Milan, Maldini: «San Siro? Se vogliamo le milanesi ad alti livelli serve un nuovo stadio»
Connettiti con noi

Hanno Detto

Milan, Maldini: «San Siro? Se vogliamo le milanesi ad alti livelli serve un nuovo stadio»

Pubblicato

su

Paolo Maldini, intervenuto sulle pagine della rivista Sette, ha parlato del mondo Milan: ecco le sue dichiarazioni

Paolo Maldini, dirigente del Milan, ha parlato ai microfoni di Sette.

ADDIO SAN SIRO – «Addio a San Siro? Credo e spero che possa essere così. Fa impressione, me ne rendo conto. Anche a me. Ci ha giocato mio padre, ci ho giocato io, ci gioca mio figlio. È stata la mia casa. Se la mettiamo sui ricordi, chi più di me potrebbe sentirsi ferito per un cambio così epocale? San Siro è un pezzo della storia di Milano. Ma se è diventato un luogo così iconico, lo deve alle imprese dei club e dei calciatori che ci hanno giocato. A questo dobbiamo pensare. Se noi vogliamo che Milan e Inter tornino ai piani alti del calcio europeo, scrivendo pagine bellissime come quelle di San Siro, non possiamo che avere uno stadio nuovo. Le alternative non esistono. Questa non è una opinione, è una certezza. Non voglio cancellare un passato meraviglioso. Solo che a me piace guardare avanti. È un po’ l’idea della mia vita».

VECCHIO MILAN – «Pensare di tornare al dominio dei primi anni del nuovo secolo è irreale. Proprietari alla Berlusconi o alla Moratti non ce ne saranno più. Lo dice la finanza, lo dice come va il mondo. E intanto gli altri, la Premier League inglese ma anche la Bundesliga tedesca grazie al Mondiale del 2006, si sono organizzati e ci hanno superati. In che modo? Semplice, hanno rifatto gli stadi. Che poi è il modo per generare profitto e rendersi più competitivi. Lo avessimo fatto prima noi, saremmo rimasti competitivi, come dimostra la Juventus. Ma non è avvenuto finora, per la prevalenza dell’interesse particolare. Quando si parla di Lega calcio, servirebbe un minimo di visione comune, meglio se a lungo termine. L’investimento nelle infrastrutture è l’unica opportunità possibile, se vogliamo tornare alle grandi imprese europee. Altrimenti non resta che sognare l’arrivo del principe azzurro».

TRA 10 ANNI – «Con i capelli bianchi, spero felice. In quanto a questo lavoro, o lo faccio con il Milan o non lo faccio. Forse all’estero, ma sinceramente dovrei pensarci. Sono contento di avere avuto questa opportunità. Perché so che se non lo avessi fatto, avrei sempre avuto il rimpianto di non averci provato. Anche per questo, il futuro non mi fa paura».

INIZI DA DIRIGENTE – «All’inizio, ogni sera tornavo a casa e dicevo a mia moglie che era un disastro. Non facevo che ripetere a Leonardo, che mi aveva voluto con sé, che mi sentivo inutile. Non capivo la parte amministrativa del lavoro, mi chiedevo cosa ci stessi a fare. Io devo sentirmi protagonista. Cosa dissi a Leonardo quando decise di andare al PSG? Che c… dici Leo, fu la mia risposta. Con gli occhi di fuori. Mi sono sentito perso. Ma sinceramente, subito dopo ho avuto anche la sensazione di essere per la prima volta a mio agio. Ero tornato in una situazione dove non avevo nessuno che mi faceva da scudo. Quello che ho sempre cercato. A Leonardo sono molto grato, l’apprendistato con lui è stato fondamentale. Ci sentiamo spesso».