La gloria, la vergogna e la Mitropa Cup - Calcio News 24
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2015

La gloria, la vergogna e la Mitropa Cup

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Vita, morte e miracoli della Mitropa: vinta tra le altre da Pisa, Milan e Torino

UN GIORNO – Un giorno qualcuno dovrà pur provare imbarazzo quando ci troveremo obbligati a mostrare su Youtube alle generazioni future le gesta dei nostri calciatori preferiti o delle squadre storiche che abbiamo amato nel corso della nostra vita. Dovremo rendere conto del perché i video che faremo vedere saranno pieni di prodezze sempre uguali, commentate con la solita enfasi da un telecronista arabo – in effetti nove video su dieci sono presi da tv mediorientali – mentre quelli che crediamo campioni si mettono a favore di telecamera per esibire meglio il loro brand, il loro marchio: l’essere calciatori. Mostreremo le immagini di una finale di Supercoppa Italiana con nemmeno metà dei giocatori in campo di nazionalità italiana, decisa da molti sudamericani e disputata a Doha con le tribune piene di sceicchi, che al contrario dei tifosi normali possono andare a casa e sfogare la loro rabbia su una delle loro Bugatti per uno sport che fino a ieri non conoscevano ma che adesso sentono loro per qualsivoglia motivo.

MITTELEUROPA – E’ proprio in un’epoca come quella odierna, dilaniata dai fondi d’investimento e dalle pubblicità invadenti su ogni pixel di calcio giocato, che riaffiorano i ricordi. Tornei genuini, incontri ad oggi impensabili e storie che, se non fossero state raccontate da chiunque in nome della veracità pura del calcio, potrebbero risultare davvero romantiche. La Coppa delle Coppe, lIntertoto, la Coppa Anglo – Italiana, la vecchia Coppa UEFA e infine lei, la coppa più bistrattata da chiunque tanto che averla nel proprio palmares costituisce al giorno d’oggi una sorta di vergogna: la Mitropa Cup. Partiamo dal nome, perché Mitropa è una parola strana e deriva dalla contrazione di Mitteleuropa, ovvero la parola tedesca con cui si indicava una porzione del continente europeo, quella dal quale venivano selezionate le squadre. Fu la prima vera competizione internazionale nella storia, nata nel 1927 e morta dopo la caduta del Muro di Berlino, in un 1992 in cui finalmente si decretò la sparizione della Mitropa dopo anni di discesa nell’oblio e nell’inutilità. Eppure quel trofeo ha significato tanto per molte squadre, italiane e non – erano ammesse infatti anche le società cecoslovacche, ungheresi, austriache e jugoslave, quasi a sancire un patto tra le nazioni che dal primo dopoguerra agli anni Cinquanta rivoluzionarono l’idea di calcio in Europa.

INIZI – Agli albori la Mitropa Cup altri non era che una piccola Coppa dei Campioni, vinta perlopiù da squadre che oggi ignominiosamente definiremmo nobili decadute: Ferencvaros, Sparta Praga, Stella Rossa, Rapid Vienna e via discorrendo fino ad arrivare al Bologna, prima squadra italiana d alzarla nel 1934 (seguiranno le vittorie del 1942 e 1961che renderanno i felsinei la squadra italiana più titolata). Poi nel secondo Dopoguerra la Mitropa dovette affrontare la crescente importanza della neonata Coppa dei Campioni e assunse un ruolo di secondo piano, non più l’élite del calcio europeo ma una sorta di torneo di consolazione molto simile alla futura Coppa delle Fiere. Il suo essere circoscritta a poche nazioni e l’evoluzione del calcio in Europa portarono la Mitropa a scendere di considerazione fino ad arrivare al 1980, l’anno in cui cambiò tutto. La scelta degli organizzatori fu drastica: niente squadre campioni, niente meglio piazzate o seste-settime in classifica, partecipano alla Mitropa Cup le vincitrici dei campionati di seconda divisione. Una Coppa dei Campioni di Serie B, magari il nome non le dà la fama che meriterebbe ma comunque delinea al meglio cosa diventò la Mitropa negli Ottanta. Nonostante questo cambiamento epocale il trofeo continuò a regalare storie pazzesche, abbastanza borderline da meritare di essere raccontate, specialmente per quanto riguarda le società italiane.

PISA – Nel 1988 ad esempio alcuni abitanti della cittadina di Vac, in Ungheria, non avrebbero mai immaginato di doversi sobbarcare un biglietto aereo per dirigersi all’Arena Garibaldi di Pisa. Per non parlare dei pisani, che solo a sentir nominare il Vaci Izzo pensavano fosse o un cognome o una parolaccia. E così il 30 maggio 1988, a pochi giorni da una clamorosa salvezza all’ultima giornata, il Pisa fece a brandelli il Vaci con gol di Cecconi, Sclosa e Bernazzani alzando al cielo il suo secondo trofeo internazionale. Secondo? Sì, è tutto vero, solo due anni prima infatti i ragazzi del vulcanico Anconetani – il quale si ripromise di ridare lustro alla Mitropa – avevano trionfato sempre tra le mura amiche e sempre contro una formazione ungherese. Allora, il 17 novembre 1985, in seguito all’uno a zero in semifinale al Sigma Olomuc, il Pisa vinse due a zero e segnarono uno Stefano Colantuono dalla chioma incredibilmente folta e l’olandese Wim Kieft, uno che in Toscana è stato sia meteora che fuoriclasse. Quella vittoria però non dette lo sprint giusto agli uomini allenati da Vincenzo Guerini, che tornarono mestamente in Serie B a fine anno.

TORINO – Romeo Anconetani come detto voleva innalzare di spessore la Mitropa, e non la prese bene nel giugno del 1991 dopo la finale di quella che poi sarebbe stata la penultima edizione nella storia di questa incredibile coppa. Il Pisa in quegli anni era un ascensore tra la A e la B e in finale, dopo la brutta retrocessione in cadetteria, trovò un Torino al massimo dello splendore: la squadra di Mondonico aveva appena concluso un campionato esaltante e veniva dalle vittorie contro Vorwarts e Veszprem, mentre il Pisa aveva faticato col Bohemians Praga e poi stravinto 4-1 col Rad Belgrado. In final il 4 giugno 1991 si assisté a una delle più belle partite della storia di questa competizione. A passare in vantaggio fu il Pisa al 40′ con Polidori, abile a battere Di Fusco dopo un errore di Junior, proprio quel Leovegildo Junior che stava disputando in quel momento il suo addio al Torino a distanza di quattro anni dall’ultima apparizione in granata. Il Toro non si perse d’animo e dopo aver spinto nella ripresa trovò il pari all’85’ con un rigore di Vazquez per cui Anconetani griderà allo scandalo. Quando i rigori parevano dietro l’angolo, al 104′ Amarildo servì Carrillo che fulminò Simoni per il definitivo 2-1. Tanti saluti al Pisa e niente tripletta per i nerazzurri, a trionfare fu il Torino e quello fu l’ultimo successo europeo dei piemontesi.

MILAN – La storia più famosa di tutte però riguarda il Milan versione 1981-82, non tanto per la coppa vinta in sé per sé, quanto per quello che è diventata nel corso degli anni. Per l’ultimo turno di un girone all’italiana con Haladas, Osijek e Vitkovice Ostrava il Milan doveva affrontare proprio i cechi e aveva bisogno di una vittoria: in un San Siro semivuoto il 3-0 che maturò grazie ai rigori di Baresi e Jordan e alla rete del giovane Cambiaghi sembrava aver dato nuova linfa alla stagione dei rossoneri, che di lì a qualche giorno – forti del successo europeo – avrebbero affrontato il Cesena in un match decisivo per la salvezza. Quel 3-0 fu l’unico squillo in un’epoca veramente buia per il Diavolo, che retrocedette in B solamente poche ore più tardi. E’ anche grazie a questa vittoria che la Mitropa ha assunto nel corso degli anni una specie di significato dispregiativo: il Milan non l’ha mai nominata nel suo palmares eppure figura ancora in bella mostra tra i trofei continentali dell’ex club più titolato al mondo. Per il Milan la Mitropa Cup è ancora sinonimo di vergogna, di un passato che i dirigenti vogliono cancellare per non pensare più all’inferno della Serie B nei primi anni Ottanta. Eppure quella coppa fece impazzire i tifosi, che riconobbero un’anima operaia e lottatrice nei giocatori rossoneri un un’epoca in cui il Diavolo non era ancora patinato. In un derby di qualche anno i tifosi dell’Inter esposero uno striscione conosciutissimo, quasi a sancire che oltre ai successi in giro per il continente i cugini rossoneri dovevano ricordarsi della vergogna di molte stagioni prima. Quello striscione recitava: «Milan Campione d’Europa? Ma contate la Mitropa!».