Corradi, l'accusa alla Serie A: «In Premier fanno giocare i 18enni, in Italia non è possibile. Ai Mondiali ci andremo, ma vi spiego i veri problemi»
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Corradi, l’accusa alla Serie A: «In Premier fanno giocare i 18enni, in Italia non è possibile. Ai Mondiali ci andremo, ma vi spiego i veri problemi»

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Le parole di Bernardo Corradi, ex tecnico delle nazionali giovanili, ora nello staff del Milan, sul problema dei giovani in Serie A

L’ex attaccante di Lazio e Chievo, Bernardo Corradi, fresco di nomina nello staff tecnico di Massimiliano Allegri al Milan, spiega in una lunga intervista a Il Messaggero i motivi del suo addio alle Nazionali giovanili della FIGC. Un’analisi lucida sul suo futuro, sul valore della maglia azzurra e sui problemi del calcio italiano, a partire dalla mancanza di fiducia verso i talenti di casa nostra.

I GIOCATORI NON SONO PIU’ ATTACCATI ALLA NAZIONALE – «Non ho mai creduto a questa storia, lo dico da ex giocatore dell’Italia e da ex tecnico azzurro. É un onore rappresentare il tuo Paese e se volete vi racconto un aneddoto. Italia-Olanda, suona l’inno e io, i miei collaboratori, lo staff e la squadra cantiamo a squarciagola, esprimendo passione e sentimento. Poi tocca a loro e assistiamo quasi a una scena muta. Mi avvicina il ct olandese, alla fine, e mi chiede: ma voi italiani fate un corso per cantare l’inno? Non vi siete fermati un istante e avevate un orgoglio incredibile».

IL MONDIALE 2026 – «Io dico che l’Italia alla fine riuscirà a conquistare il pass, detto questo ci sono tante circostanze che hanno portato a questa crisi ma non certo la mancanza di passione. Per un giocatore la maglia della Nazionale è il massimo».

LA CRISI – «Esistono molto fattori che hanno inciso su questa situazione e si sono incrociati tutti quanti insieme. Ci sono tanti stranieri in serie A, è vero, e i giovani giocano poco. Ma mancano anche elementi di spicco, bisogna anche aspettare che passi qualche altro talento. Ma vedrete che ai mondiali ci andremo»

I GIOVANI GIOCANO POCO – «Io sono stato in Premier, vi garantisco che in Inghilterra tra uno straniero di 30 anni e un ragazzino inglese di 18 privilegiano quest’ultimo. E lo fanno giocare, crescere, sbagliare. In Italia non è possibile».

CORAGGIO – «Ci vuole coraggio per far giocare i giovani, perché sei costretto ad aspettare la loro crescita. I club, invece, vogliono subito i risultati, la vittoria e quindi le filosofie non si sposano. Ci sono le prove di quello che dico».

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