2014
Azzurri, tutti a casa: l’Italia calcistica vicino al collasso
Il Diario Mondiale di Riccardo Trevisani per CN24, pagina cinque
Tutti a casa. Non è solo un modo di dire, è anche e soprattutto la realtà. Italia fuori dal Mondiale più bello, Abete e Prandelli dimessi (gesto nobile quanto inevitabile), giocatori e mezzi giocatori sotto accusa. Un’Italia calcistica da rifondare. Che sogno sarebbe se succedesse veramente e non solo nel calcio. Perché il problema è sempre alla radice, non è mai il frutto. E la radice in Italia è quasi sempre marcia. Non solo nel calcio. Un paese vecchio, che è talmente disabituato a puntare sui giovani, che quando lo fa, spesso il brucia. Giovani poi, ma nemmeno troppo. I ragazzi del 1990 cominciano ad avere 24 anni, i giovani sono i ventenni. Peraltro l’età è una scusa, molto meglio il baby Verratti dell’esperto Thiago Motta. Così come meglio il vecchio Buffon di quasi tutti gli altri. Contano i valori, il talento e la personalità. Quelli effettivi e non presunti.
Gli errori sono infiniti: Prandelli si è innamorato di Paletta, tenendo fuori un senatore come Bonucci che si integra molto meglio, inevitabilmente, con i suoi compagni di reparto. Ha bocciato poi Paletta, ma solo in un terzo tempo ha rimesso Bonucci. Di conseguenza il 352 dava molte più garanzie tecniche e tattiche a una squadra modesta come la nostra, ma Prandelli ha ignorato anche questo. È stato ad un passo dal non convocare Verratti, con cui ha discusso dopo un’amichevole agostana contro l’Argentina. Verratti è stato un dei pochi sufficienti della spedizione. Ha ignorato reiteratamente Immobile (e la sua forma smagliante), fino ad annichilirlo con accanto l’ingombrante (fisicamente e mediaticamente, ma purtroppo non calcisticamente) figura di Balotelli. Ha cambiato uomini e moduli, senza un perché non dando alla squadra gioco, tranquillità e un modulo base.
Poi, e solo poi, c’è stato il caldo (peraltro scusa buona per le 32 partecipanti), c’è stato un arbitro che al netto del nome-garanzia Moreno, farebbe meglio per il bene del calcio a cambiare mestiere, lui e chi lo ha scelto. Poi e solo poi, arriva la questione Suarez, che ha bisogno per diventare completo di mordere il freno, e non tutto ciò che gli passa davanti, che ha bisogno di uno psicologo e di un bravo addestratore, più che di un bravo allenatore. Tutte le scuse del mondo, i giochi di parole, i salti mortali che verranno fatti, non serviranno a cambiare la realtà. L’Italia calcistica a livello di nazionale e di club è vicina al collasso. Servono riforme, idee e personalità. Non politici vecchi e conosciuti. Quattro Mondiali non si vincono per caso. Ma non è un caso nemmeno quando in due mondiali consecutivi, dopo appena 12 giorni, si va tutti a casa.