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Toro, Niang bocciato dai tifosi. Mihajlovic perchè lo difendi?

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M’Baye Niang non convince ancora. Nella gara di Coppa Italia giocata al “Grande Torino”, sono emersi più gli aspetti negativi che i suoi punti di forza

Nell’ultima partita contro il Carpi (vinta 2-0 in casa dai granata), la prestazione del numero undici è stata alquanto scadente sotto tutti i punti di vista. Impreciso e a tratti svogliato. Questo al popolo granata non è andato per niente giù. Passi l’errore casuale, ma la mancanza di “cattiveria” in campo no. Il Toro è da sempre conosciuto come un club che in campo ci mette il cuore e la determinazione. Vedere una pedina del calibro di Niang, essere completamente in balia degli avversari, fa male. I supporter granata questo non lo tollerano.

Infatti mercoledì sera tra le mura del “Grande Torino”, vi è stata l’ennesima protesta della Maratona. Fischi e parole forti nei confronti dell’attaccante che, dopo poco, viene sostituito da Mihajlovic. Logicamente viene da pensare che, la scelta del tecnico serbo, è stata dettata dal fatto che il senegalese in campo non era sul pezzo. O per meglio dire, l’intero stadio, percepiva l’inadeguatezza del giocatore.

Eppure Sinisa è riuscito, anche questa volta, a stupirci. A fine match l’allenatore si è decisamente schierato dalla parte del classe ‘94: «Ha fatto bene, ma non mi sono piaciuti i fischi dei tifosi. Si può fischiare chi non si impegna, e non è questo il caso».

La domanda a questo punto sorge spontanea: se M’Baye Niang era veramente in partita e, come sostiene il suo allenatore, stava facendo bene, allora perché sostituirlo?

Soprattutto poi, farlo uscire per far posto a Boyè. Altro attaccante in estreme difficoltà davanti alla porta. Anche quando è solo. Ci sono parecchie cose che non tornano. Passi che Niang sia il pupillo di Miha dai tempi del Milan, ma l’obiettività aiuta sia la squadra che lo stesso calciatore.

Non c’è bisogno di avere chi sa quale occhio tecnico per capire che, ad ora, la maglia granata numero undici non è rappresentata al meglio. Forse ci vorrebbe, oltre all’obiettività, anche più rispetto per quella che è stata la storia del Toro. Come nella vita, anche nel calcio, le cose bisogna meritarsele.