Berruto: «Uefa? La non decisione ha ucciso le persone» - ESCLUSIVA
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Berruto: «Uefa? La non decisione ha ucciso le persone» – ESCLUSIVA

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Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale italiana di pallavolo, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni

L’ex commissario nazionale italiana di pallavolo Mauro Berruto è intervenuto ai nostri microfoni per analizzare il momento che sta attraversando il nostro paese:

È un momento complicato per l’Italia.

«Non è solo complicato, costringerà letteralmente a cambiare punto di vista anche sul modo di essere cittadini, nel modo di lavorare e nell’interpretare lo sport. Lo sport che ha reagito, mi dispiace dirlo, in ritardo. Di solito anticipa sempre, mi vengono in mente grandi temi come la lotta al razzismo, anche perché nello sport troviamo la società di domani. In questo caso si è mosso dopo, mi riferisco al calcio all’UEFA, anche ai giochi olimpici».

Come giudica la scelta della UEFA di giocare prima e poi sospendere?

«È stato vergognoso il non decidere, anzi costringere Liverpool e Atletico Madrid a giocare. Ho visto quella partita con gli occhi sbarrati, un Anfield strapieno con 5.000 tifosi dell’Atletico, che poi sono diventati il focolaio in Spagna. Ma anche la partita del PSG con i tifosi fuori, ma la stessa Valencia-Atalanta. Ad uccidere le persone è stata una non decisione. È stata una delle cose più tristi e dolorose. Il tema è italiano, ma anche clamorosamente europeo. Io ero chiuso a Torino: 120 km a est la gente moriva, 120 ad ovest la gente faceva festa. Muoversi in questo modo non è commentabile, spero che quando tutto sarà finito qualcuno pagherà il conto».

È difficile ripartire ad allenarsi per gli atleti, anche dal punto di vista mentale?

«Le faccio io una domanda a lei: quando va a fare la spesa non ha la sensazione di essere un marine in missione speciale? Quando esco non vedo l’ora di tornare a casa, è paradossale tutto ciò. Una sensazione incredibile, inconscia. Proietti tutto questo su dei ragazzi che devono andare in palestra, su un campo di calcio, con contatti millimetrici. Bere dalle stesse borracce, gli spogliatoi. Come si può pensare ad allenarsi in questo momento?  Con quale tipo di approccio mentale andremo a costringere gli atleti? Ci sono persone più forti, come Ibrahimovic ad esempio, ma anche persone fragili. Niente tornerà come prima nei primi mesi».

Secondo lei si riprenderà a giocare?

«Sono abbastanza certo di no, mi auguro di no. Sto parlando con il cuore spaccato in due per un uomo come me che considera l’olimpiade il paradiso. Io la concezione di paradiso l’ho vista quando ho avuto la fortuna di andare ai Giochi. Oggi dico che è assurdo parlare di campionato di calcio, di pallavolo e basket, anche se mi spacca il cuore. Ma lo faccio di fronte a due evidenze: siamo in una guerra mondiale che dovrebbe vederci schierati tutti da una parte. E poi, se succede che riscoppia un altro focolaio? Sono il primo a sostenere che lo sport sarà uno straordinario momento per tutta l’umanità, per ripartire, ma bisogna farlo nel momento giusto. Farlo nel momento sbagliato sarebbe un autogol. Vale per tutti».