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Inchiesta Doppia Curva, condanne complessive vicino ai 90 anni di carcere per gli imputati: i dettagli e il punto del Corriere dello Sport
Inchiesta Doppia Curva, emergono dettagli durissimi che coinvolgonoil tifo organizzato di Milan e Inter: il punto del Corriere dello Sport
Non è una pagina sportiva, ma una vicenda giudiziaria che allo sport si è intrecciata in modo profondo e pericoloso. A quasi sei mesi dal verdetto del 17 giugno, le motivazioni della sentenza del processo abbreviato relativo all’inchiesta “Doppia Curva” restituiscono un quadro allarmante sul mondo ultras di Milan e Inter, fatto di intimidazioni, violenze e affari illeciti.
Il procedimento, legato al maxi blitz del settembre 2024, ha portato a condanne complessive vicine ai 90 anni di carcere per 16 imputati. A fare il punto è oggi Corriere dello Sport.
Curva Sud e Curva Nord: due sistemi criminali
Secondo la giudice Rossana Mongiardo, la Curva Sud milanista operava attraverso «azioni di intimidazione e violenza», riuscendo a gestire in modo autonomo introiti superiori ai 100mila euro annui. Un sistema consolidato, capace di generare profitti rilevanti sfruttando la forza del gruppo e la pressione sul territorio.
Ancora più grave il quadro delineato per la Curva Nord interista, definita nelle motivazioni come un «contesto materiale di copertura» per attività criminali di ampia portata. La sentenza parla esplicitamente di un «rapporto di protezione di matrice mafiosa» con il clan Bellocco della ’ndrangheta, riconoscendo l’aggravante mafiosa per la componente nerazzurra.
Dalla gestione dei parcheggi al patto di non belligeranza
Le carte descrivono un sistema ramificato che andava dal bagarinaggio alla gestione dei parcheggi attorno allo stadio San Siro, passando per il merchandising. Il tutto in un clima di estorsioni, ricatti e aggressioni, con una spartizione degli affari resa possibile da un vero e proprio «patto di non belligeranza» tra le due curve, finalizzato a evitare scontri e massimizzare i profitti.
Le condanne e il ruolo dei club
Le pene più pesanti sono state inflitte agli ex capi ultras: 10 anni di reclusione per l’interista Andrea Beretta e per il milanista Luca Lucci. Situazioni differenti, però, sul piano processuale. A Beretta sono state riconosciute attenuanti legate alla collaborazione con la giustizia e al contributo fornito alle indagini; a Lucci, invece, sono state negate, anche per l’atteggiamento tenuto durante il processo.
Nelle motivazioni viene citata anche l’Inter, accusata di una posizione di sudditanza che avrebbe finito per agevolare, seppur «ob torto collo», alcuni esponenti della Curva Nord. Un passaggio che apre interrogativi pesanti sul rapporto tra club e tifo organizzato.
Un capitolo amaro che va ben oltre il campo e che impone riflessioni profonde sul confine, sempre più fragile, tra passione sportiva e criminalità organizzata.