Fanna: «Lo scudetto del Verona è nato a un Capodanno. Per correre come me bisogna giocare in salita e in discesa... Il calcio non lo seguo più»
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Fanna: «Lo scudetto del Verona è nato a un Capodanno. Per correre come me bisogna giocare in salita e in discesa… Il calcio non lo seguo più»

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Fanna

Le parole di Piero Fanna, ex calciatore del Verona, sullo scudetto vinto dai gialloblù e sulla Serie A odierna. Tutti i dettagli

Tra gli anni ’70 e ’80 Piero Fanna ha vinto 5 scudetti tra Juventus (3), Verona (1) e Inter (1). Oggi racconta la sua carriera a La Gazzetta dello Sport.

DA PICCOLO GIOCAVA NEI CAMPI IN SALITA«Duecento metri di corsa in discesa la mattina per andare a scuola, duecento metri in salita la sera quando tornavo a casa. E sempre con il pallone tra i piedi, dribblando avversari immaginari, fingendo di essere Sandro Mazzola, il mio idolo. Un giorno mio padre mi disse: “Pierino, è facile portarlo su, ma prova a scendere di corsa senza perdere mai il pallone”. Divenne una questione di orgoglio. Il mio gioco l’ho affinato lì, su e giù per quella strada bianca di montagna, tra i sassi e la polvere. E in fondo è una metafora della vita: si sale e si scende».
LA PERDITA DEI CAPELLI«(Ride) Quando arrivai a Torino mi chiamavano “Il Vichingo”. Avevo i capelli lunghi, persino con i colpi di sole. Li accorciai un po’ prima della firma ufficiale, ma non abbastanza. Boniperti infatti mi disse: “Fanna, domani mattina le ho prenotato un appuntamento dal nostro barbiere”. Il famoso “Stile Juve” era anche quella cosa lì. I capelli li ho persi da un giorno all’altro. Cosa è successo? E chi lo sa, io credo lo stress che avevo addosso».
LO SCUDETTO DEL VERONA COME UNA FAVOLA«Ma è nato da basi solide ed eravamo proprio forti. Abbiamo capito che era possibile la sera di Capodanno del 1984. La passammo a Cavalese, dove oggi vive quello che considero il mio fratello maggiore, Domenico Volpati. C’eravamo quasi tutti, con mogli e fidanzate. Al brindisi alziamo i bicchieri, c’è un attimo di silenzio, io prendo la parola e dico solo: “Ragazzi, ora o mai più”».
HA FATTO L’ALLENATORE «Vice di Prandelli, due anni a Verona e due a Venezia. Ho chiuso nel 2002, il calcio non lo seguo più. Sono un nonno felice, ho 67 anni, una moglie che amo, due figli realizzati, Cristina e Marco. L’unico che può riportarmi allo stadio è il più grande dei miei tre nipoti, Tommaso, che ha dieci anni. Vive a Roma, è un “lupacchiotto”».

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