2013
Intervista a Yuri Morejón: da Messi e il fisco a Balotelli e Twitter.
Madrid. Lo sport del XXI secolo, e il calcio in particolare, è un fenomeno sociale che travalica i confini del gioco e invade territori che De Coubertin non si sarebbe mai potuto immaginare. Lo sport è diventato il contenuto perfetto dei media: i diritti tv generano introiti di centinaia di milioni di euro e gli sponsor compilano assegni a sei zeri per affiancare il loro nome a quello di stelle come Ronaldo, Messi o Neymar. Calciatori, o meglio star planetarie, che passano più tempo davanti a microfoni e telecamere che un attore di Hollywood. Negli ultimi anni si pubblicano sempre più notizie su qualsiasi aspetto della vita di un calciatore: dalla firma del contratto con lo sponsor, alla nuova fidanzata, passando per la campagna benefica di una ONG o alla multa per eccesso di velocità. Lo sport e i suoi protagonisti sono sotto i riflettori 24 ore al giorno, sette giorni su sette. E chi meglio di un esperto in comunicazione sportiva come Yuri Morejón può spiegarci come sia cambiato lo sport che tanto ci appassiona? Yuri è direttore di ‘Comunicar es ganar‘ un agenzia di comunicazione spagnola che aiuta squadre e giocatori della Liga a comunicare al meglio e a sfruttare la propria immagine. Ma il prof. Morejón (insegna comunicazione in vari master universitari) conosce bene anche l’Italia e parla perfettamente Italiano grazie a un Erasmus che fece anni fa presso l’Università di Bologna.
– I successi sportivi della nazionale di calcio spagnola possono migliorare l’immagine internazionale della Spagna? “Quando parliamo di sport, sia i successi che i grandi eventi sportivi, aiutano ad avere visibilità mediatica. Ma l’importante non è solo il successo – aver ottenuto l’organizzazione delle Olimpiadi o aver vinto la Coppa del Mondo – è fondamentale come si vince e soprattutto come si comunicano queste vittorie per poter ottenere oltre alla visibilità, una buona reputazione. Reputazione che a cascata può generare una maggior fiducia verso l’intero paese, e quindi avere effetti positivi anche a livello extra-sportivo”.
– Ci sono vari studi che dimostrano come la felicità di un paese aumenti quando ospitano un evento sportivo come un mondiale di calcio o le Olimpiadi. Nel caso Madrid a settembre batta la concorrenza di Istanbul e Tokio e ottenga le Olimpiadi 2020, questo potrebbe aiutare l’immagine della Spagna e anche gli Spagnoli a sentirsi più felici in un periodo di crisi? “Bisogna ricordare che lo sport può sì migliorare l’immagine e la marca di un paese, però ci sono anche altri indici – come l’economia, il turismo, la politica e la cultura – che sono più tangibili e stabili rispetto allo sport che nonostante sia un indicatore è soggetto a variazioni dovute al successo o meno nell’ambito sportivo. Per quanto riguarda la felicità, invece, il rischio di molti studi è di analizzare a caldo gli effetti di una vittoria sportiva. Io credo di più negli studi a largo termine. Ma noto che finalmente anche lo sport inizia ad essere uno tra gli indicatori dell’immagine e della reputazione di un paese come la Spagna o come l’Italia”.
– Quindi lo sport, e soprattutto il calcio di oggi giorno – non è solo spettacolo? Si potrebbe dire, citando McLuahn, che il calcio di oggi è medium e messaggio allo stesso tempo? “Prima di tutto lo sport è salute, divertimento e competizione. Dopodiché è vero che il calcio d’elite si caratterizza per una serie di attori – tifosi, rappresentanti, dirigenti, sponsor e giornalisti – che vedono lo sport anche come uno spettacolo, un business o una notizia. Ma io credo che la caratteristica dello sport, dal punto di vista sociologico è il sentimento, l’emozione. Il calcio genera sentimenti che uniscono il grande giocatore con i tifosi, per questo possiamo dire che lo sport è medium oltre che messaggio. E questa forza comunicativa dello sport viene sfruttata da tante multinazionali di settori diversi – dalla finanza alla tecnologia, dalla moda all’industria alimentare – per raggiungere col loro messaggio più gente possibile. Io dico sempre che le parole e gli slogan hanno meno forza rispetto all’immagine di uno sportivo conosciuto in tutto il pianeta”.
– Oltre agli sponsor anche i politici utilizzano, se non l’immagine dello sportivo, un linguaggio che procede per immagini, e similitudini sportive… “Esatto e credo che gli italiani lo abbiano vissuto in prima persona con Forza Italia nel 1994. Ricordo Berlusconi che parlava di “scendere in campo”, ricordo la canzone che sembrava un inno e la bandiera replicava il tricolore italiano. Similitudini che rinforzano il messaggio e permettono di raggiungere un pubblico più ampio, che normalmente non s’interessa di politica. Questo linguaggio è ancora più importante in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo in Italia e in Spagna, dove i politici sono considerati una parte del problema più che una possibile soluzione. In una fase come questa ad esempio, i calciatori della nazionale spagnola si sono involontariamente convertiti in punti di riferimento: esempio di una Spagna vincente anche in campo internazionale”.
– E qual’è, secondo lei, il messaggio dello sport? “La nostra agenzia ha prodotto una serie di documentari” (ndr. emessi dalla televisione nazionale spagnola TVE e in cui intervistavano stelle dello sport come l’allenatore Del Bosque, per fare un esempio) “sulle leggende dello sport e abbiamo voluto mandare un messaggio chiaro, lasciando perdere la malinconia per i successi del passato. In sintesi il messaggio che abbiamo voluto trasmettere è quello della cultura dello sforzo e di come il gruppo, la squadra siano il motore fondamentale dei successi tanto nello sport come nella vita”.
– Internet e i social network sono strumenti che hanno cambiato il mondo della comunicazione, ci può spiegare in che modo? “Come ben dice, Facebook e Twitter sono degli strumenti che in sé non sono né un male né un bene, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Prima la comunicazione era come una partita di bowling dove la palla andava in una sola direzione. Oggi, invece, nonostante tv e stampa in generale continuino ad essere fondamentali, la comunicazione assomiglia a una partita di flipper dove la palla passa a differenti attori – dai tifosi agli sponsor – che hanno la possibilità di comunicare direttamente senza passare attraverso il filtro della stampa. E il rischio nel flipper, a differenza del bowling, è che la palla torni indietro e faccia quello che nel calcio si chiama autogol”.
– Quali sono i vantaggi dei social network? “I social network sono un mezzo d’informazione che permette avere una linea diretta coi fan, che umanizza l’immagine dello sportivo e serve anche per promuovere prodotti e marchi. Il gran vantaggio di Facebook e Twitter è che permette creare delle comunità di fan in contatto tra loro che possono servire in momenti critici.”
– Ci può fare un esempio? “In questi ultimi giorni in tutto il mondo si è parlato della presunta evasione fiscale di Leo Messi, un caso che infanga l’immagine e la reputazione del campione argentino. Leo, grazie a una parte della comunità che lo segue su Facebook e Twitter avrebbe potuto difendersi meglio e attivare una parte dei milioni di fan in tutto il mondo, controbilanciando il danno d’immagine”.
– L’uso di Facebook e Twitter comporta anche dei rischi, quali? “Il problema più frequente, per quanto riguarda sportivi famosi, è che a volte confondono la loro pagina Twitter o Facebook con WhatsApp. L’errore di solito avviene ‘a caldo’, nel post partita, quando un giocatore pubblica a milioni di fan in tutto il mondo quello che pensa sull’arbitro, invece di scriverlo a un amico con un messaggio privato.”
– Errori in cui ultimamente è caduto Mario Balotelli. Anche per questo nasce l’agenzia di comunicazione sportiva ‘Comunicar es Ganar’? “Esattamente. Siamo consapevoli che la carriera di uno sportivo è molto corta, dura tra i 10 e i 15 anni. Mentre il nome di un calciatore famoso e la sua reputazione, ad esempio, lo accompagnerà tutta la vita. Per questo la nostra agenzia si prefigge di aiutare gli sportivi d’elite a sfruttare la loro immagine. Nello sport del XXI secolo è importante essere conosciuti e avere un’immagine positiva attraverso sponsorizzazioni, azioni di solidarietà e attenzione mediatica.
– Vi occupate anche dell’immagine di club sportivi? “Certamente. E nel caso di un club le esigenze sono diverse. L’importante in questo caso è la pianificazione di una corretta strategia per comunicare la storia e i valori della squadra con l’obiettivo di far crescere una comunità di tifosi fedeli che si sentano identificati col club indipendentemente dai successi sportivi”.
– Alcuni mesi fa David Villa girò la pubblicità di un videogioco dove distruggeva la macchina della polizia con un pallone, ma il Barcellona bloccò lo spot prima che uscisse (anche se su youtube si può vedere). Come giudichi il rapporto extra sportivo tra club e giocatori? “Al di là del caso specifico, posso dire che le squadre da sempre sono abituate a controllare la comunicazione, ma col boom dei social network non potendo controllare tutti i messaggi, alcune cercano di censurarli all’origine. Invece dovrebbero accettare il fatto che la comunicazione è cambiata e che, generalmente, più che la censura, sarebbe meglio prevenire, stabilendo delle linee guida per giocatori e staff”.