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Roma: Dzeko troppo indolente per essere vero

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Dzeko – Roma: nelle tre gare decisive della stagione, il bosniaco è stato insufficiente. Non bisogna gettargli la croce addosso ma è vero anche che Spalletti ha bisogno di un attaccante sempre sul pezzo e non svogliato. E chissà che non pensi a un cambio tattico

Pochi minuti dopo il due a due del Lione, la Roma ha l’occasione per riportarsi in vantaggio. Contropiede orchestrato da Nainggolan, palla a Salah che stoppa male e dà a Strootman, il cui tiro di destro viene smorzato dai guantoni di Lopes. Sulla respinta c’è Dzeko, o meglio, ci sarebbe Dzeko: la palla va lemme lemme verso la linea di fondo senza che il bosniaco la aggredisca, lui è troppo interessato a rifarsela coi compagni per non essere stato servito, quindi un difensore dell’OL ha vita facile ad allontanare e sventare la minaccia. In questo frangente si racchiude la partita di Dzeko al Parc OL, novanta minuti di indolenza e mancanza di cattiveria che hanno contraddistinto le prove dell’ex Wolfsburg nelle ultime tre uscite della Roma, ovverosia le più decisive della stagione. Non è un caso se i giallorossi hanno perso le tre sfide che il bosniaco ha giocato peggio, tornando non tanto ai livelli della scorsa stagione – in cui gli alibi erano tutti dalla sua – quanto mostrando una faccia di sé che ancora non si era vista. A inizio annata non poteva transitare un pallone in area senza che Dzeko lo trasformasse, direttamente o indirettamente, in gol, ma dalla partita con la Lazio è cambiato tutto. L’impressione è che questa Roma non riesca a girare senza il miglior Dzeko, ma con Lazio, Napoli e Lione il bosniaco ha sbagliato le cose più basilari: stop a tre metri, appoggi in area di rigore, tap-in, passaggi semplici. Spesso ha tardato la decisione, come impaurito, molte volte è parso supponente, e questo ha fatto storcere il naso. I maligni dicono che se la Roma non è sul 2-0 e non gioca contro Crotone o Palermo, allora difficilmente Dzeko segna. È una cattiveria e nulla più, perché tre partite – anche se disputate male male – non cambiano il 2016-17 di Dzeko: la sfida di andata con il Napoli, il lavoro sporco (con gol) in due gare con l’Inter, la tripletta al Madrigal e altri esempi sono lì a smentire gli scettici. Certo, non bisogna vedere solo il numero delle reti (molti), ma anche il rendimento. E proprio quello è mancato nel momento clou, dando adito alle malelingue.

Dzeko – Roma: una (possibile) questione tattica

Senza il miglior Dzeko non c’è la miglior Roma? Al momento pare di sì, più che altro per un’impostazione tattica dei giallorossi. Se l’anno passato i giallorossi erano soliti affidarsi di più al fraseggio, quest’anno rischiano spesso il lancio lungo. In avanti c’è una torre come Dzeko e quindi può fungere perfettamente da perno per le azioni della Roma. In fase di impostazione Manolas lo ha cercato spesso contro Lazio, Napoli e anche col Lione, lo stesso ha fatto, seppur in minor misura, anche Fazio, mentre Rüdiger – che ha agito sulla corsia destra – ha provato a stanarlo con degli spioventi dalla trequarti. Difficile che la Roma lo abbia usato come vera e propria “sponda” palla a terra nelle tre recenti sconfitte, sempre palloni alti. Contro la Lazio la Roma ha fatto spesso ricorso a questa tattica, soprattutto per la perfetta copertura del campo e dell’avversario da parte dei ragazzi di Inzaghi, ma la scarsa vena dell’ex Manchester City si è scontrata con l’arcigna difesa biancoceleste ed è nata la prima delle insufficienze in fila per il nove romanista. Con il Napoli ha trovato avversari ancora più fisici e nuovi problemi, se si aggiunge che per una punta la perdita di fiducia è come una raucedine per un cantante, allora si ha il quadro completo della situazione. Col Lione si è raggiunto l’apice negativo, anche per via del comportamento spesso stizzito e svogliato di Dzeko, un fattore inutile e dannoso. Nel 2015-16 Luciano Spalletti arrivò a una svolta nel cammino della Roma quando, coraggiosamente, mise in panchina Dzeko prediligendo un attacco con falso centravanti. E chissà che non lo faccia di nuovo. In quel caso la Roma potrebbe tornare a manovrare libera e a dare imprevedibilità in avanti, sorprendendo le difese avversarie senza dover ricorrere al lancio lungo. Non che Dzeko sia da panchinare per tre sole partite sottotono, però non è escluso che, per dare la scossa alla squadra “senza carattere nei momenti difficili” vista dal certaldese, il tecnico decida col Palermo di variare e provare Perotti o Salah o, perché no, Francesco Totti. D’altronde, potrebbe sempre farlo passare per turnover.