Serie A 2015/2016: il pagellone - Calcio News 24
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Serie A 2015/2016: il pagellone

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Le squadre promosse, rimandate e bocciate della massima serie

La Serie A TIM è conclusa e, statistiche alla mano, è stato un campionato ricco di numeri. La Roma è la squadra che ha segnato più di tutte (ben 83 gol, che però l’hanno portata solo al terzo posto in classifica), anche se è il Napoli la squadra ad aver tirato in porta più di tutte le altre. La squadra ad aver effettuato più parate di tutte? La Sampdoria, con ben centosessantuno parate (quasi tutte di Emiliano Viviano). Ad aver corso più di tutti, sono stati i giocatori del Bologna, con una media di oltre cento chilometri di media a partita condivisi tra tutti e gli undici giocatori in campo. Con ben 36 gol Gonzalo Higuain (Napoli) è stato il capo-cannoniere del torneo, mentre il compagno di squadra Marek Hamsik è stato in assoluto il giocatore che ha effettuato più assist vincenti quest’anno. Riccardo Montolivo (Milan) è stato il giocatore che ha recuperato più palloni di tutti mentre, nemmeno a dirlo, sempre Higuain il calciatore ad aver tirato in porta più di tutti. 

IL PAGELLONE DELLA SERIE A TIM – È dunque tempo di conoscere promossi, bocciati e rimandati di questa stagione: le squadre che hanno superato gli esami e quelle che invece dovranno rifarsi, per forza di cose, la prossima stagione. 

PROMOSSE

JUVENTUS, VOTO 9 – Una stagione pazzesca. Per come è cominciata e di conseguenza anche per come è finita. Conquistata la pole con il quarto scudetto consecutivo, la squadra di Massimiliano Allegri ha sbagliato ad inserire la marcia sulla griglia di partenza, facendosi così sorpassare al via anche da squadre che paragoneremmo alle Sauber o alle Force India. Quella che ha messo poi in atto è una rimonta degna del miglior Lewis Hamilton. Quando tocchi il fondo hai solo un attimo che ti separa dal fallimento totale, ma se lo sfrutti per guardarti dentro puoi scoprire quel briciolo di orgoglio a cui ti devi aggrappare per risalire. «È lo scudetto della forza della volontà». Come dar torto all’allenatore bianconero… La chitarra scordata è stata sapientemente sistemata da Allegri e i “senatori”: il tecnico è stato intelligente nel scegliere i momenti nei quali infondere serenità al gruppo e quelli nei quali spronarlo, mentre Gianluigi Buffon e Patrice Evra hanno saputo toccare le giuste corde per suonare una melodia che ha saputo giocare sui contrasti tra i “timbri”, ad esempio, di Paulo Dybala e Paul Pogba e quelli di Leonardo Bonucci e Andrea Barzagli.

IL TOP: GIANLUIGI BUFFON – E qui torna il vecchio adagio: conta di più un gol segnato o uno evitato? E quindi chi ha inciso di più tra il capitano della Juventus e Paulo Dybala? Entrambi, senza dubbio, ma dovendo scegliere uno tra loro due puntiamo ad occhi chiusi sul portiere bianconero. La Joya ha le carte in regola per ambire a quel Pallone d’Oro che Gianluigi Buffon avrebbe meritato dopo i Mondiali del 2006: tecnica e fantasia abbinate a caparbietà e sacrificio, ma quando in rosa ti ritrovi uno come Buffon la scelta diventa semplice. È nel record d’imbattibilità, da condividere con la difesa, che affonda le sue radici lo storico scudetto. La ritrovata solidità del pacchetto arretrato ha permesso alla Juventus di spuntarla anche in partite che non avrebbe meritato di portare a casa. E non serve un trattato filosofico per spiegarlo: abbiamo vinto un Mondiale con la miglior difesa. Buffon, però, non ci ha messo solo parate. In questa stagione, una delle migliori della sua carriera, ha messo a disposizione anche carisma ed esperienza.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: OTTOBRE 2015 – Prima di conquistare la gloria la Juventus ha intravisto il baratro: crisi di risultati e Allegri a rischio esonero. Il progetto sbandierato da Andrea Agnelli rischia di andare in frantumi: la Juventus regala alle avversarie due mesi. Dalla sconfitta contro l’Udinese all’esordio a quella contro la Roma, dai pareggi con Chievo e Frosinone alla batosta presa dal Napoli, poi il barcollante pareggio con l’Inter e la sconfitta contro il Sassuolo. Ecco, in quel momento la Juventus si guarda allo specchio e non si riconosce più. Ma quando cominciano i preparativi per il funerale della Vecchia Signora, ecco la svolta.

NAPOLI, VOTO 8,5 – Chi pensava ad un ridimensionamento per essere passati da Rafa Benitez, tecnico di caratura internazionale, al provinciale Maurizio Sarri è stato smentito in men che non si dica. L’ex allenatore dell’Empoli è arrivato portando la sua filosofia di calcio e inculcandola nella mente di giocatori di livello che per sua stessa ammissione non aveva mai allenato in carriera, e i risultati sono stati da applausi. Il Napoli è passato dall’amaro quinto posto dello scorso anno ad un secondo posto che vale oro in ottica Champions League, coltivando un sogno chiamato scudetto fino a poche settimane dal termine del campionato. Record su record battuti in stagione, azzurri campioni d’inverno dopo 26 anni, e più precisamente 9520 giorni dall’ultima volta. Una stagione quasi perfetta trascinata dai gol di Gonzalo Higuain, altro record-man della Serie A. Quasi, sì, perchè dal gol di Zaza subìto allo Stadium contro la Juventus qualcosa è cambiato: determinate certezze son venute meno e i partenopei hanno dovuto fare i conti con i risultati altalenanti ottenuti in trasferta. Rimane proprio questo l’unico rammarico: non aver lottato per il titolo fino alla 38^ giornata.

IL TOP: MAURIZIO SARRI E GONZALO HIGUAIN – Se c’è un fotogramma che può raccontare senza troppe parole quella che è stata la stagione del Napoli è l’abbraccio finale tra Maurizio Sarri e Gonzalo Higuain. Il tecnico napoletano di nascita ha saputo risollevare il morale del Pipita distrutto dopo i disastrosi errori dal dischetto con la maglia azzurra e con quella dell’Argentina alla Copa America. La cura Sarri ha funzionato: il numero 9 sudamericano si è convinto delle sue qualità caricandosi la squadra sulle spalle. Risultato? 36 reti in 35 presenze, Nordahl superato e record di gol assoluto in una stagione di Serie A.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – Banale e scontato dirlo, ma il 13 febbraio scorso è cambiata in negativo la stagione del Napoli. Tutto in pochissimi minuti: con lo 0-0 i partenopei avrebbero confermato la prima posizione e chissà come sarebbe andata a finire, ma all’88’ il fulmine a ciel sereno. Zaza prova il tiro della disperazione, la leggera deviazione beffa Reina e da lì inizia un nuovo campionato. Gli azzurri accuseranno il colpo soprattutto a livello psicologico, come dimostrano le successive gare lontane dal San Paolo. Vengono meno determinate certezze e poi lo sprint bianconero: sogno scudetto svanito sul più bello.

EMPOLI, VOTO 7,5 – Qual è la vera sorpresa in positivo della Serie A? Si dirà il Sassuolo, ma bisogna comunque ricordare che il Sassuolo ha una disponibilità economica enorme e giocatori affermati; forse il Chievo, ma anche qui si parla di una rosa esperta. Senza nulla togliere a neroverdi e gialloblu forse l’Empoli è davvero la squadra che ha sbalordito di più. Continuando nel solco di Sarri e della filosofia basata su giovani e filiera corta, l’Empoli ha smentito gli scettici grazie a un certosino lavoro tattico e morale di Marco Giampaolo, capace di costruire un gruppo prima di uomini e poi di calciatori. Calcio intelligente che per certi versi ha ricordato quello sarriano e per altri è parso anche più cinico e spietato, vedi le vittorie con Lazio e Verona in autunno. Il calo nella seconda parte di stagione è sembrato quasi inevitabile per una squadra che è riuscita a chiudere nella parte sinistra della classifica quando nove mesi prima in molti la vedevano in B assieme a Carpi e Frosinone. 

IL TOP: RICCARDO SAPONARA – Indicare un solo giocatore simbolo per questo Empoli è veramente complicato: Tonelli ha mostrato di esser cresciuto, Paredes e Zielinski sono state due note liete a centrocampo, Pucciarelli è sempre più una zanzara in avanti, Maccarone ha fatto vedere di essere stagionato e con un sapore ancora ottimo. Saponara però forse si porta a un livello leggermente più alto degli altri, anche perché a sprazzi ha dipinto calcio e il rimpianto è che, se fosse stato più continuo, magari adesso staremmo parlando di lui come possibile perno della Nazionale. Cinque gol sono forse pochi, ma va detto che quando l’Empoli ha iniziato a girare è per merito del cambio di gioco di Saponara, che si è messo più a disposizione dei compagni e ha finito la stagione con undici assist.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: IL SECONDO TEMPO COL CHIEVO – Sembrerà strano ma alla prima giornata di campionato c’era chi in tribuna al Castellani pensava di essere retrocesso. A inizio anno, alla prima gara di A, il calendario dava già dentro-fuori: Empoli avanti con Saponara, nella ripresa harakiri azzurro e tre a uno clivense. In molti tornano a casa sconsolati per il calo dell’Empoli nella ripresa e per una difesa che fa acqua. E invece Marco Giampaolo si dimostra una persona intelligente e, grazie al rientro dagli infortuni e a un lavoro metodico e puntuale, riesce a tirare su tutto. L’Empoli del secondo tempo col Chievo diventa un ricordo lontano, tanto che a fine campionato dietro il Chievo nono c’è proprio il team azzurro.

SASSUOLO, VOTO 7,5 – Il Sassuolo è la sorpresa del 2015/2016. Per molti. Per altri è una piacevole conferma. I neroverdi, da tre anni in Serie A, hanno migliorato in ogni stagione il loro piazzamento passando dal 17esimo posto della prima stagione, al 12esimo dello scorso anno, al sesto di quest’anno. Squinzi aveva chiesto 10 punti in più ad inizio anno, ne sono arrivati 12. Il progetto del Sassuolo è risultato ancora una volta vincente: solo tre stranieri in rosa, per altro molto promettenti (Vrsaljko, Duncan e Defrel), e fari puntati sui giovani italiani. Il made in Italy paga, la tranquillità della piazza aiuta. Il Sassuolo ha chiuso al sesto posto e potrebbe andare in Europa League ma con o senza Europa i neroverdi possono guardare sicuramente alla stagione appena conclusa con orgoglio per aver compiuto ancora una volta un autentico miracolo sportivo.

IL TOP: EUSEBIO DI FRANCESCO – Di Francesco è sicuramente l’artefice principale dei grandi risultati ottenuti dal Sassuolo negli ultimi anni. Il tecnico ha guidato i neroverdi alla storica promozione in serie A ed ha da poco rinnovato fino al 2019. L’esonero del primo anno di A per cinque giornate che ha rischiato di compromettere il suo lavoro sembra ormai dimenticato. Gioco palla a terra, si inizia sempre dal portiere, 4-3-3 con le sovrapposizioni dei terzini e con l’accentramento degli esterni offensivi, pressing alto e continuo e un’organizzazione di gioco invidiabile. La società e il tecnico lavorano in simbiosi per programmare un futuro roseo e a tinte neroverdi.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: GLI STENTI FINALI – Pochi i momenti bui nella stagione del Sassuolo. I neroverdi nel finale hanno rischiato di compromettere l’ottimo cammino con alcuni pareggi (Udinese e Samp) e con alcune sconfitte (quella di Firenze con la Fiorentina o quella in casa con il Genoa) ma hanno chiuso la stagione in crescendo con quattro vittorie consecutive che li ha portati a chiudere il campionato con quattro punti di vantaggio sul Milan.

CHIEVO, VOTO 7 – Chiamarla favola fa tanto primi anni Duemila, il Chievo negli anni a venire è diventata una solida realtà per dirla con toni immobiliari. Un progetto solido, rinnovato di anno in anno con sagacia e intelligenza, andando a puntellare una rosa a servizio del progetto tecnico – tattico dell’allenatore, nella fattispecie Rolando Maran, già fondamentale nella scorsa salvezza della formazione clivense. La conquista del nono posto in classifica, a soli sette punti di distanza dal Milan settimo e con ben altro budget, sembra certificare al meglio la bontà delle idee e del progetto dei dirigenti del Chievo Verona. Senza dimenticare che, a stagione in corso, è stato ceduto allo Swansea l’elemento di spicco della rosa, Alberto Paloschi, autore di innumerevoli gol con la maglia del Chievo. Nono posto in classifica, salvezza centrata con settimane e settimane di anticipo: siamo tutti curiosi di vedere in che direzione andrà il progetto-Ceo. 

IL TOP: ALBANO BIZZARRI – Non lasciatevi sopraffare dalla carta d’identità o dai nomi poco altisonanti. El Pichon, 38 primavere alle spalle, è l’emblema del professionista targato Chievo. Leader in campo e fuori, professionista serio e lavoratore instancabile, Bizzarri è stato fondamentale nella stagione del Chievo Verona. Ottavo nella classifica per i Clean Sheet: nelle 35 presenze a disposizione (solo in tre occasioni è stato schierato il più giovane e futuribile Seculin) Albano Bizzarri ha chiuso lo specchio della porta in ben 11 occasioni, con una percentuale del 36,7%. Non male per chi a novembre compirà 39 anni. 

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: LE SCONFITTE DI FILA – Nella stagione del Chievo ricca più di alti che di bassi ci sono due momenti stagionali che occorre ricordare particolarmente. E, in entrambe le occasioni, la bussola del Ceo è andata smarrita, subendo tre sconfitte consecutive: è accaduto a cavallo tra ottobre e novembre (ko contro Genoa, Napoli e Milan) e tra gennaio e febbraio (Lazio, Juventus e Inter). Poco importa, tuttavia, ai fini statistici avere una serie negativa per una squadra che lotta per salvarsi e centrare un piazzamento di metà classifica: e – in tal senso – le 13 vittorie stagionali parlano chiaro. Sarebbero bastate soltanto quelle per conquistare l’aritmetica permanenza in Serie A.

ATALANTA, VOTO 6,5 – Dopo la salvezza ottenuta in extremis durante la passata annata, l’Atalanta era chiamata ad una svolta in questa stagione. L’obiettivo minimo era evitare di arrivare all’ultimissima giornata con la paura di dover fare i conti con la zona retrocessione, e così è stato. Inizio sprint della compagine di Edy Reja che, confermato dalla dirigenza dopo essere subentrato a Colantuono il 4 marzo 2015 per sollevare le sorti dei nerazzurri, si è dimostrato ancora una volta un vecchio volpone della massima serie. I momenti difficili non sono mancati, i mesi invernali sono stati disastrosi per la Dea così come il calciomercato che ha tolto alla rosa pilastri fondamentali come Denis, Grassi e Maxi Moralex, ma il tecnico goriziano ha saputo tenere tutti uniti raggiungendo l’obiettivo prefissato. Allo scoccare del triplice fischio della 38^ giornata sono stati 45 i punti portati a casa dai bergamaschi, otto in più rispetto alla scorsa stagione e tredicesimo posto in classifica contro il quartultimo di un anno fa. E proprio contro il Genoa, ultima di campionato, Reja ha festeggiato le sue mille panchine: vittoria per festeggiare e, forse, per salutare l’Atalanta. 

IL TOP: ALEJANDRO GOMEZ – Tanti i cambi nel calciomercato di gennaio, ma lui, tornato in Italia lo scorso anno, è rimasto saldissimo nella sua posizione. Alejandro Gomez si è ripreso la Serie A mostrando tutto il repertorio alla quale ci aveva già abituato ai tempi di Catania, prima di partire per l’Ucraina direzione Metalist. Stagione da applausi per il Papu Gomez che dopo le cessioni di Maxi Moralez e Denis è stato l’unico vero punto di riferimento dei nerazzurri in avanti. Per lui 36 presenze stagionali tra campionato e Coppa Italia, 7 reti e 9 assist, due dei quali nell’ultima sfida di campionato contro il Genoa.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: LE 14 PARTITE SENZA VITTORIA – Seppur la stagione è stata nel complesso positiva, l’Atalanta ha avuto una preoccupante flessione da dicembre a marzo, causata anche dai decisivi movimento di mercato e una rosa da ricompattare. Solo 6 punti in tre mesi esatti, frutto di sei pareggi e ben otto sconfitte. A scacciare via i fantasmi di un possibile crollo verso la zona retrocessione la vittoria contro il Bologna: ma in poco tempo si è rischiato di gettare all’aria quanto di buono fatto nel girone d’andata.

FIORENTINA, VOTO 6,5 – Stagione della due facce quella viola, due facce diametralmente opposte. Dopo l’ennesimo quarto posto della gestione Montella e con tanti casi spinosi alle spalle, compreso quello relativo all’addio del tecnico, la società gigliata ha deciso la scorsa estate di puntare sul nome a sorpresa: quello di Paulo Sousa. Una scelta che, nonostante lo scetticismo generale, ha richiesto solo poco tempo per convincere tutti e non solo a Firenze: l’Italia intera ha imparato ad apprezzare un tecnico capace di prendere in mano il collaudato gioco viola e di esaltarlo, senza stravolgerlo. E, proprio quando la lotta per la Champions appariva alla portata, qualcosa si è rotto: un mercato invernale deludente, una rosa corta rispetto alle dirette concorrenti e i consueti malumori tra piazza, tecnico e società hanno contributo ad un declino ben rappresentato dal deludente girone di ritorno con appena sei vittorie ottenute rispetto alle dodici della prima parte.

IL TOP: FEDERICO BERNARDESCHI – Se il rendimento di Nikola Kalinic fosse rimasto lo stesso del girone d’andata sarebbe il croato a meritare il premio di miglior viola della stagione. Il calo del numero nove gigliato, però, è stato evidente e a questo punto, al di là di un punto fermo come Borja Valero tornato sui suoi livelli, si sottolinea l’annata vissuta da Bernardeschi. Il talento di Carrara, reinventato come esterno da Sousa, ha saputo unire doti tecniche ed abnegazione finendo per diventare un uomo di fiducia del portoghese e per entrare nelle grazie di Conte, sognando Euro 2016.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: FIORENTINA – LAZIO 1-3 – La sconfitta per 1 a 3 rimediata la Franchi contro la Lazio, nell’ultima giornata del girone di andata, poteva superficialmente apparire come un banale passo falso estemporaneo ma, alla lunga, ha rappresentato qualcosa di più profondo. Altro momento da sottolineare è quello rappresentato dai pareggi con Hellas, Frosinone e Sampdoria e dalla sconfitta di Empoli: tre punti in quattro partite che, sulla carta, potevano ridare speranze Champions e che, invece, hanno spento ogni velleità.

BOLOGNA, VOTO 6 – Della serie “Avremmo voluto far di più”. La salvezza era considerato l’obiettivo principale da Saputo dopo la promozione della Serie A ed era un tassello inscindibile per dare continuità al progetto Bologna made-in-Montreal. Tuttavia, la presenza di giovani talenti appetibili da mezza Serie A e non solo (Donsah e Diawara su tutti, senza dimenticare Adam Masina), uomini gol come Mattia Destro e la verve di calciatori eclettici come Brienza, Giaccherini e Mounier, condito da un ottimo reparto difensivo, poteva far sperare in qualcosa di più della salvezza. In fin dei conti, considerando lo scioccante inizio di stagione della formazione rossoblù, aver centrato la salvezza con diverse giornate di anticipo è sicuramente un elemento positivo che lascia ben sperare nel futuro dei rossoblù. Tra poche settimane verrà fatta chiarezza sulla questione ds: e poi, finalmente, sarà mercato! 

IL TOP: EMANUELE GIACCHERINI – Ai piedi di Emanuele Giaccherini. Bologna è stata la piazza ideale per una carriera da rilanciare, nella fattispecie, quella di Giak. L’ex campione d’Italia ai tempi della Juventus ha fatto ritorno in Serie A tramite il Bologna, chiudendo la parentesi Premier League col Sunderland, al punto che il calciatore vorrebbe adesso rimanere anche il prossimo anno con la formazione di Roberto Donadoni. Ha ritrovato la maglia della Nazionale con Conte e ha ritrovato anche il vizietto del gol che aveva fatto vedere con Cesena e Juventus: per la gioia di tutti i fantacalcisti, i suoi 7 gol stagionali sono stati manna dal cielo, anche per la salvezza del Bologna, priva del suo bomber di riferimento, Mattia Destro, per parecchie settimane. 

MOMENTO DA DIMENTICARE: LA PARTENZA – Non ce ne voglia Delio Rossi, ma i due mesi iniziali del Bologna sono stati degni da Paura e Delirio a Las Vegas. Il 28 ottobre la svolta: via Delio Rossi, dentro Roberto Donadoni. In quel week-end si era appena giocata la decima giornata del campionato di Serie A: in quel momento il Bologna era terzultimo in classifica con soli sei punti conquistati, ottenuti grazie ai successi contro Carpi e Frosinone. Vi erano anche altri numeri ad avvalorare la tesi: peggior attacco di Serie A, con 6 gol realizzati, e seconda peggior difesa, con 15 reti subite. Il resto è storia.

CARPI, VOTO 6 – Salvezza solo sfiorata ma Castori e i suoi immortali resteranno comunque nella storia del Carpi. Il tecnico marchigiano, alla sua prima esperienza in serie A, a 61 anni, ha dimostrato, nonostante un gioco poco spettacolare e molto rinunciatario, basato sulle ripartenze (va di moda il “Cholismo”, potrebbe andare anche il ‘castorismo’), di meritare la categoria, insieme al suo Carpi. I carpigiani avevano il destino nelle loro mani fino a due giornate dal termine grazie all’ottimo girone di ritorno disputato che ha portato la formazione biancorossa a conquistare ben 28 punti, una media quasi da Europa, ma hanno gettato tutto al vento con la sconfitta alla penultima giornata contro la Lazio. In serie A anche una partita può fare la differenza e purtroppo per il Carpi quella con la Lazio l’ha fatta in maniera negativa. Restano comunque gli ottimi risultati da gennaio in poi dopo la rivoluzione sul mercato che ha riportato a Carpi gli artefici della promozione in A.

IL TOP: KEVIN LASAGNA – La riserva di lusso della serie A, il capocannoniere del Carpi: Kevin Lasagna. L’attaccante giocava nei dilettanti appena tre anni fa e in poco tempo ha dimostrato di avere le qualità per giocare in serie A. Lasagna ha realizzato 5 gol al suo primo anno in A, tutti entrando dalla panchina. Castori lo ha schierato praticamente sempre a gara iniziata: solo otto volte è partito dal primo minuto, 28 volte è subentrato, due volte, contro Palermo e Fiorentina all’andata, è rimasto in panchina senza entrare in campo. Lasagna è il simbolo di questo Carpi e sicuramente non avrà difficoltà a trovare squadra nella prossima stagione.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: LA DEBACLE CON LA LAZIO – La sconfitta con la Lazio alla penultima giornata di cui sopra è sicuramente il momento chiave, in negativo, della stagione del Carpi. I biancorossi giocavano contro la formazione di Inzaghi, una squadra che ormai non aveva nulla da chiedere alla stagione e hanno sprecato due calci di rigore con Mbakogu: il primo con le due squadre sullo 0a 0 (al 12′), poi quando la Lazio era in vantaggio 2-0 (al 41′). Un episodio negativo che ha cambiato la stagione del Carpi perché con una vittoria la formazione di Castori avrebbe mantenuto la quartultima piazza e vincendo a Udine, cosa poi accaduta, avrebbe potuto salvarsi.

INTER, VOTO 6 – La media tra l’8 del girone d’andata ed il 4 di quello di ritorno. In estate la squadra non convinceva per via dei troppi innesti e per un’idea di gioco che mancava. L’alchimia e la forma di qualche interprete, in particolare dei nuovi arrivati Jeison Murillo e Stevan Jovetic, hanno cancellato i giudizi negativi con una prima parte di stagione da capolista, ma da gennaio a marzo ecco il declino esponenziale: tutti colpevoli, dal tecnico alla squadra. A campionato concluso, il 4° posto rappresenta i veri valori della squadra, inferiore a Juventus, Napoli e Roma. Anche se quella partenza sprint poteva portare un risultato diverso…

IL TOP: JOAO MIRANDA – Joao Miranda è stato uno dei colpi estivi dell’Inter, che è riuscita a strapparlo all’Atletico Madrid per 15 milioni di euro. Un centrale di difesa d’esperienza, di caratura internazionale e di personalità: da anni non si vedeva un difensore di questo livello, che è riuscito a fare crescere un inesperto Murillo nel miglior modo. Un leggero calo nel girone di ritorno, dovuto allo scarso rendimento generale, ma la sua leadership è stata fondamentale in alcuni momenti della stagione.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – Senza ombra di dubbio la gara casalinga del 20 dicembre 2015 contro la Lazio di Stefano Pioli, reduce da un periodo tutt’altro che positivo. Una sconfitta per 1 a 2 che ha rotto qualcosa nello spogliatoio (lite tra i grandi esclusi Jovetic – Ljajic e Mancini) e che ha tolto alcune sicurezze ad una squadra fino a quel momento quasi perfetta. Una squadra deconcentrata, che commette sciocchezze (espulsione di Felipe Melo) e che si rovina con le sue mani, subendo la rete dell’1a 2 nei minuti finali per un’ingenuità difensiva (rigore trasformato da Candreva per un inutile fallo di Melo su Milinkovic-Savic).

ROMA, VOTO 6 – Pirlo, Vidal e Tevez: una cantilena. Vengono meno loro, viene meno la Juventus, chi ne approfitta se non la reduce da due secondi posti consecutivi? Con tanto di 155 punti, si ricordi. Poi lo scenario si è concretizzato secondo sentieri ben diversi, ma nessuno faccia l’apostolo o il predicatore del “te l’avevo detto”: la Juventus ha fatto la Juventus, la Roma – a prescindere dal ritorno dei bianconeri – non ha aderito alle aspettative. E da favorita di turno ha finito terza. Il voto è la media aritmetica tra il 4 della metà di Garcia e l’8 pieno che spetta all’avvento di Spalletti. Luciano molto… Lucky, bravo e fortunato, uomo giusto al momento giusto.

IL TOP: MIRALEM PJANIC – Ben 10 reti e 12 assist: eppure non è continuo, dicono. Pensare se lo fosse. Pjanic è il genio che eleva: ha visione, ha intuizione, che alle volte è ancor più cruciale, ha soluzioni. Sì, perché anche al Barcellona non sempre tutto gira per il verso giusto: quando non accade occorre il colpo del singolo ed il buon Miralem – nel primo anno da tiratore prescelto – ha fatto vedere di che pasta è fatto sui piazzati. Fino ad un anno fa era in tal senso subordinato a capitan Totti. Che merita un cenno: ha trainato con orgoglio la Roma nel finale, spaventando un Napoli legittimamente superiore.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – Quando arriva all’Olimpico lo Spezia e ti butta fuori dalla Coppa Italia, trovare un episodio così denso di significato è un esercizio di fantasia che lasciamo volentieri agli altri. Era il momento di cambiare rotta, con l’eliminazione figlia dell’andamento del campionato, con Garcia fondamentalmente delegittimato dai suoi uomini.

RIMANDATE

FROSINONE, VOTO 5.5 – Ultimo monte ingaggi della Serie A 2015-16, onestamente difficile prevedere altro che non fosse l’immediato ritorno in serie cadetta: la società non ha dato quella sensazione di voler spaccare il mondo, o quantomeno provare a prenderselo. Conferma in blocco dei leoni che avevano firmato la storica promozione, poche (nessuna?) aggiunte di livello: la scelta non ha pagato, anche per un pizzico di sorte avversa in alcuni momenti chiave, in cui il Frosinone aveva inscenato un calcio coraggioso e puntualmente non premiato dai risultati. Ma quando incassi 76 gol, esattamente due a gara, e dunque parti in media da uno 0-2 ogni altro ragionamento lascia il tempo che trova.

IL TOP: DANIEL CIOFANI – Oh, giratela come la volete, ma in Serie A ha dimostrato di poterci stare: alle spalle una squadra che certamente non ha creato occasioni in ripetizione, ha saputo ritagliarsi il suo spazio realizzativo – 9 i timbri nel suo tardivo battesimo nel calcio dei grandi – e prestazionale. Le sue caratteristiche fisiche avevano offerto il fianco a qualche dubbio, ma ha risposto con i fatti: fossimo un club in lotta per salvarsi, beh, un pensierino…

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – Frosinone-Inter, Matusa, ne mancano sette al gong finale: i ciociari, vincendo, spaventerebbero la concorrenza tirandosi fuori dalle sabbie mobili di una classifica giocoforza precaria. Gli uomini di Stellone macinano calcio per l’intero arco della gara, centrano tre legni salvo poi essere castigati dalla sentenza di Icardi. Una pena capitale, considerando le lacrime versate dai calciatori e dal popolo gialloblu al novantesimo. Sconfitta dal sapore di sogno infranto.

GENOA, VOTO 5,5 – Enrico Preziosi continua a giocare con il fuoco. È davvero un mistero il motivo che spinge ogni anno il patron del Grifone a rompere il giocattolo rossoblù. Come un bambino viziato che si stanca dell’ultimo modello regalatogli dai genitori, Preziosi scompone il puzzle faticosamente completato da Gian Piero Gasperini, che forse riuscirà a tirarsi fuori quest’estate dal circolo vizioso in cui lo ha tirato il presidente. Le aspettative vengono ridimensionate a campionato in corso, quando si realizza che dalla ricerca del salto di qualità si deve passare alla lotta per uscire dalle sabbie mobili della bassa classifica. Dal profumo d’Europa alla puzza della zona retrocessione. Il tecnico, però, nonostante gli infortuni che caratterizzato questa stagione, è riuscito a tenere saldo il timone e a tirare la squadra fuori dalla tempesta, regalandosi un finale più tranquillo.

IL TOP: LEONARDO PAVOLETTI – Nel momento nel quale il calcio italiano sforna meno bomber, ecco il Gonzalo Higuain italiano. E’ l’attaccante italiano che ha segnato più di ogni altro quest’anno in Serie A. Nonostante gli infortuni, le squalifiche e le voci di mercato, Pavoletti è riuscito a sfruttare questa stagione per esplodere. Con la media di un gol ogni centotrentasei minuti, il centravanti si è inserito nella corsa per un posto agli Europei. È il cosiddetto “uomo ovunque”: fa a sportellate con gli avversari, ripiega indietro per dare una mano ai compagni in fase difensiva senza perdere la lucidità in quella offensiva. Quando si tratta poi di attaccare gli spazi è impressionante. La salvezza passa soprattutto dai suoi piedi. Sottovalutato, sì: meriterebbe una big.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – Quando arriva ad un passo dalla retrocessione. La luce della lanterna si fa flebile, quasi si spegne. Per lasciare i bassifondi servono cuore e voglia di combattere, determinazione e spirito di sacrificio. Ingredienti che il Genoa sembra aver smarrito sotto i colpi dell’ennesima rivoluzione di Preziosi. Gasperini fatica a trovare equilibrio, deve fare i conti con troppi problemi: infortuni (come quello di Pavoletti), interpreti non funzionali alle sue idee e un ambiente troppo complicato. Emergono le frizioni con i tifosi, poi uno scatto d’orgoglio, un colpo di coda.

LAZIO, VOTO 5,5 – Dimenticate le premesse di inizio stagione, che vedevano i biancocelesti almeno tra le pretendenti per un posto in Europa League. Dimenticate pure la scorsa stagione quando, a dispetto di ogni ragionevole pronostico, la squadra di Stefano Pioli era riuscita a sopravanzare la Roma conquistando l’accesso ai preliminari di Europa League (poi miseramente persi). La Lazio di questa stagione non è stata né carne, né pesce: inconcludente in attacco, svogliata a centrocampo, troppo facilmente penetrabile in difesa. I biancocelesti avrebbero potuto aggiustare il giocattolo almeno sul mercato di gennaio, quando le possibilità di poter puntare ai primi sei posti in classifica erano quantomeno intravisibili, non l’hanno fatto per supponenza e quel briciolo di tirchieria che è un po’ la costante della gestione lotitiana degli ultimi anni. L’esonero di Pioli, tardivo ed alquanto inutile, a favore del giovane Simone Inzaghi, doveva essere il palliativo alla rabbia dei tifosi, che invece hanno finito per prenderlo nuovamente in saccoccia. Annata anomina ed inconsistente, ovvero un’annata da Lazio travestita da Chievo. 

IL TOP: MIROSLAV KLOSE – Almeno lui c’ha messo la serietà e l’impegno di un campione del mondo, nonostante gli acciacchi e nonostante l’età. Non è affatto un caso che i tifosi gliene abbiano reso atto nell’ultimo passo della stagione, contro la Fiorentina, quando a tributargli il dovuto omaggio è stato tutto lo Stadio Olimpico in piedi per applaudire. Klose il suo l’ha fatto anche stando zitto nei momenti difficili, rivestendo gli isterismi capitolini di sobrietà teutonica. Alla Lazio mancherà il suo spessore internazionale, il suo carisma, la sua capacità di essere decisivo senza sembrarlo. Dall’anno prossimo, senza di lui, sarà tutta un’altra storia per i biancocelesti: “Klose-d” per lutto. 

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: LE 4 PAPPINE NEL DERBY – Va bene che la Roma quest’anno era nettamente superiore, specie con il ritorno in panca di Luciano Spalletti. Va bene pure che quando tutto gira male, non ci puoi fare poi molto, ma prendere quattro schiaffi dai giallorossi in un derby non può essere mai cosa normale. Il 3 aprile 2016 la stagione laziale è svoltata da male in peggio: poteva essere una stagione di passaggio, è diventata semplicemente mediocre per tutti i giocatori. Così no.

TORINO, VOTO 5 – Dodicesimo posto in classifica per il Torino di Giampiero Ventura, risultato insoddisfacente date le premesse di inizio stagione. Rosa ringiovanita, investimenti importanti ed un’idea di gioco ormai consolidata (forse troppo, vista la ripetitività…): dopo un ottimo avvio, il rendimento è calato e Glik e compagni hanno vissuto un’annata di alti e bassi senza trovare continuità. 

IL TOP: BRUNO PERES – Nella stagione 2014/2015 aveva estasiato per le sue qualità ed anche quest’anno Bruno Peres ha evidenziato tutte le sue potenzialità: rapidità, buona tecnica ed un miglioramento importante in fase difensiva. Tre reti in 31 partite per l’ex Santos, accostato nelle ultime settimane a diversi top club europei, sebbene nelle ultime partite sia calato il suo rendimento, anche per il suo utilizzo da esterno sinistro (Ventura, ma che ci azzecca?).

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – Bella lotta tra il derby di andata e quello di ritorno contro la Juventus. Nella sfida di andata del 31 ottobre 2015 la formazione di Ventura ha disputato un’ottima gara ma, a causa di una ingenuità colossale in fase difensiva, ha subito il gol del decisivo 2-1 di Cuadrado a pochi secondi dal triplice fischio. Nella gara di ritorno, tra le mura amiche dell’Olimpico Grande Torino, passivo troppo pesante: 1-4 per la formazione di Allegri che, nonostante alcuni episodi arbitrali a favore, ha stradominato.

BOCCIATE

MILAN, VOTO 4 – Un disastro su tutta la linea, la peggior squadra dell’ultima Serie A per distacco. Vanno però separati due campi, quello societario e quello sportivo. Dal punto di vista sportivo il Milan ha dimostrato ancora una volta di essere pieno di giocatori sopravvalutati sia tecnicamente che caratterialmente, presunti campioni senza grinta che non mostrano mai le loro millantate doti: Montolivo, Balotelli, Bertolacci, De Sciglio, Honda e altri ancora, da loro doveva passare la rinascita e sono stati i più deludenti. A livello societario si è assistito all’ennesimo teatrino (Mr. Bee su tutti) che da qualche anno contraddistingue l’ex club più titolato al mondo, è ora di cambiare e anche in maniera pesante. Il settimo posto sembra anche un premio per quanto è stato brutto il Milan, che non ha azzeccato nemmeno una scelta e non ha alibi, se non fosse per qualche partita particolarmente sfortunata sotto la gestione di Mihajlovic. Doveva lottare per la Champions League, è già tanto se è finito nella parti sinistra della classifica. un dato su tutti: è riuscito a prendersi sette punti su diciotto disponibili contro le neopromosse. Adesso non rimane che sperare nella Coppa Italia, ora che per grazia di dio l’imperdibile tournée americana di luglio è salva.

IL TOP: GIANLUIGI DONNARUMMA – Nell’annata più buia del Diavolo è venuto duri uno dei migliori prodotti del vivaio del Milan da quasi quindici anni. Gianluigi Donnarumma è nato nell’anno del Centenario del Milan e forse è un segno del destino. Milanista dalla nascita si è affermato come miglior minorenne d’Europa con molte parate decisive e qualche sparuto errore che, fondamentalmente, ci può stare per un diciassettenne all’esordio. Incarna il milanismo puro che vorrebbero i tifosi, tanto che la sua esultanza sotto la Nord al rigore sbagliato da Icardi è quasi una cartolina. Da segnalare una costante crescita nel corso dell’anno, è partito quasi impaurito e ha finito da grande. Lui è il vero erede di Buffon.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: L’ESONERO DI MIHAJLOVIC (E NON SOLO) – Sinisa Mihajlovic molto probabilmente non era l’allenatore adatto per questo Milan: troppo poco servile, scontroso, ex interista e una marea di altri attributi lo hanno messo in cattiva luce agli occhi di una dirigenza mai all’altezza della situazione. Mihajlovic però è stato l’unico a dare un barlume di gioco al Milan e il suo esonero dopo la sconfitta con la Juventus ha peggiorato le cose. Brocchi ha dimostrato di essere inadeguato e ha graffiato solo a campionato finito. Miha ha pagato fattori extracalcistici e il suo esonero ha tolto ogni speranza di Europa League al Milan, che non ha sfruttato un calendario più che agevole e ha tenuto nelle ultime giornate una media da retrocessione.

PALERMO, VOTO 4,5 – Tramutiamo il giudizio in voto e non il voto in giudizio, così come molto spesso si è visto fare a scuola. Una squadra che cambia allenatore per undici volte (non sempre ufficialmente, ma questo inficia poco) nel corso di una sola stagione è semplicemente una squadra senza idee, senza pazienza, talvolta senza la dignità di saper resistere a sé stessa. Maurizio Zamparini è stato l’artefice di uno dei più grandi equivoci del calcio moderno, perché far passare una società per la sala d’attesa di uno studio dentistico, voi come altro lo definireste? Alla fine il Palermo si è salvato, è vero, per il rotto della cuffia, grazie alla caparbietà di un gruppo di giocatori che non voleva perdere la faccia insieme al suo presidente. Lungo il cammino irto di ostacoli, Zamparini si è assicurato di seppellire anche piccoli ordigni esplosivi: le critiche, le interviste non richieste, le accuse alle dirette concorrenti ed i comunicati ufficiali di precisazione. Davide Ballardini ha reso umana una situazione bestiale quando il Palermo poteva salvare solo la classifica, non più l’anima. 

IL TOP: STEFANO SORRENTINO – Capitano fino in fondo, lui la faccia ce l’ha messa sempre, anche nei momenti in cui sarebbe magari stato preferibile il contrario. Il portiere rosanero ha palesato un concetto di per sé già chiaro da tempo, ma ancora avvolto negli aloni dell’ipocrisia pallonara: nel calcio moderno comandano gli spogliatoi fatti di leader, non i singoli e nemmeno troppo gli allenatori. Quando Zamparini era talmente fuori di sé dal non rendersi conto del ridicolo in cui piombava, ci piace pensare che soltanto davanti alla fierezza del suo capitano abbia ceduto il passo per un attimo. Senza Sorrentino il pubblico di Palermo avrebbe perso tanto ed oggi racconteremmo un’altra trama. 

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: LE DIMISSIONI DI IACHINI – Il punto più basso della stagione quando, dopo aver richiamato Beppe Iachini come il salvatore della patria, Zamparini aveva pensato bene di criticarlo nuovamente, suscitando nel tecnico di Ascoli una reazione più ovvia della cirrosi epatica dopo vent’anni di bevute mattino e sera: le dimissioni. Follia pura richiamare un allenatore mettendo bene in chiaro la disponibilità a tendere la mano. Figura di melma colossale costringerlo all’addio dopo avere usato la medesima mano per tirargli l’ennesimo previsto schiaffo morale.

SAMPDORIA, VOTO 4 – Persino alto, probabilmente. La Samp chiudeva lo scorso campionato al settimo posto e – complici le questioni amministrative dei cugini genoani – centrava l’accesso all’Europa League. L’era Ferrero sembra sbocciata, ma la rischiosa scelta Zenga compromette sin dalle primissime battute una stagione addirittura peggiorata da un Montella rivelatosi impotente. Nei suoi simpatici deliri l’attuale presidente blucerchiato farneticava sullo scudetto: l’annata appena decorsa è la doccia fredda ideale. C’è spazio per ripartire con progettazione e maggiore consapevolezza.

IL TOP: ROBERTO SORIANO – Eder non vale: 12 reti in 19 gare disputate con la maglia della Sampdoria lo eleverebbero a migliore del team, ma il trasferimento all’Inter impone di premiare chi è invece restato. Ossia Roberto Soriano: che, da mezzala o trequartista, di reti ne ha firmate otto, confermando un innato istinto nella scelta dei tempi d’inserimento. L’immagine chiave è quella del derby d’andata: Cassano da falso nueve ad aprire gli spazi, lui a buttarsi dentro con rapidità e freddezza. Classe ’91, può tentare il salto in una big.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE – 30 luglio 2015, manca quasi un mese all’avvio del campionato ma la Samp si fa sorprendere dai serbi del Vojvodina nel preliminare di Europa League: sorprendere è un eufemismo, perché all’Olimpico di Torino si manifesta uno 0-4 che fa rumore e che, volenti o nolenti, indirizza il tenore della stagione blucerchiata. Con tanto di calcione al ranking UEFA.

UDINESE, VOTO 4 – La peggiore Udinese degli ultimi vent’anni, punti alla mano, rende complesso trovare qualche spiraglio positivo da cui ripartire analizzando la stagione appena conclusa. Eppure tutto era partito con la più promettente delle vittorie, l’1-0 allo Juventus Stadium contro i campioni d’Italia: pura illusone, un’illusione seguita da ben quattro sconfitte consecutive come drammatico contrappasso. Gli uomini di Colantuono, nel corso della stagione, non hanno saputo trovare continuità ed hanno occupato costantemente la parte bassa della classifica, precipitando poi nel girone di ritorno nonostante l’arrivo di De Canio in panchina. La stagione bianconera si può riassumere osservando il declino improvviso di Di Natale, non più in grado di risollevare da solo le sorti di un gruppo privo di un’identità e della solidità necessaria per regalare un campionato all’altezza.

IL TOP: CYRIL THEREAU – Tra le tante ombre di una stagione conclusa ad un solo punto dalla retrocessione si sottolinea comunque una delle rare luci, quella di un Thereau capace di arrivare ancora una volta in doppia cifra nonostante una difficoltà generale a trovare sbocchi offensivi da parte della squadra, terzo peggior attacco della Serie A. Da segnalare in positivo anche Badu, capace di rendersi pericoloso anche con gli inserimenti e di andare oltre al consueto ruolo di mediano tutto corsa e foga agonistica.

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: GENNAIO E FEBBRAIO – La squadra, ancora in mano a Colantuono, è rimasta a digiuno di successi dal 9 gennaio (sconfitta a Carpi) fino al 28 febbraio. Ben cinque sconfitte e tre pareggi in otto partite con appena cinque gol segnati e addirittura quindici subiti: un vero e proprio colpo di grazia alla volontà di risollevare la stagione, con annessi fantasmi di retrocessione scacciati soltanto nelle ultime giornate con una fatica non certo pronosticabile ad inizio campionato.

VERONA, VOTO 3 – Come rovinare un recente passato di gioie? Niente di meglio che retrocedere, a sorpresa sulla carta, e accumulare pessime prestazioni. 28 punti in 38 partite, tutti gli scontri diretti per la salvezza giocati in casa persi ed una grande confusione societaria: tutto è andato storto per l’Hellas Verona, tanto che il cambio di allenatore da Mandorlini e Delneri non ha portato alcun beneficio, se non un gioco migliore. Che comunque non è bastato. Sbagliato anche il mercato estivo: inutile l’investimento Pazzini, negativo l’affare Souprayen e molto altro.

IL TOP: PIERLUIGI GOLLINI – Una delle poche note positive della stagione dell’Hellas Verona riguarda Pierluigi Gollini, portiere classe 1995 che ha tolto la maglia da titolare alla bandiera gialloblu Rafael. Ottima tecnica di base e personalità: queste le caratteristiche migliori dell’ex Manchester United, finito nel mirino del Napoli per la prossima stagione. 

IL MOMENTO DA DIMENTICARE: L’ULTIMA SPIAGGIA – Certamente la gara casalinga del 20 marzo 2016 contro il Carpi, ultima spiaggia per la salvezza: la formazione di Delneri è stata sconfitta 1a 2 dall’undici di Castori, nettamente inferiore a livello tecnico ma decisamente più motivato. Nonostante le buone prestazioni delle ultime giornate, questo match ha messo la parola fine ai sogni salvezza della formazione gialloblu.