Weah: «Non sono sorpreso dal Milan primo. Ibra? L'età non conta» - Calcio News 24
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Weah: «Non sono sorpreso dal Milan primo. Ibra? L’età non conta»

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George Weah ha parlato del Milan e della possibile vittoria dello scudetto da parte dei rossoneri: queste le sue dichiarazioni

George Weah, ex attaccante e bandiera del Milan, ha parlato alla Gazzetta dello Sport della possibilità che i rossoneri vincano lo scudetto.

SORPRESO DAL MILAN PRIMO – «E perché dovrebbe? Stiamo parlando del Milan, mica di una squadra qualsiasi. Momento di difficoltà? Sì, ma da diversi mesi ha iniziato un progetto preciso, brillante, concreto. Dovevano ritrovarsi e lo stanno facendo, perché la cultura della vittoria fa parte del Dna rossonero. Ecco perché non sono affatto sorpreso ».

MALDINI – «Quanti meriti ha? Enormi. Paolo è un uomo umile, un gran capitano e un ottimo amico. Può darsi che io sia di parte, ok, però parliamo di una persona con un cuore immenso, e un gran lavoratore. Uno che ispira chi gli sta a fianco, che trasmette fiducia ora come faceva quando giocava, e ovviamente un grande leader per il gruppo, che sa ciò che bisogna fare per raggiungere gli obiettivi. Io non so se il Milan riuscirà a vincere lo scudetto, perché Juventus, Inter e Napoli sono grandi rivali e perché mancano ancora 20 partite e nel calcio le cose cambiano rapidamente. Però non ho dubbi sul fatto che possa lottare fino in fondo ».

IBRAHIMOVIC – «Un tipo forte e sicuro di sé, qualità che saltano all’occhio immediatamente. Ma dietro a questa immagine c’è molto altro: è uno che s’impegna al massimo ed è sempre concentrato al cento per cento sulla propria professione. Sono contento che il Milan l’abbia preso perché può essere molto utile al club nel lavoro con i giovani perché i ragazzi, tanto in prima squadra come nella Primavera, in lui hanno un grande esempio e una fonte d’ispirazione. Uno che possono ammirare e considerare un leader che li può guidare. È il migliore esempio di ciò che può fare un condottiero, sono contento per lui. Età? L’età non conta. Mi vengono in mente due nomi, quelli di Pietro Vierchowood e Franco Baresi, due che hanno giocato a un livello altissimo fino quasi ai quarant’anni. E poi naturalmente lo stesso Paolo Maldini. Se lavori duro, mantieni intatta la passione e continui a divertirti giocando, l’età sparisce»

CRISTIANO RONALDO – «Un altro grande esempio. È la testimonianza più alta di come grazie al lavoro e alla passione si possano raggiungere obiettivi sulla carta impensabili. La storia di Ronaldo ti dice che se credi di poter fare una cosa, la puoi fare. Non è il migliore del mondo, ma si è allenato in maniera incredibile per diventarlo. Sono un suo fan, perché non ha perso l’umiltà e si è guadagnato tutto ciò che ha, ha lottato metro per metro per arrivare dov’è ora».

CORSA SCUDETTO – «Dico Juventus per due motivi: perché da bambino tifavo per la Juve e perché vince da nove anni. Quando ero piccolo in Africa non arrivavano le immagini della Serie A, eravamo legati al calcio francese e facevano vedere le immagini di Platini in Italia, così mi affezionai alla Juve. Poi la vita mi ha portato al Milan e lì ho trovato una famiglia oltre ad un fantastico ambiente di lavoro. Il Milan mi ha dato tutto, ma il tifo per la Juve è rimasto. Però la cosa che più mi fa piacere è che la Serie A sia ritornata ad essere molto competitiva e divertente, questo è l’aspetto più rilevante».

LUKAKU – «Sono contento che abbia lasciato l’Inghilterra per venire in Italia e stia dimostrando quanto è bravo. Non sempre nel corso della sua carriera è stato apprezzato come merita, per me è un grande giocatore. Se penso a lui ricordo la mia storia: quando decisi di muovermi dalla Francia all’Italia la gente mi diceva che da voi non ce l’avrei fatta perché il campionato italiano è duro, complicato, tattico. Io mi trovai benissimo perché credevo nelle mie qualità e lo stesso mi sembra stia succedendo a Lukaku: era già un ottimo giocatore ed è migliorato ancora, lo trovo più completo rispetto al suo passaggio in Inghilterra».

PIRLO ALLENATORE – «L’osservavo in campo e vedevo un giocatore intelligente, sveglio e umile, era già un allenatore. Penso che i calciatori che oggi gestisce vedano in lui ciò che era quando giocava: un talento capace di pensare e realizzare cose fuori dalla portata di altri, fattore che genera rispetto e ammirazione. In panchina ha appena cominciato, la Juventus è una realtà ovviamente complessa ed esigente ma ripeto, io ho sempre pensato che questo fosse il suo mestiere».

GATTUSO – «Il mio bimbo – dice in italiano, e lo ripete –, bimbo Gattuso. Un ragazzo d’oro, furbo, sveglio, determinato, con una grande mentalità. Generoso, lottatore, uno che sa ciò che vuole e come prenderselo. E anche un amante del bel calcio: lui era un distruttore, sì, uno che pressava e aveva la cultura di un calcio fisico perché quello gli chiedevano e quello sapeva fare. Però Gattuso ha sempre amato il bel calcio e ha sempre avuto una mentalità vincente, ed è ciò che mi sembra voglia trasmettere alle sue squadre ora che allena».