Matarrese: «Superlega? Ceferin mostra i denti ma sa che non è finita. Sull'Italia e Mancini...» - Calcio News 24
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Matarrese: «Superlega? Ceferin mostra i denti ma sa che non è finita. Sull’Italia e Mancini…»

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Antonio Matarrese, ex presidente FIGC, ha parlato ai microfoni di Radio Anch’Io Sport: le sue parole

Antonio Matarrese, ex presidente FIGC, ha parlato ai microfoni di Radio Anch’Io Sport. Le sue parole.

ITALIA – «Io andrei cauto. Parliamo di una Nazionale giovane. Dei fiori freschi. Fanno ben sperare ma aspettiamo. Quando arriva la bufera i fiori freschi… Mancini mi ha sorpreso. Lo sento spesso, mi chiede sempre della mia famiglia. Mi ha stupito, ripeto. Analogie tra Mancini e Vicini? Ha quasi lo stesso stile e lo stesso garbo. Non sono ‘aggressivi’. Quella tranquillità alcune volte dà risultati. Io ho già il volo prenotato per altri motivi ma ci spero. Anche se troppa eccitazione non va bene».

SOLDI – «Il dio denaro si sta impossessando di tutto lo sport, non solo del calcio. Se la UEFA e la FIFA non si rendono conto che vedono parlare lo stesso linguaggio e non vivere in questo conflitto continuo, le Federazioni si indeboliranno, così come il sistema calcio. Ho letto che dietro la Superlega ci sia stata anche la FIFA, in questo modo si sarebbe indebolita la UEFA, e la cosa non può funzionare. Le due organizzazioni non possono litigare, altrimenti le Federazioni non possono fare nulla».

SUPERLEGA – «Tramontata? Assolutamente no. Ho parlato con Ceferin e sa che la questione non è finita. Si fanno sempre le solite manovre dietro le istituzioni. Non è possibile che nessuno sapesse di questo tentativo di alcuni club, che sono sempre gli stesso da anni. La storia di ripete e c’è qualcosa che non va».

FIGC E GRAVINA – «Il mio era un altro periodo, c’erano altre difficoltà. Ho un altro carattere rispetto a Gravina, io ero aggressivo e precipitoso, lui sa controllarsi ed è garbato. A volte forse ci vorrebbe qualche grido in più, da parte del presidente che è il comandante supremo della Federazione. Non dico che si nasconda, ma a volte non si fa vedere magari come dovrebbe. Quando si va in guerra bisogna fare la voce grossa».

ERIKSEN – «Devo dire la verità. Ero convinto fosse morto. Mi sono emozionato a vedere quella scena. Fossi suo padre non lo farei più giocare. Ma anche fossi la società».