Clara Mondonico: «Due anni senza papà, oggi sarebbe in prima linea»
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Clara Mondonico: «Due anni senza papà, oggi sarebbe in prima linea» – ESCLUSIVA

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Clara Mondonico si racconta a CalcioNews24: «Due anni senza papà, i suoi insegnamenti attuali più che mai»

Due anni oggi senza il Mondo. O, meglio, senza Emiliano Mondonico in mezzo a noi. Perché gli insegnamenti ed i valori che l’uomo molto prima del tecnico ha seminato nel corso della sua vita sono in fiore più che mai. Oltre l’allenatore della Coppa Italia con il Torino, delle cinque promozioni in Serie A e di quella iconica sedia sventolata al cielo di Amsterdam, infatti, brilla ogni giorno di più il profilo dell’uomo che – dietro le quinte – ha dedicato tempo e risorse ad aiutare gli ultimi. Una missione che, con immutato entusiasmo, porta oggi avanti la figlia Clara. «Questa per me è una giornata diversa dalle altre, inutile girarci intorno – ha raccontato in esclusiva a Calcionews24.com -. Due anni fa oggi tenevo la mano a papà per l’ultima volta. In tanti, allora, mi avevano detto che il tempo avrebbe smorzato il dolore: vi posso assicurare che sono tutte cazzate. Ma, quando mi capita di sognarlo, lo rivedo sempre sorridente sulla sua amata panchina: il ricordo di lui è sempre positivo. E, oggi, vorrei riuscire a tradurre questo dolore in forza per combattere una situazione difficile».

Quanto sono attuali, in questa emergenza, i suoi insegnamenti?
«Oggi, ne sono certa, sarebbe in prima linea per aiutare chi è in difficoltà. E senza bisogno di qualcuno che lo venisse a cercare. Mi ripeteva sempre di andare a dormire sereno, dopo una lunga giornata, sapendo di aver fatto del bene per gli altri».

Come sta vivendo, in prossimità dell’epicentro del contagio, la difficile situazione?
«Viviamo a pochi chilometri dai centri più colpiti, ma a Rivolta d’Adda ci sono pochi casi e non si vive la paura. Ma il dolore per l’ingiustizia di aver perso amici e di vederne tanti, anche della Curva Nord dell’Atalanta, costretti a combattere nella solitudine».

Come si affronta l’emergenza?
«Rifacendosi al credo di papà. Dobbiamo lottare restando sulla difensiva, senza fare i fenomeni per strada, per poi fare gol al momento giusto. Con la tecnologia odierna, abbiamo davvero tutti i confort per affrontare la situazione dal divano di casa. Cercando di aiutare chi sta combattendo il prima linea: con la Fondazione Mondonico abbiamo già dato il nostro contributo».

A proposito, nuovi progetti all’orizzonte?
«Davvero tanti, anche se in questo momento siamo costretti come tutti a mordere il freno. A giugno, per esempio, ci sarebbero dovute essere le finali del torneo annuale che tra le altre coinvolge le Scuole Calcio di Atalanta, Torino, Albinoleffe e Fiorentina».

Quanto manca il calcio giocato in questo momento?
«Egoisticamente vorrei che si tornasse in campo il prima possibile, perché vivo anch’io di pallone. Ma, di fronte a numeri che mettono i brividi, è evidente che ora ci siano altre priorità».

Come sta vivendo la straordinaria stagione dell’Atalanta?
«Quando papà allenava andavo ogni domenica allo stadio con lo stomaco alla rovescia per la tensione, ora mi godo di più quel piacere. E seguire la Dea dallo stadio quest’anno è davvero un divertimento incredibile».

Agli antipodi, invece, troviamo il Torino: se l’aspettava?
«Assolutamente no e mi fa male, perché sono molto legata al mondo granata: ma Longo ha valori importanti e spero che possa risollevare la situazione».

Quanto conta, in una piazza come quella del Toro, recuperare quei valori granata così forti ai tempi di suo papà in panchina?
«Probabilmente non bastano da soli per primeggiare, ma bastano da soli per far felici i tifosi. La maglietta a fine partita deve essere intrisa di sudore, poi l’avversario può anche rivelarsi più forte: fa parte del gioco».