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Juve: il miglior attacco è la difesa

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L’acquisto di Benatia e i bianconeri: un reparto ancora più forte

Lo dicono gli allenatori, meno i critici. Nel nostro campionato si vince con la difesa. E un po’ ci si vergogna a raccontarci così, mentre i mister sanno bene che il “primo non prenderle” rassicura l’ambiente, anche se sono i bomber a scatenare le fantasie popolari, a ingigantire i titoli del calciomercato, a determinare sogni e abbonamenti. Claudio Ranieri, riscoperto come il principe della favola col Leicester mentre da noi veniva percepito e mediatizzato come un ossessivo adepto del realismo, spiegò una volta la differenza con l’esperienza vissuta in Liga: «In Spagna se vinci 5-4 vanno a casa tutti contenti. L’idea che trionfa è quella del calcio spettacolo e vedere gol allo stadio sembra il massimo dei desideri. In Italia, se per caso hai la meglio sull’avversario ma incassi due reti ti si apre davanti una settimana di polemiche e preoccupazioni riguardo la fragilità del tuo assetto difensivo. E la squadra quel clima lo respira tutto. La partita dopo scende in campo con il terrore di commettere un errore, anche se  sai che il tuo attacco segnerà di sicuro». In Italia se difendi bene sembra quasi che ti debba vergognare. Guardate com’è raccontato Giovanni Trapattoni. Ha iniziato con la Juventus nel 1977 con un coraggio e uno spirito d’avanguardista fondato su un centrocampo dinamico e muscolare, via il regista e si sposta il conflitto in ogni zona del campo, tanto abbiamo chi fa la guerra per attitudine ovunque e comunque. Poi c’è stata la Juve di Platini dove puntualmente il numero 10 era il capocannoniere. Eppure, di lui si dice che fosse un difensivista come se fosse un marchio incancellabile, confondendo alcune mancate vittorie (in particolare la Coppa dei Campioni perduta ad Atene) come se fossero figlie e prodotti di quell’atteggiamento, laddove semmai in quelle circostanze (massimamente in quella) a determinare la colossale amarezza fu l’incapacità di trovare sbocchi d’attacco, non un’eccessiva attenzione al lavoro delle retrovie. In Italia siamo straordinariamente organizzati (visto la Nazionale?), bravi in marcatura, storicamente patria di portieri di buonissimo livello e quando si trova l’assetto non si vanno a cercare voli pindarici. Mentre un bomber se non funziona mezza stagione viene sottoposto a un fuoco di polemiche che finisce per bruciarlo anzitempo, se una difesa ha qualche falla il logoramento è tutto sul mister, non sui giocatori. Così, la continuità conserva il meglio della specie. E quelle filastrocche a memoria (da Combi, Rosetta, Caligaris a Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini) garantiscono il perdurare di cicli vincenti, anche se non è mai accattivante raffigurarsi come conservatori.

JUVENTUS: UNA DIFESA DA RECORD 

Che poi è vero, non è un luogo comune. In Italia vince lo scudetto chi ha la migliore difesa, altrove non è così o lo è in misura molto minore. Nel quinquennio di Conte ed Allegri, i bianconeri sono sempre stati la squadra che incassato meno gol. Con un percorso simbolicamente persino circolare: si è partiti da una linea a 4, si è finiti prevalentemente a giocare a 3, gli interpreti sono cambiati pochissimo e il primo scudetto così come l’ultimo hanno visto la Juventus chiudere con soli 20 gol e – soprattutto – con una sfilza di partite da senza voto per il suo portiere, talmente chi gli stava davanti garantiva una solidità ai limiti della perfezione. Non è un caso tanta coerenza. La Juve ha avuto bisogno di Carlitos Tevez per colorarsi di tricolore ed essere anche il miglior attacco della Serie A. E quest’anno non sono bastati né il colossale Higuain e neanche la cooperativa del gol fabbricata a Trigoria per mettere in discussione un titolo che ha giustamente la sua immagine più nitida nel record d’imbattibilità ottenuto da Gigi Buffon. In Italia si vince davvero con la difesa e succede altrettanto solo in Germania per il Bayern, che però è superiore in tutto. In questi ultimi due anni, non è bastato all’Atletico Madrid, al Monaco, al Tottenham o al Manchester United fare barriera ed essere funzionanti molto bene per vincere il proprio campionato e – spesso neanche per andarci vicino. Ma quel che più colpisce è che in Italia c’è qualcosa in più dell’equazione meno gol = scudetto certo. Vale anche per il secondo e il terzo posto, per entrare cioè nell’Europa che conta (salvo scivoloni nei preliminari). Negli ultimi cinque anni il podio del campionato ha coinciso con quello delle difese meno battute, con un’unica eccezione nell’Inter 2015-16, terza grazie allo strepitoso Handanovic come reparto e quarta invece nella classifica finale. Perciò, se le cose stanno così (e Sarri lo sa bene, visto come e quanto abbia rivitalizzato Albiol e Koulibaly e siano stati decisivi per l’ottimo Napoli recente), non è sbagliato enfatizzare l’acquisto di Benatia come ulteriore corroborante per la Juventus, che già ha in Daniele Rugani un’intrigante prospettiva per il futuro. Con il marocchino, la Roma arrivò a sfiorare l’impresa: non di vincere lo scudetto (troppi i 17 punti registrati alla fine nel terzo anno di Conte), ma di essere la migliore difesa sì (lo scarto fu solo di 2 reti). Perciò, è proprio il caso di rovesciare la prospettiva: per la Juve il miglior attacco è la difesa, non è solo un gioco di parole pensando a quanta qualità ha nell’impostazione da dietro (e anche in questo Benatia ne aggiungerà e non poco).