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La personalità con cui Dybala si è smarcato dalla Messi mask

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Dybala show: la Juventus strapazza il Barcellona con un perentorio 3-0, merito della personalità del suo gioiello

Puntuali come orologi svizzeri, dal momento del sorteggio di Nyon, sono partiti gli improbabili paralleli tra Paulo Dybala e Leo Messi. Del resto l’accoppiata JuventusBarcellona non poteva che – almeno per quanto riguarda chi è a corto di argomenti – rappresentare il volano più efficace per un confronto che non sta in cielo nè in terra. Per una semplice ragione: a Messi non è paragonabile nessuno. Nella stagione in cui si accingeva a compiere ventiquattro anni, come attualmente Dybala, il calciatore più forte di sempre avrebbe aggiornato il palmares con la quinta Liga, la terza Champions League ed il terzo Pallone d’Oro. Un inavvicinabile alieno. Perde di senso confrontare le statistiche della Joya: anche il confronto in capitolo Argentina, da sempre punto debole della Pulce, non trova alcun riscontro che consenta di procedere ad un accostamento. Alla stessa età sei presenze e nessun gol per Dybala, 55 presenze e 16 reti per Messi.

Come venir fuori da questo incubo? La risposta di Dybala

Un incubo dunque. Nyon dice Juventus-Barcellona e parte il tran tran mediatico: Dybala come Messi, è ora di dimostrarlo. Il passaggio di consegne, la risposta davanti al connazionale, la consacrazione, l’ora di dimostrare gli attributi, il salto di qualità della Juventus, la responsabilità di esserne il calciatore più talentuoso, le notti europee, quelle che contano davvero, quelle in cui se vieni meno non sei all’altezza del nome che porti, e poi c’è Leo Messi. Messi, Messi, Messi. Già è difficile per chiunque, figurarsi per un argentino: il primo pensiero, per un calciatore sì talentuoso ma dallo spessore caratteriale nella norma, sarebbe quello di lasciarsi prendere dal timore. Dalla riverenza. Dalla paura per l’appuntamento e per l’accostamento. Del resto, un esito negativo della sfida dello Stadium avrebbe innescato l’inevitabile treno dei giudizi: Dybala è sparito dal campo, alla Juve serve qualcosa in più per giocarsela alla pari con i mostri sacri. Se poi la carta d’identità dice 23 anni, che sono abbastanza soltanto per Messi, ma non per un calciatore comune, ci può stare che si completi una torta di aspettative non rispettate. Ed invece…

La non semplicità di Dybala

Ed invece Paulo Dybala non è una persona semplice. Non è un talento fine a sé stesso, né un interprete banale di questo sport. Se ne è fondamentalmente fregato di questo continuo parallelo con il suo illustre connazionale: non si è sottratto alle domande in merito, ma neanche ha approfondito più di tanto. Ha risposto quando doveva rispondere, misurando le parole, si è comportato come chi ha obiettivi più alti di un paragone che non esiste. Ha innanzitutto lasciato parlare il suo sinistro: chirurgico, definitivo come una sentenza. Ha due palle giocabili nel primo tempo: le manda allo stesso angolino. Da due posizioni del tutto differenti: la prima in diagonale, da destra. La seconda dritto per dritto, dal centro-sinistra, fregando il portiere avversario in controtempo. Quel mancino non sarà aureo quanto quello di Lionel Messi (del resto chi? Forse Maradona) ma basta ad elevarlo insindacabilmente tra i calciatori più validi dell’attuale panorama internazionale. E’ figlio del suo talento, certamente, ma anche e soprattutto della sua personalità: perché del primo non se ne era già accorto soltanto un osservatore limitato, la seconda invece è stata dimostrata a pieno nella tanto attesa notte dello Stadium. Contro il Barcellona degli dei, quella che a detta di capitan Buffon (altra prestazione decisiva) resta “la squadra più forte del mondo, il club che quando decide di batterti ti batte“. Dybala se ne è fregato della costante e morbosa attenzione di un confronto così pesante: un po’ tutti hanno cercato di incastrarlo in una poco credibile controfigura di Messi, una maschera del suo connazionale, a proposito di Dybala mask, ma la Joya non ci è cascata e la risposta è oramai storia.

Juventus, come evitare la Remuntada del Barcellona

Dybala e Chiellini – nella stessa settimana laurea in economia e gol al Barcellona, c’è di peggio dai – firmano un 3-0 che, non fosse stato rifilato alla squadra dei miracoli, avrebbe i caratteri della definitività: quello che è invece accaduto al Psg, con il raccontato ribaltamento del 4-0, deve lasciare inalterata la tensione. Al netto di una certezza: questa Juventus non è il Paris Saint Germain. Vanta un altro spessore caratteriale ma soprattutto una differente organizzazione difensiva: peraltro, in quelle poche occasioni che il sistema salta e mostra le crepe, ci pensa un intramontabile Gianluigi Buffon. La parata su Iniesta, aiutata da una conclusione poco cattiva di Don Andrés, arriva sul risultato di 1-0: vi possiamo garantire che, non ci fosse stato quell’intervento, ci saremmo ritrovati a raccontare altro. Così come vi possiamo assicurare che, nonostante l’ausilio del fuoriclasse spagnolo, quell’intervento lo compiono soltanto Buffon e Neuer. Gli strumenti per opporsi al ritorno d’orgoglio del Barcellona ci sono tutti: Allegri racconterà della necessità di impostare un’altra gara d’attacco, perché contro i catalani è impensabile giocare per non prenderle. E rischia di avere ragione: segnare un gol vorrebbe dire costringere il Barcellona a farne cinque. E cinque in una sera, a meno di ulteriori miracoli che da quelle parti pare accadano, questa Juventus non li becca.

https://www.youtube.com/watch?v=qT2h_bF5a6I