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2014

Ostalgie canaglia

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Dieci storie sul calcio della Germania Est, a 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino

Il 9 novembre del 1989 in una conferenza stampa speciale indetta per sancire il declino del Muro di Berlino, il ministro della Propaganda della DDR Günter Schabowski disse in maniera piuttosto imbarazzata e improvvisata che i posti di blocco tra Germania Est e Germania Ovest sarebbero stati aperti in maniera immediata. Finì così, anche se poi l’unificazione vera e propria avvenne più tardi, la divisione tra Westdeutschland e Ostdeutschland. Sono passati ben venticinque anni da quel giorno, il più importante evento storico dal Secondo Dopoguerra ad oggi. Da allora però si parla spesso di Ostalgie, ovvero la nostalgia per la vita nella vecchia Repubblica Democratica Tedesca: celebriamo dunque i 25 anni della caduta del Berliner Mauer raccontandovi dieci storie riguardo la vecchia Germania orientale, dal Magdeburgo a Ulf Kirsten passando per la Dynamo Berlin.

Il favoloso Magdeburg
Il Milan che l’otto maggio del 1974 arriva a Rotterdam per giocarsi la finale di Coppa delle Coppe non sarà uno dei più forti della storia ma mette paura. Rivera, Benetti, Bigon, Schnellinger e il primo Trapattoni allenatore affrontano il Magdeburg, che però viene chiamato Magdeburgo perché fa più italiano. Hainz Kruegel da otto anni allena i biancoblu e può contare su giocatori di qualità quali Pommerenke, Zapf o Sparwasser. Solo due stagioni prima con l’organico più giovane della DDR-Oberliga aveva trionfato in campionato e l’anno successivo aveva raggiunto gli ottavi di Coppa Campioni. In quel caso venne eliminato dalla Juventus, il sogno della prima vittoria europea di una tedesca dell’est passa ancora da un’italiana. A Rotterdam il Magdeburg domina, spezza le redini del gioco rossonero e batte il barbuto Pizzaballa sul finire del primo tempo con un tiro di Sparwasser deviato malamente da Lanzi; nella ripresa col Milan proteso in avanti Seguin segna il raddoppio e addormenta il match. La Coppa delle Coppe va nelle mani del Magdeburgo, la premiazione avviene in uno stadio semivuoto e in un clima del tutto irreale. Di Sparwasser si sentirà parlare l’estate del 1974 per un gol piuttosto importante, mentre adesso il Magdeburg milita solamente in quarta serie.

Lontano dagli occhi
Una squadra che si chiama come un ottico è arrivata in finale di Coppa delle Coppe. Correva l’anno 1981 e il Carl Zeiss Jena, secondo in DDR-Oberliga solo alla maestosa Dynamo Berlin, distrusse una Roma superba e spavalda in casa per 4-0 in una delle rimonte più cocenti della storia del calcio italiano visto lo 0-3 dell’andata. Dopo i giallorossi lo Jena fece fuori Valencia, Newport e Benfica prima della finale più inedita della storia con la Dinamo Tbilisi, oggi Georgia ma all’epoca profonda URSS. Fino ad allora la città della Turingia era famosa solo per la fabbrica Carl Zeiss e per la battaglia del 1806, ma l’Europa tutta imparò a conoscere nomi come Kurbjuweit o Schnuphase. Nella Westdeutschland a Dusseldorf il 13 maggio 1981 il Carl Zeiss provò a ripetere le gesta del Magdeburg e passò in vantaggio al 63′ con Hoppe ma la gioia durò solo 5 minuti perché prima Gucaev e poi Daraselija dettero vita alla più grande incompiuta del calcio tedesco dell’est e sconfissero 2-1 i Blau-Gelb-Weiss. Da quel giorno il Carl Zeiss Jena non solo non ha più vinto niente, ma come molte squadre della ex Germania Est adesso naviga nei bassifondi del calcio tedesco. Comunque, aveva una maglia strepitosa.

Erich Mielke, die Stasi und das runde Leder
Erich Mielke fu uno degli uomini più potenti e più odiati dell’intera Ostdeutschland. Da solo teneva in scacco milioni di persone grazie al suo potere all’interno del Ministerium für Staatssicherheit, la cosiddetta Stasi di cui era a capo. Mielke era anche presidente della Dynamo Berlin che sotto la sua gestione vinse di tutto nella Germania dell’Est, con il record di 10 campionati di seguito tra il 1979 e il 1988; non era la squadra più amata dai calciofili, questo lo si può ben intendere, e godeva di una fama particolarmente non troppo buona: il legame con Mielke dava adito a sospetti su incontri truccati o corruzioni arbitrali come il famosissimo Vergognoso rigore di Lipsia nel 1986. Fu lui a voler dare il nome Dynamo alla squadra berlinese, sognando un giorno di poter far giocare fraternamente le squadre della DDR contro quelle dell’URSS, in un amichevole scontro fra seguaci della falce, del martello e del 4-4-2. La Dynamo Berlin era l’emanazione della Stasi, così come a sua volta lo era la Dynamo Dresden, prima squadra di Mielke formata da agenti del ministero che poi nel 1954 vennero trasportati in massa nella capitale dell’est. Mielke è morto nel 2000 da uomo libero.

Il rigore della vergogna
Tutto il mondo è paese e il calcio italiano non può fregiarsi di esclusive storiche quali il gol di Turone, di Muntari, l’episodio del rigore di Ronaldo, per citare solo alcuni di episodi che hanno in qualche modo segnato indissolubilmente ie questioni calcistiche degli ultimi decenni. Ma, anche in Germania Est, in quello che verrà ricordato come l’infuocato torneo di Oberliga del 1985-1986 ci sarà spazio e tempo di polemiche che segneranno un’epoca. Il campionato di quell’anno è molto combattuto, con una staffetta tra Dynamo Dresden e Dynamo Berlin a cavallo del girone di andata, con la formazione berlinese a chiudere il giro di boa con due punti di vantaggio dai rivali e proseguire nel girone di ritorno la propria marcia in vetta alla classifica, ma con nuovi rivali all’orizzonte, tra i quali là già citata Carl Zeiss Jena e Lokomotiv Leipzig, con la Dynamo Dresden in calo e fuori dalla lotta per il titolo. Un titolo che, tuttavia, la Dinamo Berlino riuscirà a condurre in porto, ma non senza polemiche. La gara del 22 marzo 1986, infatti, verrà ricordata come tra le più controverse del calcio tedesco: l’1-1 finale tra Lokomotiv Leipzig e Dynamo Berlin, infatti, verrà viziato da un calcio di rigore concesso a tempo già scaduto a favore della formazione berlinese tra le proteste generali. Un pomeriggio che verrà ricordato dalla stampa come Il rigore della vergogna di Lipsia.

Wir lieben Dich total
Rostock è il centro maggiore del Mecklenburg, ma non la capitale del Land. I suoi 200mila abitanti ne fanno sicuramente un centro importante del paese, bagnato dal fiume Warnow, e importante anche in funzione del porto, tra i più importanti della Germania per il trasporto merci e dei passeggeri. Tuttavia, più che disquisire dei cenni toponomastici della città, gli appassionati non potranno immediatamente non pensare alla FC Hansa, gloriosa squadra che adesso milita nella terza divisione del campionato tedesco ma che può annoverare un certo blasone ricco di storia e successi dall’anno della sua fondazione, nel 1965. Nato in origine come Empor Rostock (e, ancor prima, Lauter) ebbe un successo inaspettato riuscendo addirittura a vincere un titolo di Oberliga e una DFB Pokal, la coppa di lega tedesca, nei primi anni dopo l’unificazione, conquistando così un posto nella neonata Bundesliga, allargata a 20 squadre, per poi vivere tre stagioni in cadetteria fino al rientro in Bundesliga per 10 anni dal 1995-1996, continuando ad essere l’unica tra le squadre dell’ex Germania Est a poter sfidare i più ricchi club, fino alla dura realtà economica di inizio duemila, trovando la retrocessione dapprima in Zweite Bundesliga e poi nella terza serie nazionale. Ciò non toglie tuttavia come i suoi 3,8 milioni di sostenitori circa la rendano il quarto club più seguito in Germania per numero di tifosi, dopo mostri sacri come Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Schalke 04.

Rag Doll
Quando Thomas Doll arrivò alla Lazio nel 1991 nessuno si sarebbe mai aspettato di aver preso in squadra un ex informatore della Stasi, la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della Germania Est. Nato nel profondo nord della Ostdeutschland e cresciuto calcisticamente nell’Hansa Rostock, Doll è esploso nella Dynamo Berlin (Ost-Berlin, ovviamente) dove il tasso tecnico era palesemente maggiore del resto dei compagni. Poi, dopo la caduta del Muro ecco arrivare l’occasione nella Bundesliga unificata con l’Amburgo e poi l’approdo a Roma. Nel mezzo, nel gennaio 1992, Jörg Kretzschmar – centrocampista dell‘Hannover – lo accusa di essere stato un informatore della Stasi. Niente di nuovo, si sa che i legami tra sport e politica in certi regimi sono all’ordine del giorno, ma Doll è nel pieno della sua carriera e hanno iniziato a conoscerlo pure all’estero. Le accuse sono pesanti, Doll ritratta negando i legami con la Stasi ma la Neue Press e altre fonti d’informazioni teutoniche non ci stanno. La carriera del centrocampista è stata agevolata dall’amicizia con certi funzionari, tuonano i detrattori: Doll risponde per le rime ma non riesce a togliersi quel marchio di dosso che continuerà a accompagnarlo nella sua carriera. Il fatto che fosse il preferito di Mielke ha fatto storcere il naso a molti.

Last Sammer with you
Tra i tanti protagonisti che il campionato di Oberliga ha regalato in quegli anni anche tanti giovani alla ribalta che da lì a poco avrebbero non solo conquistato l’unificazione sportiva e territoriale, ma anche il mondo. Come, ad esempio, ammonisce l’esempio di Sammer. Ha giocato con la squadra della sua città, la Dinamo Dresda, dal 1987 al 1980. Poi, è diventato il secondo calciatore della Germania Est, dopo Ulf Kirsten, ad approdare ad un club della Germania Ovest dopo la riunificazione tedesca del 1990. Mathias Sammer aveva già in sé i crismi del predestinato: campione d’Europa con la Germania nel 1996, campione d’Europa con il proprio club, il Borussia Dortmund, squadra in cui approdò dopo la breve esperienza all’Inter con 11 presenze e 4 reti. E, last but not least, insignito del Pallone d’Oro edizione 1996, premio raramente riservato ad un giocatore in quel ruolo in campo, poi bissato solamente dieci anni dopo da Fabio Cannavaro dopo il Mondiale tedesco del 2006.

L’eroe dei due mondi
Cento presenze in due nazionali, cento pari pari. Ulf Kirsten ha giocato – tanto – e segnato – ugualmente tanto – sia per l’Est che per la Germania unita, sia per la Dynamo Dresden che per l’occidentalissimo Bayer Leverkusen. Nato a Riesa in Sassonia nel 1965 è stato uno degli ultimi baluardi della Ostdeutschland, nonché l’astro nascente della nazionale est non fosse stato per quel piccolo imprevisto della caduta del Muro di Berlino, dettagli. Kirsten non era per niente bello da vedere in campo, sgraziato come pochi ma anche letale nel modo giusto, perforava le difese avversarie con una facilità senza eguali e la metteva dentro in ogni modo: brutto ma efficace, al Bayer ha addirittura il record di gol nelle coppe europee, ben trentacinque. In carriera non ha vinto nulla, se non una DFB-Pokal nel 1993 e qualche titolo di capocannoniere, in compenso però ha perso tutto, dalla finale di Champions League al campionato. Record da non sottovalutare: ha segnato, tra Est e Germania unificata, con tutte le parti del proprio corpo.

L’ultima…
«Always remember 5th november» direbbe Guy Fawkes, ma potremmo dir lo stesso anche della gara che venne disputata l’otto novembre del 1989. A Berlino, infatti, si gioca la partita Dynamo – Stahl Eisenhüttenstadt, valida per la giornata numero 10 del campionato di Oberliga 1989/1990. Lo 0-0 a cui assisteranno i 2000 paganti allo Sportpark di Berlino non sarà certo ricordata come una tra le partite più emozionanti del panorama calcistico europeo dello scorso secolo, ma riveste in se una funzione ben più importante anche a livello sociale, considerato che la gara fischiata da Peter Weise verrà ricordata come l’ultima partita giocata con la Germania divisa prima del muro di Berlino. Il giorno dopo, infatti, sarà già storia da consegnare ai posteri e impersonificata nell’annuncio a mezzo stampa del ministro della Propaganda della DDR Günter Schabowski, annunciando l’apertura immediata della rimozione dei blocchi tra Germania Est e Germania Ovest.

…e la prima
Tra l’annuncio di Schabowski e l’unificazione della Germania passano ben undici mesi. 11 mesi ricchi di cambiamenti, non solamente a livello geopolitico, visto che il mondo intero aveva preso coscienza della fine di un’epoca che aveva segnato gran parte del dopo-guerra con l’inasprimento e la contrapposizione dei blocchi, in cui la Germania e in particolar modo Berino erano la risultante delle logiche di spartizione per contenere l’equilibrio degli stessi. Però, il 15 novembre 1989, dunque, appena sei giorni dopo la rimozione del Muro, c’è da giocare una gara per le qualificazioni a Italia ’90, visto che la Germania Est deve affrontare l’Austria in trasferta, seguiti da ben cinquemila tedeschi dell’est dopo il sì congiunto di Uefa e Fifa al regolare svolgimento della gara. Ma, non finì propriamente benissimo: tripletta di Polster e prima vittoria dell’Austria, tutti a casa.

Andrea Bartolone
Gianmarco Lotti