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2014

Con Pirlo serviva coraggio

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Rubrica “Italia Anno Zero”, numero due: modello spagnolo vs italiano, dove i giovani non vengono neanche bocciati

ITALIA CONTE PIRLO VERRATTI – La fondamentale premessa: per chi vi scrive Andrea Pirlo è un mito vivente. Personale fonte di ispirazione, a vederlo all’opera ancora oggi la sensazione è quella di restare storditi di fronte alla purezza di un genio immortale. E’ uno di quelli che smette quando vuole: impensabile dare il benservito a chi è troppo più degli altri.

L’ADDIO MANCATO – Quando il mio eterno Pallone d’oro, negli attimi che seguirono la disfatta brasiliana, annunciò a chiare lettere di voler porre fine alla splendida esperienza in maglia azzurra la già enorme tristezza si moltiplicò all’infinito: la forza inesorabile del tempo che scorre e che ti scaraventa davanti alla realtà, quella dei miti con cui sei cresciuto e che inevitabilmente ti salutano per raggiunti limiti di età. Senti di invecchiare con loro ma di aver svolto un percorso in comune: loro a deliziare le platee e tu a raccontarne le gesta. Peccato chiudere il tutto con un fallimento ma poco male: per quanti di voi Brasile 2014 è stato condizionante nel bilancio che tracciate della carriera di Andrea Pirlo?

L’INTERVENTO DI CONTE – Una chiacchierata. Così l’ha definita Pirlo stesso, quella con cui il nuovo commissario tecnico ed il regista della Juventus hanno rapidamente deciso che l’esperienza in nazionale di quest’ultimo non fosse affatto terminata: Pirlo resta ed è il centrale del centrocampo di Antonio Conte, ruolo che in alternativa può ricoprire De Rossi seppur con caratteristiche del tutto differenti. La decisione giusta? Egoisticamente sì, a chi non fa piacere, oggettivamente non può esserlo. Il percorso di ogni nazionale è fatto di cicli che – in territorio europeo – si ripetono ogni due anni: è la spirale Europeo-Mondiale, Francia 2016 all’orizzonte con il centrocampista bresciano che avrà da poco spento trentasette candeline. In un momento in cui la questione giovani è riemersa con tanta irruenza – e con lei l’inefficienza dei vivai alla base del dissesto del calcio italiano – procedere al rinnovamento è un obbligo morale: il nostro prodotto migliore in tal senso – Marco Verratti – non sarà titolare almeno per i prossimi due anni, il ct lo vede esclusivamente centrale ed in quel ruolo già gravitano due mostri sacri.

IL MODELLO SPAGNOLO – Nessuno aveva accompagnato Andrea Pirlo alla porta perché nessuno ha le carte in regola per farlo ma il suo addio era stato spontaneo: andarlo a cercare, con il sostituto in casa, è qualcosa che può essere letto come mancanza di coraggio? Forse sì, forse no: solitamente in Italia a decidere tutto è il risultato e non è affatto da escludere (ce lo auguriamo tutti) che questo possa premiare il lavoro meticoloso di un allenatore eccellente quale Antonio Conte. In Spagna, a qualche chilometro da noi, dei signori che rispondono ai nomi di Xavi e Xabi Alonso hanno dato l’addio alla strepitosa Spagna dell’ultimo decennio ma nessuno li ha rincorsi. E non perché fossero brocchi, s’intende (sono anche più giovani, a dirla tutta). Quanto invece perché in casa fremono i sostituti: Koke, Isco, Thiago Alcantara. Per fare tre nomi. Tre profili classe ’92 (’91 il gioiello del Bayern Monaco) come classe ’92 lo è Marco Verratti: probabilmente non sono Xavi, Xabi Alonso o Andrea Pirlo ma hanno quantomeno dimostrato di meritare la bocciatura. Perché se mai li provi neanche li bocci. La questione è che altrove (non solo Spagna, vedi anche e soprattutto Germania) il ricambio avviene a ventidue anni, dalle nostre parti se va bene a ventiquattro. Due anni di ritardo, a dir poco. Perdonami Andrea.