Cassano: Uno, Nessuno, Centomila - Calcio News 24
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2013

Cassano: Uno, Nessuno, Centomila

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Tanti colori di maglia e nessuna identità?

Il tema dell’identità è caro a molti, tra poeti, scrittori e artisti che sempre ne hanno fatto il centro delle loro riflessioni.

Dopo la conferenza stampa di giovedì a Parma, una domanda sorge spontanea: oggi chi è veramente Antonio Cassano? Forse ancora quel ragazzino talentoso adocchiato ai tempi di Bari, forse quel giocatore che ne combina di cotte e di crude, o forse quello disciplinato che per i primi anni abbiamo potuto osservare alla Sampdoria? Oppure ancora quel normale giocatore con qualche sporadico lampo di genio visto tra Milan ed Inter?

La verità è che Cassano ha cercato invano di plasmarsi all’ambiente circostante, omologandosi a chi gli stava intorno, ma le regole di spogliatoio sono state sempre troppo ferree per uno come lui che è genio e sregolatezza, che si sente di più. Se alla Juventus sono tutti soldatini lui è un milite pigro con quel pizzico di scelleratezza che lo rende geniale. Insomma, Cassano soffre le etichette e le convenzioni sociali proprio come i personaggi di Pirandello. E così, oltre ad aver cambiato ripetutamente colore di maglia, Fantantonio ha anche mutato maschera a seconda del contesto sociale, per poi scoprire che sotto al costume non c’è nessun volto.

E’ partito da Bari giovanissimo, ma di ragazzini promettenti in rampa di lancio come lui ce n’erano Centomila. Il talento però ha deciso di sposare proprio i suoi piedi e ben presto si è contraddistinto attirando l’attenzione delle grandi. A soli 19 anni la Roma lo ha acquistato per 60 miliardi di lire. E’ proprio in quegli anni nella Capitale che Cassano ha capito di essere Uno, l’unico, autentico predestinato.

Con il trasferimento al Real Madrid, il talento di Bari vecchia è passato però dalla fama più estrema all’anonimato più profondo in un batter di ciglia. Arrivato da campione, con il tempo Fantantonio, tra qualche chiletto di troppo e qualche infelice imitazione, si è reso conto di essere Nessuno. Forse sarebbe stato meglio rimettersi in gioco in provincia, sotto la luce di una Lanterna che con il passare del tempo l’avrebbe cullato e accolto come in un’isola felice. La maglia – o maschera – blucerchiata sembrava veramente cucita addosso a lui. Antonio è tornato magicamente quello che un tempo professava talento a suon di assist e giocate di fino. Sembrava davvero cambiato, un angioletto con tanto di aureola travestito col costume del bravo ragazzo, del padre e del marito modello. Poco dopo però ecco che la scelleratezza ricomincia a fare da padrona ed un tremendo litigio con Garrone ne azzera nuovamente l’identità. E’ proprio vero ciò che dice Marcel Proust: «Siamo tutti costretti, per rendere sopportabile la realtà, a coltivare in noi qualche piccola cassanata».

Dei personaggi pirandelliani, Cassano sicuramente riflette anche la medesima difficoltà comunicativa. A sentirlo coniugare qualche verbo, si gela il sangue, la pelle rabbrividisce ed i capelli si elettrizzano come se avessero preso la scossa. Ma a noi Cassano piace così, proprio com’è. Inutile mettersi una maschera, il talento e la sregolatezza sono una miscela maledettamente dannata quanto attraente.

Campione incompiuto? Forse, ma un Cassano con la testa a posto non sarebbe più Cassano. La verità è che l’indole è una sola, immutabile e sacrosanta. A seconda dei momenti, sempre o mai si manifesta, però una è, ed una rimane. La mamma è sempre la mamma e di Antonio Cassano ce n’è uno solo.