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Tre pregi e una riserva: la vittoria della Juve contro l’Atalanta

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Nel giro di sette giorni i commenti sulla Juventus sono cambiati totalmente di segno. Una conseguenza normale, se si guarda alle prime mezze ore dei due match

Tanto era apparsa in bambola a Marassi, quanto ha saputo dominare un’Atalanta che pure era arrivata a Torino con aspirazioni motivate dalla continuità dei risultati e dalla fiducia dell’intero ambiente che aveva fatto dimenticare una considerazione: allo Juventus Stadium, finora, hanno perso tutti. E non capita da poco tempo, è una regola che ha accomunato Conte e Allegri, squadre di ieri e di oggi. Ma questa oscillazione dei giudizi non è giustificata se si guarda ai dati fondamentali di un campionato che i bianconeri stanno conducendo dalla prima giornata, senza mai mollare la leadership della classifica. Le drammatizzazioni seguite a uno stop, per quanto duro e sorprendente, fanno parte del gioco ma non riproducono l’esatta realtà delle cose.

Il 3-1 di sabato sera e i 3 punti che consentono di mantenere il +4 sulla concorrenza, esaltati da alcuni, al contempo non cancellano la riserva che resta invece come un nodo da sciogliere (in Italia, visto che in Europa il rendimento è di segno favorevole ed opposto): il rendimento in trasferta e la capacità di reagire alle situazioni di svantaggio. Perciò, se qualcuno riteneva che la Juve fosse “malata” (io non sono certo tra questi) non la vittoria sull’Atalanta che ha fornito risposte. Se invece le analisi erano ancora più gravi – una sensazione di sfarinamento delle certezze o addirittura di possibile inadeguatezza strutturale per le lacune del centrocampo – la risposta è stata abbastanza chiara per fugare dubbi così esagerati. E scelgo tre fotogrammi per corroborare l’iniezione di sicurezza che può essere contagiosa (a patto che non si esageri con l’inverso, tematizzando un campionato finito che tale non è):

  1. Il tackle indicativo di Chiellini. Dopo poco più di un minuto, un Giorgio estremamente sicuro, nel ruolo di tutor di Rugani, fa un intervento che ha un significato di presenza e di spinta per i suoi. Come dire: dimenticare l’assurdo inizio di Genova, la Juve vuole dimostrare di poter essere una squadra che se c’è bisogno sa proporre un piano agonistico più che sufficiente. E’ il trailer della gara: la determinazione dei bianconeri rispetto agli avversari è persino superiore a quella degli avversari. Ed in tal senso, al di là delle discussioni sul modulo e della (relativa) novità del trequartista, quel che si è percepito è il bisogno di un incontrista a battagliare un po’ ovunque. Se poi, oltre a Sturaro, c’è un Mandzukic che fa l’attaccante capace di tornare in difesa e andare a contrasto come un mediano, la superiorità tecnica emerge naturale e trova il modo di esprimersi anche sulla palle da fermo attraverso il raffinato destro di Pjanic.
  2. Pjanic, la giusta intermittenza. Si è parlato molto di Miralem, con il paradosso (davvero incomprensibile) che si è ragionato più sulle sue difficoltà proprio quando sembravano in via di risoluzione, come dimostra il suo apporto nelle ultime giornate (o i gol non contano più?). E spesso lo si è bocciato nell’ottica di una mancata continuità all’interno dei 90 minuti. Con l’Atalanta si è visto come un movimento senza palla espresso con maggiore velocità da parte di tutti abbia favorito anche il protagonismo del bosniaco. Che necessariamente può agire a intermittenza, senza l’obbligo di risultare decisivo ad ogni giocata. In questa libertà, in questa minore “responsabilità”, non ha molti rivali. Del resto, cos’altro erano certi numeri di Pogba definiti gigionerie, se non un concedersi uno spazio personale all’interno della partita?
  3. Il dialogo tra gli attaccanti. La vera differenza che salta agli occhi rospetto alle gare precedenti è l’aumento dei movimenti in sincrono tra Higuain e Mandzukic. Non tanto soluzioni a memoria, ma fiducia reciproca di entrambi nel sostegno della squadra e contemporaneamente desiderio di partecipare all’elaborazione della manovra. Se il croato ci aveva abituato a interpretazioni di questo genere, per l’argentino è una novità. Tanta “fatica” può anche diminuire la brillantezza sotto porta e certo fa notizia il digiuno del Pipita. Ma i numeri di squadra consolano quanto basta dai “problemi” personali: la Juve segna e se lo fanno altri non è certo un male.