Napoli, addio ad Hamsik? La storia non può finire ora: ecco perché
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Napoli e Marek Hamsik, una storia che non può finire qui

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Dichiarazioni shock di Marek Hamsik: addio al Napoli in direzione Cina? Perché la storia non può finire ora

Il colpo di scena si è palesato nella giornata di ieri: prima l’avviso del padre di Marek Hamsik, poi lo stesso capitano partenopeo a ratificare le parole che già avevano scosso il mondo Napoli. Il succo: l’esperienza di Hamsik all’ombra del Vesuvio potrebbe terminare per esaurimento di stimoli, dopo che il calciatore ha affermato di aver dato tutto alla causa. La volontà? Quella di provare altro. Di inseguire, a trentuno anni, il brivido di una nuova esperienza. Dove? Lo scenario più accreditato al momento parla della Cina, con diversi club asiatici che gli garantirebbero quantomeno un raddoppio dell’ingaggio attualmente percepito dal Napoli di Aurelio De Laurentiis. Non si esclude neanche il colpo di scena: esperienza europea? Mai dire mai, fatto sta che l’ammissione dello slovacco – una volta arrivata dalla sua bocca – ha fatto decisamente scalpore.

Marek Hamsik e Napoli, la storia

Obiettivamente superfluo sviolinare numeri e record centrati da Marek Hamsik in maglia azzurra, proprio quest’anno che si è messo dietro anche il calciatore più forte della storia partenopea. Hamsik è diventato il simbolo della recente storia del Napoli: questa era è l’era del capitano slovacco. Ne incarna ogni fase: la ricostruzione, dopo che il club era finito nei tribunali fallimentari, il risorgimento, la stabilizzazione ai livelli più alti del campionato italiano, la presenza continua sul fronte internazionale. Intanto gli altri salutavano: Lavezzi prima, Cavani poi, Higuain infine. Uomini venerati dal popolo del San Paolo, che puntualmente hanno detto addio. E con loro gli allenatori, amati o meno amati del ciclo De Laurentiis: Mazzarri, poi Benitez, Sarri infine. La costante? Marek di nome, Hamsik di cognome. La certezza. Il nome da dare per scontato. Quanto è stato bello per il popolo partenopeo darlo per scontato. Più della provenienza conta l’appartenenza, Marek Hamsik figlio di questa città: così il San Paolo certificò l’adozione. Un figlio, più di un figlio. Il motore della rinascita del Napoli, il collante con il popolo, il simbolo da esportare.

Hamsik, tutto questo può davvero finire?

La risposta è di carattere assolutamente negativo, per una serie di ragioni. La prima è di ordine tecnico: Marek Hamsik è tuttora a tutti gli effetti un calciatore di livello assoluto. Magari, rispetto ad un tempo, va dosato negli impieghi ravvicinati: ma quando in campo la sua tecnica e la sua visione di gioco, la capacità di inserirsi negli spazi e quella di rappresentare un elemento in entrambe le fasi, rappresentano fattori che gli allenatori non possono trovare in tutti i suoi colleghi. Le motivazioni? Sulla panchina del Napoli si sta consumando il clamoroso avvicendamento tecnico: sarà Carlo Ancelotti a succedere a Maurizio Sarri. Ed è quanto basta ad optare senza indugio per la permanenza. Ma anche a prescindere da questo elemento, i novantuno punti ottenuti dal Napoli nella recente edizione della Serie A, per uno come lui, non possono rappresentare il motivo dell’addio. Alla stregua di un ho dato tutto, è ora di lasciare. No. Da questa base si deve ripartire per aggiungere quel quid mancato e sferrare il prossimo assalto al grande obiettivo, finora accarezzato ma mai raggiunto. Il Napoli dovrà farlo tenuto per mano dal suo capitano: francamente difficile immaginare – o meglio accettare – una storia differente.

Hamsik, il carattere dell’addio

Poniamo davvero che le parole proferite da Marek Hamsik lasciassero presagire un addio in direzione Cina. Legittimo pensare all’aspetto economico: raggiunta la sua età, un contratto così redditizio – si parla di otto milioni di euro annui – lo becchi soltanto da quelle parti. Ma andiamo al nocciolo della situazione: classe 1987, a trentuno anni è già il momento di lasciare il calcio che conta? Di abbandonare la nave del suo Napoli per sposare una causa che di fatto lo estrometterebbe dal calcio di livello. La risposta ce la possiamo dare da soli. Potrebbe essere spiegabile, al limite, accettare la corte di un grande club europeo: difficile farsene una ragione per quel popolo partenopeo che lo ha venerato, eleggendolo a fotografia di quel che è stato e sarà, ma la spiegazione inerente alle motivazioni potrebbe anche reggere. Se invece la direzione è davvero quella cinese, il castello delle motivazioni crolla. Siamo certi di un assunto: il prossimo allenatore del Napoli una chiacchierata con lo storico capitano vorrà farsela. Ed a quel punto nulla è più escludibile. Soltanto un momento di sbandamento dovuto al dispiacere per la mancata conquista di uno scudetto che il suo Napoli avrebbe stra-meritato? Fosse così nessuno gliene vorrebbe. Sì, è umano anche lui. E forse, dato l’amore, nessuno gliene vorrebbe anche in caso di clamoroso addio. Ma la storia non può finire qui.