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Come ha fatto la nazionale inglese a tornare di moda dopo 50 anni

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La nuova generazione d’Inghilterra fa parlare di sé: Hodgson ha assecondato il processo

Al largo da fenomeni di esterofilia, almeno per chi ora vi scrive, la storia della nazionale calcistica inglese non ricalca senz’altro il prototipo della squadra vincente: un Mondiale (quello casalingo) vinto nel 1966 e mai un’altra finale internazionale, né dunque in ambito di Europei. Il massimo raccolto narra due altre semifinali: una ad Italia ’90 e l’altra ad Euro ‘96 (quello casalingo). Per il resto il passato dell’Inghilterra è storia – al meglio – di ottavi e quarti di finale.

VENTENNIO DA INCUBO – Dando una sbirciata ai nomi che si sono susseguiti negli ultimi venti anni di maglia inglese non ci si crederebbe: in ordine temporale Seaman, Campbell, Ferdinand, Neville, Beckham, Shearer, Sheringham, Ince, McManaman, Scholes, Barry, Owen, Fowler, J.Cole, Terry, A.Cole, Gerrard, Lampard, Rooney fino ai recenti Sturridge, Walcott  e Sterling. Fatta eccezione per i pochi presenti alla già citata semifinale del ’96, il recente passato dell’Inghilterra è composto da pagine che vanno da mancate qualificazioni (Usa ’94 ed Euro 2008), eliminazioni ai gironi (Brasile 2014 ed Euro 2000) fino al massimo dei quarti di finale ottenuti a Corea/Giappone 2002, Germania 2006 ed alle edizioni degli Europei tenutesi nel 2004 e 2012. Neanche il nostro Fabio Capello riuscì ad invertire la tendenza: anzi, la sua Inghilterra fu spazzata via da Sudafrica 2010 dal perentorio 4-1 della Germania del recordman Klose, con l’amaro epilogo delle dimissioni rassegnate in seguito alla nota vicenda Terry. Insomma non perdevano neanche alla fine, ma lo facevano presto.

GENERAZIONE BUTTATA? – Verrebbe da rispondere affermativamente. Soprattutto se si guarda alla recente tornata di convocazioni per la doppia amichevole che l’Inghilterra di Hodgson ha avviato con la sorprendente vittoria sulla Germania e terminerà con la sfida all’Olanda: dei nomi sopra elencati restano i soli Walcott e Sturridge, con Rooney e Sterling fuori per infortunio ed in dubbio – il primo per questioni di concorrenza ed il secondo per via dell’entità del problema ancora tutta da riscontrare – per quanto concerne la partecipazione alla prossima kermesse. La recente amichevole di lusso disputata nel tempio dell’Olympiastadion con i campioni del mondo della Germania ha smascherato le ambizioni degli uomini di Hodgson: sotto di due gol – quelli di Kroos e del redivivo Gomez – dopo un’ora di gioco, nel finale si è scatenato il tornado inglese e la rimonta è stata sonoramente servita. Il carattere c’è. E gli schiaffoni di Kane, Vardy e Dier lasciano l’eco di una pagina di giornale appena voltata: l’Inghilterra è intenzionata a chiudere i conti con la vecchia guardia, venerata e perdente.

TORNATI DI MODA? – Da quel 4-1 del 2010 insomma le cose potrebbero essere cambiate, occhio ai marcatori: Eric Dier ed Harry Kane del Tottenham, Jamie Vardy del Leicester. Favola questi ultimi, progetto in enorme crescita i primi: fatto sta che al saldo timone della Premier League ci sono queste due squadre, gli uomini di Ranieri clamorosamente a 66 punti, quelli di Pochettino a quota 61. Poi il vuoto. Ed è proprio questo il segnale più fragoroso del passaggio di generazione: il commissario tecnico Roy Hodgson lo ha assecondato senza troppi patemi d’animo, attingendo a piene mani dalle due novità del torneo più accreditato e ricco del pianeta. Dei ventuno convocati recenti, ben cinque fanno capo al Tottenham (quattro titolari, tra cui il migliore in campo della sfida di Berlino e classe ’96 Dele Alli, l’altro è il terzino sinistro Danny Rose) e due al Leicester (l’altro è il duttile mediano Drinkwater). Sette su ventuno: un terzo, senza dunque il classico snobismo inglese. Il resto lo fa un percorso di qualificazione ad Euro 2016 oggettivamente mostruoso: l’Inghilterra ha centrato l’en-plein vincendo le dieci gare del suo Gruppo E, segnando 31 volte ed incassando appena 3 gol. Che sia la volta buona per ricalcare le orme di Charlton, Hurst e compagni? Sono trascorsi 50 anni dall’unico trofeo della storia inglese, ma ora il ruolo della favorita va concesso alla pur incerta Germania del percorso di qualificazione: il mix di qualità ed esperienza dell’organico resta il più sostanzioso. Ma c’è spazio per le outsider e questa nuova generazione d’Inghilterra pretende di essere alla moda.