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Come cambia l’Inter con Rafinha

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rafinha barcellona

Unico grande colpo della sessione invernale di calciomercato per la nostra serie A: è Rafael Alcantara do Nascimento, meglio conosciuto come Rafinha, nuovo innesto per l’Inter di Spalletti

Nei giudizi di questa morigerata finestra di calciomercato l’operato dell’Inter viene spesso valutato negativamente: tifosi nerazzurri delusi, club che non ha rinforzato l’organico a dovere non aderendo di conseguenza alle aspettative generali. Eppure l’Inter è l’unica società italiana ad aver messo a segno un colpo sopra le righe: dal Barcellona infatti è arrivato Rafael Alcantara do Nascimento, ai più noto come Rafinha, prelevato con la formula del prestito e diritto di riscatto da esercitare eventualmente al termine della stagione. L’importo che i meneghini dovrebbero riconoscere al Barcellona in caso di conferma del calciatore brasiliano è pari a trentotto milioni di euro, ripartiti tra i trentacinque di base fissa ed i tre variabili di bonus legati al rendimento del calciatore.

Chi è Rafinha: pregi e difetti

Il primo valore aggiunto di Rafinha è la duttilità: mezzala di ruolo, il brasiliano può agevolmente agire anche in un centrocampo a due. Più a suo agio nel ruolo di intermedio, lì dove può sfruttare la rapidità nei tempi di inserimento e dunque essere utile in ambedue le fasi di gioco, può al limite essere mediano in un comparto a due, inteso nel senso più dinamico del termine. Il talento puro e la padronanza dei fondamentali lo rendono efficace anche qualche metro più avanti: ha il passo per spostarsi sulla corsia – in particolare quella destra – e creare situazioni di superiorità numerica. Nel Barcellona ha fatto un po’ tutto e per tale ragione è stato apprezzato dalle sue guide tecniche. Il limite, neanche a dirlo, è quello della continuità: la serie di infortuni che tuttora lo tartassa ne riduce impiego e minutaggio, quando entra in forma arriva puntualmente un fastidio – più o meno grave – a minarne il rendimento. Del resto basta riportarci alla stretta attualità: quando siamo già a febbraio, Rafinha – nel corso dell’intera stagione – ha disputato appena sedici minuti. Sedici, ripartiti tra i quindici in Copa del Rey con la maglia del Barcellona ed il minuto di recupero con cui ha esordito con la maglia dell’Inter nella poco felice trasferta di Ferrara sul campo della Spal.

Rafinha nell’Inter di Spalletti: la variante

Come va ad inserirsi Rafinha nell’Inter? Il talentuoso brasiliano classe 1993, nel 4-2-3-1 di Luciano Spalletti, può agevolmente essere impiegato sulla mediana come sulla trequarti, dove può fornire una validissima alternativa sulle corsie, essenzialmente su quella destra in luogo di Candreva. Ma andiamo con ordine: il ruolo in cui – negli spezzoni di Barcellona – è sembrato rendere meglio è quello della mezzala. Ragion per cui andrebbe a fornire un’interessante variante tattica all’allenatore nerazzurro: il 4-3-3, che finora non è stato attuato per mancanza di intermedi in grado di attaccare gli spazi e contemporaneamente sorreggere l’equilibrio generale, si nutrirebbe di un calciatore sostanzialmente nato e cresciuto con tale impostazione tattica. Secondo quello che è il credo univoco del club in cui è diventato passo dopo passo l’attuale Rafinha: difficile invece praticare un modulo così dinamico con centrocampisti tutti di posizione, fatta eccezione forse per Matias Vecino.

Rafinha nell’Inter di Spalletti: quel che già c’è

Restiamo ora ancorati al 4-2-3-1, modulo base di Luciano Spalletti dai suoi albori ad oggi (nonostante nel corso degli anni abbia imparato a modificare la veste, vedi ad esempio la difesa a tre ibrida presentata per larghi tratti della sua seconda finestra romana): Rafinha in tal senso avrebbe due impieghi essenziali. Innanzitutto quello di mediano: da intendere però non nel senso classico del termine, quanto invece in una versione dinamica, magari da affiancare ad un centrocampista esclusivamente dedito alla sostanza. Il partner perfetto sarebbe dunque Roberto Gagliardini. L’altra versione lo vede avanzare di qualche metro: il suo ruolo sarebbe sulla trequarti, plausibilmente a destra al posto di Candreva. Il brasiliano è un esterno totalmente differente dall’italiano: l’incedere di Candreva si fonda sulla velocità del passo e sul cross dal fondo come dalla trequarti, Rafinha è un interprete più tecnico che punta l’uomo con la sua tecnica, che cerca più la porta avversaria di quanto faccia Candreva, laterale nel senso strutturale del termine.

Chiave di svolta?

Risulta oggettivamente complesso azzardare un pronostico sull’andamento dell’ex Barcellona nella sua nuova esperienza italiana: per caratteristiche intrinseche non dovrebbe avere problemi nell’impatto con la Serie A, ma resta sul tavolo dell’analisi la questione dell’affidabilità. La tenuta fisica gli consentirà di tramutarsi presto nel reale valore aggiunto di questa Inter? I tifosi nerazzurri possono attendersi un Rafinha nella sua versione migliore? Oggi Luciano Spalletti – nella conferenza stampa di presentazione della sfida di campionato con il Crotone – ha sottolineato con rabbia di non voler passare come l’allenatore che ha chiesto rinforzi alla società e che puntualmente non è stato accontentato. Il tecnico toscano ha ribadito di non aver domandato nulla alla società: quel che è stato è stato, resta che l’Inter – forse perché ne aveva più bisogno delle altre? – è l’unico club nella prima metà della classifica ad aver innestato un pezzo di rilievo. Ora – come auspicato dall’ex storico presidente Massimo Moratti – è tempo di lavorare per il bene dell’Inter: l’obiettivo resta quello della tanto agognata qualificazione alla prossima Champions League. In tanti, piuttosto improvvidamente, avevano spinto la proiezione dell’Inter oltre tale limite, beffati da un avvio di campionato ben al di là del reale valore: ora, tornati con i piedi sul pianeta Terra, è per certi versi complesso ristrutturare verso il basso l’obiettivo. Perché, senza girarci troppo intorno, il mondo Inter aveva realmente creduto di poter infastidire Napoli e Juventus nella lotta per il titolo. Così non sarà ma occorre tutta la lucidità del caso per centrare quello che – illusioni a parte – è sempre stato l’unico traguardo realmente alla portata della banda Spalletti.