2012
Giù le mani dall’Is Arenas
La delusione da parte dei tifosi rossoblù per veder sempre prolungarsi il momento del definitivo riavvicinamento alla squadra sta raggiungendo ormai livelli esponenziali. Con quasi il massimo delle probabilità, anche la partita tra Cagliari e Roma sarà giocata a porte chiuse nonostante la società sarda avesse già avviato la vendita dei biglietti per assistere all’incontro, scatenando o rinvigorendo, a seconda dei casi, la voglia di calcio nei sostenitori isolani. Tuttavia l’impianto non sarebbe ancora a norma e quindi domenica si dovrà ricorrere nuovamente a televisori, radioline o siti web per sapere cosa succederà tra i ragazzi di Ficcadenti e quelli di Zeman.
Ma questa è solo una delle nubi sorte su uno stadio ancora in costruzione, che a qualcuno, a quanto pare, darebbe fastidio molto più di quanto ne stia causando ad alcuni degli abitanti quartesi che hanno la paura di ritrovarsi ostaggi nelle proprie case nelle ore in cui quello che sta diventando una vera e propria arena ospiterà le partite casalinghe del Cagliari. I più attenti avranno sicuramente sentito in questi giorni sparlare eccessivamente, anche e soprattutto in termini estetici, dell’Is Arenas, catalogato addirittura tra le vergogne del calcio italiano da alcuni giornalisti che lavorano per testate nazionali. Alcuni dalla penisola scordano, sempre se l’abbiano mai saputo, che sulla carta la strada intrapresa per non dover migrare nuovamente a Trieste è solo temporanea. Quindi, perché gettare fango su un impianto con le tribune in tubi innocenti? A cosa servirebbe fare arrivare betoniere piene di cemento per poi, un domani, lasciare alla città di Quartu un monumento al quale non si saprebbe che destinazione dargli? Costruire tutta quella che doveva essere la Karalis Arena, e non solo il suo Main Stand, avrebbe portato via inutilmente tempo e denaro. La speranza che nel capoluogo qualcosa si smuova nei quasi mille giorni che lo separano dal riabbracciare uno dei suoi più prestigiosi vanti è ancora vegeta.
La Cagliari Calcio è sempre stata una delle prime a volere una casa propria e innovativa. Il presidente Massimo Cellino è da anni che ci sta provando, è da anni che fa commissionare progetti che poi vengono forzatamente modificati e nel migliore dei casi tenuti in sospeso. Se lo stadio al momento non è agibile è solo perché, per il bene dei tifosi e non solo, si ha voluto anticipare nettamente i tempi per riportare la squadra in Sardegna il prima possibile, in assoluta buona fede. Mettere sullo stesso piano un Is Arenas vuoto e strutturalmente incompleto e disordinato (per ovvie ragioni) con un San Paolo dal terreno di gioco orribile (a cui è stato poi posto rimedio con successo) non può che essere paradossale e indecoroso. Oltre che irrispettoso verso le centinaia di operai che stanno sudando sotto il sole cocente per portare avanti i lavori. Ma è forse la solita storia del “parla chi le cose non le sa“, ma si sente in dovere di dirle comunque. Anche se mette piede sul territorio sardo solo in una determinata stagione dell’anno per prendersi il sole e farsi un bagno al mare.
Questa nuova casa la vogliono tutti: società, dipendenti della stessa, tifosi e giocatori. Una volta che i suoi parametri verranno ritenuti adeguati dalle autorità competenti verrà finalmente aperta e qualcuno potrà cambiare idea. Dispensare illazioni su un qualcosa ancora da ultimare, indicandolo come uno dei molteplici motivi per cui il campionato italiano è snobbato da investitori e fuoriclasse internazionali è fuori da ogni logica. Ma tra qualche mese qualcuno avrà modo di ricredersi…