Esclusiva, Marchetti: «Questa Juve può imitare la mia con un Pirlo in più. Il mio futuro? Vorrei andare a scovare nuovi talenti» - Calcio News 24
Connettiti con noi

2013

Esclusiva, Marchetti: «Questa Juve può imitare la mia con un Pirlo in più. Il mio futuro? Vorrei andare a scovare nuovi talenti»

Pubblicato

su

Mentre continua a marciare verso lo scudetto senza trovare ostacoli, la Juventus è riuscita a qualificarsi ai quarti di Champions League come unica italiana presente nella massima competizione continentale. Adesso il sogno è quello di entrare il double, un po’ come fece la Juve di Giovanni Trapattoni nella stagione 1976-77, quando conquistò sia lo scudetto che la Coppa UEFA. Di quella squadra faceva parte un giovane Alberto Marchetti, che la redazione di CalcioNews24.com ha intervistato in esclusiva per parlare dei bianconeri di Conte ma non solo.

 

Questa Juve può imitare quella di cui lei faceva parte, trionfando sia in Italia che in Europa?

«Penso di sì. E’ sempre difficile fare paragoni tra generazione diverse e stili di gioco diversi, ma la Juventus di oggi può farsi valere. Questa squadra non ha niente da invidiare a quella in cui ho avuto la fortuna di giocare o a quella di Platini. Ha la possibilità di vincere la Champions League, così come abbiamo visto in passato trionfare agli Europei nazionali poco blasonate come Danimarca e Grecia. La Juventus sta dimostrando tutto il suo valore e, anche se davanti ha degli squadroni magari più forti tecnicamente, ha determinazione, fame ed è forte in tutti i reparti. E poi un giocatore come Pirlo nessun allenatore bianconero lo hai mai avuto; è indiscutibilmente il giocatore più forte del mondo nel suo ruolo».

 

In quella squadra, però, non fu facile per lei trovare posto davanti a gente del calibro di Furino, Benetti e Tardelli…

«Fu comunque un’esperienza bellissima. Ho fatto la mia parte, totalizzando sei presenze in campionato e tre presenze in Coppa UEFA. Era la Juventus di Trapattoni che già l’anno precedente vinse lo scudetto e ci riuscì anche in quella stagione, dopo un testa a testa con il Torino andato avanti per tutto il girone di ritorno. Alla fine avevamo 51 punti in classifica contro i 50 dei granata».

 

E’ andata meglio a Cagliari dove Riva, allora dirigente, la definì il nuovo Benetti.

«Io però non mi vedevo nel ruolo di Benetti. Lui è stato una mezzala, un centrocampista non di costruzione ma di corsa, mentre io partecipavo allo sviluppo dell’azione ed ero più che altro un regista. Venni utilizzato come merce di scambio nell’affare che portò Virdis in bianconero, ma a Cagliari mi tolsi le mie soddisfazioni, venendo anche convocato nella Nazionale olimpica. Non vi nascondo che nel corso della mia militanza in rossoblu si interessarono a me grandi squadre come il Milan, il Torino di Luciano Moggi e il Genoa che in quel periodo stava andando molto bene».

 

A trentatré anni lei tornò a Novara, dove poi ha iniziato anche la sua seconda carriera.

«Con la maglia azzurra ho giocato gli ultime tre anni in Serie C e tutt’ora vivo qui a Novara. Conclusa la mia carriera da calciatore, ho lavorato come allenatore sia nel settore giovanile che in prima squadra, poi anche come osservatore».

 

Quest’anno ha allenato la formazione Juniores del San Marco Avenza fino a febbraio, quando è stato esonerato. Che esperienza è stata?

«Nelle serie dilettantistiche c’è una mentalità diversa. Per fare l’allenatore nel settore giovanile delle squadre dilettanti non basta insegnare, perché a 17-18 anni i giovani hanno già la loro testa. Con il San Marco Avenza si è venuta a creare una situazione negativa e tutto si è concluso in maniera rocambolesca. Insomma, mai più dilettanti».

 

Quindi dove potremmo rivederla nel prossimo futuro?

«Mi piacerebbe trovare una società professionistica che mi desse l’opportunità di lavorare come osservatore e di scoprire nuovi talenti. Ho lavorato anche all’Inter come osservatore per il settore giovanile, però questo non mi gratificava molto. Mi sentirei più agio ad osservare i grandi, perché per i giovani bisogna avere degli occhi speciali. Il lavoro più adatto a me sarebbe quello di trovare giocatori per la prima squadra. In Sud America ci sono ormai tanti osservatori, ma i buoni giocatori si possono trovare anche da altre parti come nell’Est Europa. Le società più blasonate vanno a caccia di argentini e brasiliani, ma nei paesi della ex Jugoslavia, ad esempio, ci sono calciatori meno costosi che possono rivelarsi utili alla causa, perché hanno fame e voglia di mettersi in mostra. Tornerei anche a fare l’allenatore in un settore giovanile, ma solamente di una squadra professionistica e dalla categoria Allievi o più giovani, in modo da poter instradarli quando incominciamo a imparare tattiche e tipo preparazione fisica, così da permettergli di compiere il salto di qualità nella Primavera».