chievo non aveva impugnato la normativa della Figc, però nessuno ha voluto vedere che lo Stato durante il periodo Covid aveva fatto una norma istituzionale che di fatto ha reso il club non inscrivibile al campionato. Senza il Covid il Chievo sarebbe ancora in vita perché noi non avevamo problemi economici, gli stipendi dei giocatori erano stati tutti regolarmente pagati. Il Chievo è stato cancellato in sette giorni, quando nel settembre 2020 venne emanato un dispositivo che bloccava tutte le rateizzazioni. Se avessi avuto più tempo, di sicuro avrei trovato una strada, ma nessuno mi ha ascoltato e mi ha dato una mano».

SI É CHIESTO QUALI ERRORI ABBIA COMMESSO «Tante volte. Il più grande è stato non aver messo in sicurezza il Chievo prima di essere sospeso dalla carica di presidente perché imputato nel processo di Forlì per le plusvalenze. Sarei dovuto andare all’ufficio imposte e pagare tutta la cartella esattoriale per evitare la rateizzazione. Ci tengo a precisare che per le plusvalenze sono stato assolto, la condanna di due anni è per falso in bilancio e ho già fatto ricorso in appello».

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GLI ANNI BUI «Sono stato dietro agli avvocati e mi sono dedicato alla scherma sportiva. Fino all’anno scorso seguivo una squadra di ragazzi disabili, li accompagnavo agli allenamenti e alle partite. Inizialmente si allenavano al Bottagisio, che dopo il fallimento del Chievo è finito all’asta ed è stato acquistato dal Verona. Una porcata: come se il Milan comprasse Appiano Gentile o l’Inter Milanello. Io non lo avrei mai fatto».

IL MOMENTO PIU’ DURO «Novembre 2021, quando ho tentato il suicidio. Mi sentivo un peso, con addosso tutte le colpe del mondo. Non vedevo vie d’uscita. Avevo perso ogni briciolo di speranza, ora un po’ l’ho ritrovata. Il calcio è la mia vita, ma adesso preferisco quello dilettantistico, non inquinato dalla tecnologia. Sono stato solo qualche volta a vedere il Monza. Ho smesso anche di seguire l’Inter, squadra per la quale tifavo: da quando non c’è più Moratti ha perso la magia. Lui è stato uno dei pochi, insieme a Preziosi, a starmi vicino. È stato un colpo duro da assorbire, a cui si è aggiunto il fallimento della Paluani. Ma non è stato il pallone a mangiarsi il panettone: dal 2008 l’azienda di famiglia non metteva più soldi nella società. Le due cose sono assolutamente scollegate».