Luis Enrique-Roma: cronistoria di un amore mancato ed il paradosso finale - Calcio News 24
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2012

Luis Enrique-Roma: cronistoria di un amore mancato ed il paradosso finale

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LA SCELTA – Il 20 giugno 2011 la Roma ufficializza l’approdo di Luis Enrique sulla panchina giallorossa: il nuovo corso – The New Deal, per dirla all’americana – indotto dall’arrivo della proprietà statunitense parte da qui, due dirigenti italiani di gran calibro quali Walter Sabatini e Franco Baldini, già alla Roma ai tempi del terzo scudetto e responsabile nella scelta della guida tecnica. Una decisione sorprendente nel segno della discontinuità con il passato, un solco tra ciò che è stato e ciò che sarà, o sarebbe dovuto essere.

L’IDEA DI CALCIO – Proveniente dall’orbita Barcellona, l’approccio tattico di Luis Enrique è fondato essenzialmente su un possesso palla dalle prime battute dell’azione, mediante un 4-3-3 in cui il vertice basso del centrocampo scala sulla linea dei difensori mentre i laterali salgono contemporaneamente per dare profondità al gioco, tramutando l’assetto in un 3-4-3 in fase di costruzione dell’azione. In avanti un punto di riferimento a giostrare da centravanti e due attaccanti a supporto, che assicurino allo stesso tempo velocità alla manovra e qualità necessaria per duettare con i centrocampisti e per garantire un possesso palla costruttivo. Interpreti giovani e di valore, come dimostra la campagna acquisti condotta dallo staff dirigenziale.

VALORI E LIMITI DELLA SQUADRA – Ben undici gli innesti dai campionati esteri, la Roma è risultata l’unica squadra che abbia valorizzato il nostro torneo: Stekelenburg, Kjaer, Heinze, Josè Angel, Gago, Pjanic, Lamela, Osvaldo, Bojan e Borini, con l’acquisto di Marquinho nella finestra invernale di mercato. Enorme il potenziale offensivo, il cui diamante è il mix di qualità e potenzialità di crescita, considerando le giovani carte d’identità degli interpreti in questione. Non si può affermare lo stesso per il pacchetto difensivo: le scelte sono ricadute su calciatori che hanno mostrato più di una lacuna, contribuendo pesantemente a rendere la Roma la quattordicesima retroguardia del torneo per reti subite. Palesi le dichiarazioni in merito rilasciate da Franco Baldini al termine della stagione: “Probabilmente non siamo stati in grado di offrire all’allenatore strumenti adeguati in tutti i reparti”.

LA PRIMA FASE DELLA STAGIONE E IL CROLLO VERTICALE – La piazza romanista, compresa inizialmente la lungimiranza del progetto, non ha chiesto la luna ed ha appoggiato il disegno tecnico e societario. La prima fetta della stagione si è consumata tra alti e bassi, tra sprazzi di buon gioco, risultati e mancate conferme: fattore lecito per un gruppo giovane ma soprattutto nuovo e quindi privo di collante. Il precipizio negli ultimi mesi: la Roma crolla costantemente in trasferta non dando seguito ad alcune buone prove, la piazza va in rivolta dopo la maturità iniziale e nella barca inizia ad entrare acqua da ogni dove. Il tecnico asturiano mostra i primi segnali di insofferenza fino a cedere del tutto nella battute finali.

IL PARADOSSO FINALE – Le indiscrezioni riguardo alle possibili dimissioni di Luis Enrique al termine della stagione iniziano a rincorrersi fino a tramutarsi in realtà: con la Roma settima e fuori dall’Europa il futuro del tecnico appare via via più lontano, ma è qui che si verifica il paradosso. La società – in primis per volere di Baldini – segue ogni strada plausibile nel tentativo di convincere l’allenatore iberico a restare sulla panchina giallorossa. In tali situazioni solitamente accade il contrario: è la società a titubare, il tecnico in bilico a sperare nella riconferma. Parti invertite, con la società a rincorrere Luis Enrique e non rinnegare la scelta iniziale nonostante un deludente settimo posto. Fattore che la dice lunga sull’integrità morale dell’uomo Luis Enrique, sulla valenza di un progetto tecnico che seppur contro mille intemperie avrebbe potuto proseguire, sul festival delle occasioni mancate. Si è spenta una “fiamma”, quella speranza che “tutto può accadere” per dirla alla De Rossi. Uno che qualcosa di calcio ne capisce e i cui occhi brillavano ad ogni domanda sul suo allenatore, nonostante castighi affrettati e risultati negativi. Non è andata così, Luis ha mollato: ufficialmente – e pur credendoci non comprendiamo – per stanchezza.