2014
Non solo popolo di Ct: ora ci siamo riscoperti meteorologi
Lezione dalla Costa Rica e solito copione: da elogi a processi e crocifissioni, ne sanno tutti più di Prandelli
ITALIA COSTA RICA PRANDELLI BRASILE 2014 – Perché non mette questo? Perché non entra quell’altro? Ma quello perché non lo ha convocato? E che ci fa Tizio in Brasile? Non era meglio Caio? Era il caldo. Ah no, l’umidità. Se ci avessero dato i time-out. Se avessimo segnato per primi. Ogni volta così: appena alziamo la testa le prendiamo. Ci vuole umiltà. Dobbiamo osare.
POPOLO DI CT – Tutto e il contrario di tutto. Sono soltanto alcune delle frasi che la maggior parte di voi avrà in primissima persona pronunciato o ascoltato da chi al suo fianco nella visione della partita. La partita dell’Italia, s’intende. La sciagurata sconfitta subita dalla sorprendente favola del Costa Rica (chapeau, liquidare così un girone dal palmares di sette mondiali è meraviglia per pochi), risultato che rimette tutto in gioco e ci consegna un finale thriller: Italia-Uruguay al cardiopalma. Prima però di crocifiggere il buon Prandelli (una competizione ufficiale da Ct, Euro 2012: finale) pensate alle frasi precedenti o alle vostre soluzioni. Quanti avranno detto: metti Cerci! Ed è andata com’è andata. Serve Insigne! Ed è andata com’è andata. Ma Cassano che lo ha portato a fare se non entra ora? Ed è andata com’è andata. Ma Immobile è il capocannoniere! Eppure con l’Inghilterra non ha strusciato palla, o meglio le poche giocate le ha sbagliate tutte. Ah, c’era Giuseppe Rossi. E’ vero, gli assenti hanno sempre ragione.
LA MISURA – Tutto questo per affermare: cercasi equilibrio. Non eravamo fenomeni prima perché a bocce ferme – lì dove si costruiscono analisi e pronostici che poi non dovrebbero essere stravolti alla prima partita – era chiaro come avessimo quattro squadre saldamente avanti in griglia di partenza, non siamo brocchi bolliti ora perché la nostra storia parla anche di clamorosi blackout. Anche quando poi si è trionfato o comunque raggiunto la finale. Questo Mondiale non lo vinceremo ma possiamo ancora viverlo da protagonista: alle spalle il passato, la sfida con l’Uruguay può esaltare le nostre caratteristiche mentali. Ossia quelle di dare tutto il meglio quando spalle al muro. Novanta minuti da dentro o fuori: basta anche il pari ma l’Italia sa di non poter perdere e solitamente, quando messa in condizioni estreme, non sbaglia.
TRA TECNICO ED UMIDITA’ – Abbiamo appreso come le condizioni climatiche brasiliane, quando è appena scattato il solstizio d’inverno, siano in questa fetta dell’anno aggravate più dall’umidità che dall’effettiva temperatura. E dunque, fosse solo per vicinanza geografica, giocoforza più affini e conosciute dalle popolazioni centro e sudamericane che dai Paesi di provenienza europea. Senza alcuna ambizione da meteorologo – ne ho visti già troppi in giro ultimamente – quel che è risaltato con forza è una diversità nella tenuta atletica: la Costa Rica ha pacificamente corso il doppio di noi senza dover tirare il fiato nella ripresa e la stessa fattispecie potrebbe verificarsi nel confronto con l’Uruguay. Tradotto: in campo saremo chiamati a mettere qualcosa in più. Che sia perfezione difensiva su due mostri del calibro di Suarez e Cavani, che sia predominio nel palleggio, che sia trovare un modo per buttarla dentro. Che sia anche arrangiarsi, materia in cui nel mondo non siamo secondi a nessuno. Forza Azzurri!