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La Lazio di Inzaghi c’è. Ma come può superarsi?

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Ottimo avvio di stagione per la Lazio di Simone Inzaghi: Supercoppa nel cassetto, punteggio pieno in Europa League e momentaneo quarto posto nella classifica della Serie A

Partiti bene è dir poco: la Lazio è già riuscita ad avere la meglio sulla più accreditata Juventus nella gara secca valsa l’ambita Supercoppa Italiana ai meritevoli uomini di Inzaghi, sono due le vittorie ottenute nella fase a gironi di Europa League su altrettante partite (quelle contro Vitesse in trasferta e Zulte Waregem in un Olimpico spettrale a porte chiuse), i sedici punti accumulati in campionato – figli di cinque vittorie, un pareggio ed una sconfitta – valgono l’attuale quarta piazza del torneo. In attesa del recupero che i concittadini della Roma dovranno disputare sul campo della Sampdoria. Quarto posto della Serie A che – va ulteriormente ricordato – da questa annata porta in dote l’accesso diretto alla Champions League. E che giocoforza assume un rilievo del tutto maggiore.

Gioco e fiducia per la Lazio di Inzaghi

Gli ingredienti dei risultati odierni sono un’ottima predisposizione al gioco ed una consapevolezza via via accresciuta dai risultati stessi: la Lazio inizia a sentirsi meno improvvisata di un tempo, non capitata casualmente a certi livelli per intenderci, ma consapevole di potersela giocare un po’ con tutti. Sfoggiando le proprie armi e provando a nascondere gli inevitabili difetti di fabbrica. Ad ogni modo il modello di gioco sviluppato dalla banda Inzaghi è abbastanza dinamico, la Lazio trova il gol con una certa continuità e contro ogni livello di avversario – basti ricordare le tre reti inflitte alla Juventus in Supercoppa e le quattro al Milan in campionato – ed è assolutamente consapevole delle sue risorse. Non da ultima quel Luis Alberto cascato ad hoc nel momento ideale: ceduto Keita, da ritrovare Felipe Anderson, il trequartista spagnolo classe ’92 ha atteso che i tempi maturassero per venire fuori alla distanza. Oggi è lui il deputato a legare la squadra, a non far avvertire solitudine al riferimento offensivo Immobile, a garantire quel tasso di imprevedibilità necessario per determinati tipi di squadre, sempre sotto l’attenta osservazione di chi studia ogni aspetto pur di limitarne la forza.

Lazio, come andare oltre sé stessa?

Facile a dirsi, decisamente difficile a farsi. Nel senso che la Lazio, se raffrontata alle realtà più strutturate della Serie A, presenta sì il terzo attacco del torneo – 19 le reti all’attivo, dietro le 20 della Juventus e le 25 del battistrada Napoli – ma anche la peggiore difesa tra le prime cinque forze del campionato. Con un dato che oggettivamente non lascia tranquilli: nove le reti incassate, alla media dunque di 1.28 a partita (troppo alta per sorreggere certe ambizioni), contro per intenderci le tre dell’Inter, le quattro della Roma che però deve recuperare una partita, le cinque di Napoli e Juventus. Il confronto racconta di un parametro sostanzialmente raddoppiato: riformulare un pacchetto difensivo che sappia reggere l’urto nel confronto con le dirette concorrenti è il primo passo per andare oltre sé stessi. Altrimenti, elogi dovuti a parte, sempre di quello si parla: di un quinto posto che non può scaldare gli animi più del dovuto e che la Lazio – nell’analisi degli ultimi anni – non ha mediamente faticato a centrare.

Analisi dell’attuale campionato

Unica sconfitta quella incassata all’Olimpico dal Napoli, autore di una rimonta fantascientifica nella ripresa dopo essersi ritrovato sotto di una rete all’intervallo, incontro che ha notevolmente inciso anche sul dato delle reti incassate a cui accennavamo: quattro delle nove reti al passivo della Lazio sono arrivate proprio nel faccia a faccia con gli uomini di Sarri. Non che questa Lazio sia obbligata a vincerle tutte e ci mancherebbe altro, ma passa proprio dalla lucidità negli scontri diretti – alla luce di un campionato così livellato verso l’alto e non verso la competitività del mezzo – l’immissione della marcia giusta per superarsi. Abbiamo avuto due esempi praticamente opposti: benissimo con il Milan, malissimo con il Napoli. Al netto degli infortuni occorsi nel pacchetto difensivo, fattore che ha destabilizzato la banda Inzaghi nella ripresa. Ma se poteva starci di fare la voce grossa contro un Milan evidentemente work in progress, meno prevedibile era il crollo casalingo subito al cospetto dell’attuale capolista della classifica. L’occasione per rifarsi – o quantomeno per comprendere di quale pasta sia fatta questa squadra – è dietro l’angolo: l’imminente trasferta sul campo dei campioni in carica, quello Juventus Stadium di fatto inespugnabile, al rientro dalla sosta prevista per gli impegni delle nazionali. Inzaghi peraltro si ritroverà a lavorare con gran parte del suo organico. Non si è tenuti a fare risultato: non farlo però è un po’ come accettare la propria (ottima) dimensione. La rivoluzione passa dal non uscire da Torino a mani vuote: in quel caso, con ogni probabilità, le big del torneo dovrebbero aggiungere un posto a tavola.

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