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Coppa Italia

Roma, il turnover funziona? Di Francesco e i dati sulle rotazioni

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di francesco roma

Roma clamorosamente eliminata dalla Coppa Italia per mano del Torino: la sconfitta dell’Olimpico ha relazioni con il turnover operato da Di Francesco?

La Coppa Italia fa la prima vittima illustre: è la Roma di Eusebio Di Francesco, già eliminata agli ottavi dal sorprendente quanto inconstante Torino di Sinisa Mihajlovic. Granata abili a portarsi avanti con un doppio vantaggio, a poco è valsa poi la reazione finale dei giallorossi: Dzeko fallisce un penalty generosamente concesso alla Roma, la rete di Schick non basta ad evitare l’epilogo. Ai quarti ci va il Torino. La domanda nell’immediato post-gara è sorta scontata: c’entra qualcosa il massiccio turnover adottato dall’allenatore Di Francesco? La squadra ha retto alle rotazioni o la sconfitta va catalogata come una mera coincidenza? Che magari sarebbe arrivata anche con gli undici titolari all’attivo?

Roma, i dati sul turnover offensivo

Partiamo dalle statistiche, che se ben interpretate non mentono. Occupandoci inizialmente del pacchetto offensivo, il più discusso in casa giallorossa. Tra i sette attaccanti della Roma quello che ha accumulato un minutaggio maggiore – parliamo di riscontri stagionali, dunque considerando tutte le competizioni in cui sono coinvolti i capitolini – è per distacco Edin Dzeko: 1911 i minuti disputati dal bosniaco con 11 reti all’attivo, ad una media dunque di un gol ogni 174 minuti. Rendimento sensibilmente inferiore a quello riscontrato nella scorsa annata. Seguono in ordine Diego Perotti: 1305 minuti e 5 reti, alla media di una ogni 261 minuti. Stephan El Shaarawy: 1247 minuti e 6 reti, alla media di una ogni 208 minuti. Gerson Santos da Silva: 579 minuti e 2 reti, alla media di una ogni 290 minuti. Gregoire Defrel: 426 minuti e nessuna rete. Cengiz Under: 375 minuti e nessuna rete. Patrik Schick: 311 minuti ed una rete, all’analoga media dunque. Prima dell’analisi la doverosa premessa: i dati vanno interpretati anche in relazione a ruoli ed impieghi, era ampiamente prevedibile dunque che fosse proprio Dzeko – centravanti/finalizzatore per vocazione e libero da compiti di altra natura – ad avere un miglior rapporto minuti/gol fatti.

Roma, le spiegazioni ai dati

Innanzitutto risulta evidente il calo di Edin Dzeko: nella scorsa stagione, conclusa peraltro con il titolo di capocannoniere della Serie A, lo slavo ha segnato alla media di una rete ogni 103 minuti. Oggi l’analogo del dato è pari a 174: Dzeko segna di meno, trova grandi difficoltà nel trovare la porta, rispetto all’agevolezza con cui riusciva nell’intento un anno fa. Paga una brillantezza minore, una differente impostazione del gioco complessivo, meno votato all’attacco con Di Francesco rispetto a Spalletti, probabilmente poi la cessione di una fonte pura di assist e situazioni offensive quale è Mohamed Salah. Peraltro alla luce dell’intesa naturale sorta rapidamente tra i due, fattore che al momento Dzeko non ha rintracciato con altri compagni. Non brillano i compagni di reparto. Altra premessa: tale considerazione può essere estesa un po’ a tutti, visti i deboli rapporti riscontrati a livello individuale tra minuti giocati e reti siglate. Non a caso la Roma, tra le prime sei squadre della classifica, è quella che segna meno: appena 28 le reti all’attivo (alla scarna media di 1.75 a partita), contro le 44 della Juventus, le 39 della Lazio, le 38 del Napoli, le 34 dell’Inter e le 30 della Sampdoria.

Da Perotti a Schick

Dettagliata la vicenda Dzeko, passiamo ai compagni di reparto, in ordine di minutaggio: Diego Perotti non è noto per la sua affinità con la porta avversaria. Segna poco, e quei pochi gol che fa li realizza da calcio di rigore. La sensazione è che sia un ottimo componente di un tridente nel caso in cui ci sia una seconda punta dalla netta produzione offensiva, vedi Salah l’anno scorso. In altre parole: se tocca a lui fare il Salah proprio non ci siamo. Meglio dell’argentino El Shaarawy, che però resta tuttora nel limbo tra espressione della potenzialità ed effettiva tangibilità del suo apporto: manca continuità, forse un tantino di personalità per prendersi sulle spalle una squadra dalle ambizioni che vanno riconosciute alla Roma. L’exploit di Gerson in quel di Firenze – valso una vittoria di cruciale rilievo alla Roma – avrebbe forse meritato maggiore fiducia da parte di mister Di Francesco: il brasiliano resta invece un tappabuchi da impiegare all’occorrenza. Defrel e Cengiz non pervenuti: l’ex Sassuolo condizionato da infortuni ed equivoco tattico. Cosa può fare nel tridente offensivo della Roma? Tutto, verrebbe da rispondere all’istante. Eppure non si è ancora compreso cosa. Il turco va aspettato e la Roma può permetterselo, alla luce della consistenza numerica del suo fronte offensivo: il talento classe ’97 ha bisogno di ambientarsi in una realtà differente, non soltanto dal punto di vista calcistico. Come logico che sia.

Turnover Roma: errori commessi da Di Francesco?

No, non ci siamo dimenticati di Schick. Da poco recuperato e soltanto ora pienamente utilizzabile. Entriamo nel capitolo Di Francesco: le modalità delle rotazioni offensive adottate dal tecnico giallorosso incidono negativamente sulla debole produzione offensiva della sua Roma? Se per il complesso degli esterni a disposizione abbiamo appurato come sostanzialmente la musica non cambi, qualche limite è già stato evidenziato nell’inserimento in pianta stabile di Patrik Schick, acquisto più costoso della storia del club, fattore da tenere in indubbia e doverosa considerazione. Contro il Cagliari, nella prima simultanea dei due centravanti giallorossi, appunto Schick e Dzeko, non è andata bene: il ceco è stato dirottato sulla destra, Di Francesco non ha derogato dal suo 4-3-3 standard ma i due hanno finito per pestarsi i piedi. Stessi movimenti ed attitudini, zero tiri nello specchio della porta. Tra soluzioni tattiche e funzionale coesistenza, il tecnico si gioca buona parte della sua Roma. Dei risultati presenti e della credibilità futura. Una soluzione da rintracciare prima che sia troppo tardi, prima che altri obiettivi – dopo la clamorosa eliminazione dalla Coppa Italia – finiscano per svanire.

Calciomercato: i conti non tornano

Sette attaccanti a disposizione, eppure mister Di Francesco non ha fatto mistero di desiderare un attaccante che salti l’uomo. Con tanto di letterina a Babbo Natale, considerato il particolare periodo dell’anno. Eppure i conti inevitabilmente non ci tornano: la Roma non ha già sette attaccanti in organico? Come aggiungere un ottavo? Impensabile. A meno che, nelle considerazioni espresse dall’allenatore, non sia insita la bocciatura per uno o due interpreti a disposizione. Fattore tutt’altro che da escludere, tenuto conto della scarsa vena offensiva della sua Roma e della conseguente produzione in termini di gol, troppo carente per sopravvivere a determinati livelli. Salvo miracoli sportivi. Ed allora ecco le tracce: in uscita potrebbe esserci il solito Gerson. Già consumata la sua cessione al Lille un anno fa, poi il clamoroso passo indietro sul gong della sessione invernale: oggi, qualora dovesse giungere dalle parti di Trigoria un’offerta congrua, se ne riparlerebbe senza troppi problemi. Da valutare l’eventuale uscita in prestito di Cengiz Under: da trovare però un club che possa garantirgli un minutaggio maggiore, all’altezza di un calciatore che deve trovare campo per esprimersi e per potersi dimostrare all’altezza della Roma. Slot che potrebbero liberarsi per una clamorosa mossa in entrata: Verdi e Berardi sul taccuino del direttore sportivo Monchi, con il Napoli avanti nella trattativa che porta all’attaccante del Sassuolo ed assolutamente interessato al jolly del Bologna. Sullo sfondo il sogno Mahrez. Porte girevoli in quel di Roma? La necessità è quella di incrementare i dati proposti e nella Roma sponda giallorossa oramai lo sanno un po’ tutti.

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