Perché la grandezza della Juventus non sta in quei 3 minuti ma negli altri 87 - Calcio News 24
Connettiti con noi

Champions League

Perché la grandezza della Juventus non sta in quei 3 minuti ma negli altri 87

Pubblicato

su

Il colpo di Wembley fotografa in pieno la storia della Juventus, almeno quella degli ultimi sei anni: l’analisi

Doverosa premessa: del resto ne abbiamo ampiamente dibattuto in altra sede, quei tre spaventosi minuti di follia firmati HiguainDybala sono, appunto, di per sé spaventosi. E nel quadro della sfida di ritorno con il Tottenham si innestano come la scintilla in grado di svegliare la Juventus dall’inusuale torpore che ne aveva caratterizzato la prestazione. È sembrato logico ragionare in questi termini: Juventus negativa per il complesso della gara, salvata da quegli istanti di pura irrazionalità. Ci sta. A caldo ci sta, tenuto conto proprio della modalità con cui si è evoluta la gara di Wembley. Nell’alveo di un’analisi più fredda però le due facce della Juventus – se non si alternano – quantomeno si confondono. Perché la grandezza bianconera sta anche – forse tanto, ancor di più – negli altri ottantasette minuti di gioco.

Quello che riesce soltanto alla Juventus

Juventus in apnea per la prima ora di gioco: Son fa a fette Barzagli e si erge a generatore di situazioni di pericolo, mal che vada di superiorità numerica. Come se non bastasse le linee bianconere perdono le distanze e vedono il Tottenham approfittarne con i vari Eriksen ed Alli: il sunto del tutto vede gli inglesi dominare il gioco e lasciarsi ampiamente preferire in termini di produzione offensiva. Ora, il quesito è il seguente: quante squadre sarebbero riuscite nell’impresa di limitare il passivo ad una sola rete? Peraltro subita con un tiro sporco dello stesso Son. Ma non finisce qui: smaltita l’irrefrenabile euforia del doppio schiaffo Higuain-Dybala, la Juventus torna in trincea: il Tottenham si gioca il tutto per tutto alla ricerca del secondo gol, quello che almeno spedirebbe la contesa ai tempi supplementari, ragion per cui si riversa massicciamente nella metà campo bianconera. Tra tempo regolamentare e recupero ci sono venticinque minuti netti per trovare il gol del pareggio: la Juventus, neanche a dirlo, non lo subirà mai. Ci va vicino, ma non lo prende. Ci va vicinissimo con un palo di Kane – peraltro in fuorigioco – ma la musica non cambia: la porta resta inviolata e ad accedere ai quarti di finale di Champions League è la Juventus di Allegri.

Ed allora sono più importanti quei 3 minuti o gli altri 87?

A poche squadre al mondo – forse a nessuna – accade di ritrovarsi sotto assedio per ottantasette interminabili minuti ed incassare appena un gol. A questi livelli, contro avversari che hanno ogni arma a disposizione per incidere sul corso della partita. La domanda sorge inevitabile: l’essenza della Juventus è da rintracciare in quegli ottantasette minuti o nei tre di follia? Cosa è Juventus? O meglio: cosa è più Juventus tra le due? La risposta non può che andare agli ottantasette minuti. Testimoni di quell’abilità tutta italica di venirne comunque a capo, di trovare l’amalgama, di essere tanto audace da trovare la fortuna. A suo modo è un’arte: si può non essere d’accordo, si può criticare una proposta calcistica quasi mai all’altezza dei talenti individuali a disposizione, si può dire tutto e di più, alla fine però – nella stragrande maggioranza dei casi – la Juventus porta a casa il risultato che si era preposto come obiettivo. E riesce nell’intento più per quell’innata capacità di soffrire e compattarsi, di ridurre il passivo al minimo possibile, di minimizzare dunque i momenti di sofferenza, che per le manifestazioni di bellezza. Che siano esse corali o legate agli sprazzi di qualità dei suoi grandi attaccanti.

Giorgio Chiellini la fotografia

L’emblema di questo ragionamento porta dritto a Giorgio Chiellini: ogni anno la Juventus perde qualche pezzo e ne aggiunge altri, ma puntualmente ci si racconta possa lasciare terreno rispetto alla precedente stagione. Come nella scorsa estate, quando il clamoroso addio di Leonardo Bonucci aveva aperto le porte ad una potenziale instabilità difensiva, del resto manifestatasi nelle prime battute dell’annata. Poi puntualmente curata dal lavoro di una Juventus maniacale sotto questo aspetto: la crescita di Benatia è andata nella sostanza a sostituirsi alla perdita dell’ex leader Bonucci, ma il cardine del tutto resta inevitabilmente Chiellini. La sua foga agonistica trascina l’intero reparto e lo proietta su livelli di concentrazione e tensione non rintracciabili altrove. Il solo gol incassato nelle ultime diciannove giornate di campionato – fattore che ha consentito alla Juventus di tenere il ritmo del super Napoli di Sarri ed ora a porsi in scia per il sorpasso – la racconta lunga. L’oramai pluriennale struttura composta dai vari Buffon, Chiellini, Barzagli, Lichtsteiner può anche perdere pezzi (vedi appunto Bonucci ma anche i vari Dani Alves ed Evra), ma in un lasso di tempo piuttosto breve riesce ad integrare i nuovi (si è detto di Benatia, ma come dimenticare gli Alex Sandro, Asamoah, volendo gli stessi De Sciglio e Rugani, o come accadrà l’anno prossimo con Caldara). Il complesso porta ad un livello agonistico talmente alto che la concorrenza – sia interna che internazionale – per vincere deve comunque passare sul corpo bianconero.

Juventus, il finale di stagione

La gara da recuperare allo Stadium con l’Atalanta, in caso di vittoria, concederebbe il momentaneo sorpasso in classifica sul battistrada Napoli: un distacco di due punti che potrebbe scalfire le convinzioni partenopee, inevitabilmente non fortificate quanto quelle di chi vince oramai ininterrottamente da sei anni. Anche se, va detto e sottolineato, nel corso dell’attuale campionato il Napoli di Sarri abbia in tal senso dato profonde rassicurazioni. Potrebbe concretizzarsi un duello epico fino al gong del campionato: chi più ne ha, beh, ne metta. Il ragionamento sul fronte internazionale è differente: non c’è un competitor da affrontare ma tanti, con la casualità imposta dai sorteggi. Insomma è tutto da vedere e capire: la certezza è rappresentata dal fatto che la Juventus si presenterà agli appuntamenti di Champions League forte, appunto, delle sue certezze. Delle sue solidità. Della sua intensità agonistica, della tensione governabile anche ai massimi livelli, di quella fame di vittoria che non svanisce neanche dopo una serie interminabile di successi. Ragion per cui, la fotografia della Juventus sta più in quella battaglia degli ottantasette minuti che nella magia dei restanti tre.