E lo chiamano Estate - Calcio News 24
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2015

E lo chiamano Estate

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La carriera di Grzegorz Lato e i Mondiali di Germania Ovest ’74 con la sua Polonia: un sogno interrotto sul più bello

Manca un quarto d’ora alla fine di una finale che conta solo per la gloria, come un po’ tutti gli spareggi per il terzo o quarto posto. I ritmi in campo sono quelli che sono, le due squadre provano a vincerla ma c’è rassegnazione, perché non c’è niente di più triste in un Mondiale di giocare una finale che non ti fa alzare la Coppa. Il 6 luglio 1974, all’incirca alle 17.35, l’onda anomala di mestizia dell’Olympiastadion di Monaco viene spazzata via da un lampo. Da una parte c’è il Brasile orfano di Pelé e detentore del Mondiale, eliminato dall’Olanda, la squadra perfetta, nel gironcino che funge anche da semifinale; dall’altra una sorpresa, una squadra che due anni prima ha vinto l’Oro Olimpico sempre in Germania Est e sempre all’Olympiastadion in Baviera. Il Brasile sta tenendo palla nella trequarti avversaria con la solita baldanza, il biondissimo Leivinha prova un passaggio orizzontale ma viene intercettato da Cmikiewicz, il quale vede sulla sua destra l’uomo che deciderà il match. Il pallone arriva tra i piedi di Grzegorz Lato, ala destra dello Stal Mielec in cui è titolarissimo e anche bomber indiscusso da almeno cinque stagioni. Lato si vede arrivare davanti Francisco Marinho Chagas ma intuisce che dietro di lui c’è una prateria prima di arrivare a Leao. Converge leggermente verso il centro e quasi con lo stinco sinistro si manda avanti la sfera che rotola diversi metri dietro Marinho, il quale arranca nel voltarsi. Il brasiliano non fa in tempo a riprendere la corsa che la scheggia Lato è già davanti a lui e all’accorrente Alfredo. Altri due passi verso la porta prima di calciare di piatto, sfinito, nell’angolino basso alla destra del portiere, uscito per evitare l’inevitabile. Uno a zero per la Polonia, che vince quel match e arriva terza al Mondiale, miglior risultato della sua storia bissato solo otto anni dopo in Spagna. Lato invece sale sul tetto del mondo e con quel gol vince la classifica cannonieri.

STAL MIELEC – Lato a dire il vero non è un attaccante qualsiasi anche se è in quel Mondiale che riesce per la prima volta a mettersi davvero in mostra in mondovisione. Da quando ha dodici anni gioca a Mielec, nel sud della Polonia, anche se è nato a Malbork, dalla parte diametralmente opposta del Paese. Agli inizi della sua carriera lo hanno schierato come ala destra ma con il passare del tempo è diventato un grande attaccante, tanto da esser messo spesso come centravanti. A capire le sue potenzialità è soprattutto Károly Kontha, che arriva allo Stal Mielec nel 1973 e compie subito il miracolo: prende una squadra formata da una generazione di semi-fenomeni e la porta a vincere il titolo in campionato per la prima volta nella sua storia. Kontha può fare affidamento su giocatori di valore altissimo come Henryk Kasperczak o Jan Domarski o sul portierone Zygmunt Kukla, vincere quel campionato nel 1972-73 è quasi naturale, se non fisiologico. Così come è naturale che in una squadra così talentuosa si imponga un giocatore che non ha mai smesso di correre da quando ha messo piede in campo. Emil Zatopek applicato al calcio altri non è che Grzegorz Lato, tra l’altro i due si assomigliano non tanto per la velocità sorprendente o per la resistenza, ma anche fisicamente: capelli radi sulla fronte per entrambi, smorfie su smorfie mentre mettono lo sprint decisivo, stessa accelerazione nel breve. E nel 1972-73 in Polonia si rendono conto che nella storia fino a quel momento non hanno avuto dei calciatori così forti come il buon Grzegorz. A dire il vero l’anno prima, quello dell’oro olimpico, il ct polacco Kazimierz Górski lo ha chiamato nella selezione per Monaco 1972 facendolo scendere in campo solo 45 minuti in tutto il torneo, vinto in finale con l’Ungheria grazie a una doppietta di Deyna, altra luminosa stella polacca dell’epoca.

GERMANIA OVEST ’74 – Górski però un anno più tardi, al termine di un 1973-74 ancora ricco di gol per Lato, è restio sullo schierare da titolare l’attaccante nella sua Polonia al Mondiale in Germania. Sì perché W?odzimierz Luba?ski, la punta che Górski ha intenzione di mettere sempre dal primo minuto senza se e senza ma, si è fatto male e ha liberato un posto in attacco. Il ct è un soldato e non vede di buon occhio Lato: certo, giocatori del genere è sempre meglio averli dalla propria parte, ma la punta dello Stal Mielec è un po’ troppo refrattario agli allenamenti e non si direbbe nemmeno vista la dedizione e la grinta con cui scende in campo. Quando però ci si allena, ecco che Lato diventa il burlone di turno, niente ripetute ma qualche scherzo ai compagni che lo prendono pure in simpatia perché è un uomo spogliatoio. Al Neckarstadion di Stoccarda Górski è obbligato a far giocare Lato e i dubbi vanno via dopo otto minuti, con la Polonia in vantaggio due a zero sull’Argentina nel primo match della competizione. Inutile dire che il primo gol è di Lato, che entra anche nell’azione della seconda rete di Szarmach; l’Argentina prova a rifarsi sotto ma sul 2-1 è Lato che segna ancora e a nulla vale il 2-3 di Babington. La preparazione di ferro di Górski ha fatto bene a Lato, che adesso vola nel vero senso della parola e apre e chiude il 7-0 rifilato ai poveri giocatori di Haiti nel secondo match – e siamo a quattro gol in due partite, non poco per uno che era fermo a tre reti in dodici apparizioni in nazionale. Con il suo inedito numero sedici è titolare anche nel 2-1 all’Italia, in cui a segnare sono gli altri straordinari compagni d’attacco Szarmach e Deyna: bye bye Italia e Polonia che va avanti ancora imbattuta.

I TEDESCHI – L’urna mette di fronte i polacchi a Svezia, Jugoslavia e ai padroni di casa della Germania Ovest. Contro gli scandinavi è sempre Lato a decidere la sfida al 43′ minuto con un gol da grande rapinatore d’area su sponda del solito Szarmach, i due formano una coppia mortifera per ogni difesa. Non è finita, il sogno mondiale per la Polonia – fin lì nella storia arrivata solamente agli ottavi nell’unica altra apparizione a Francia 1938 – continua fra l’entusiasmo generale anche se il compito e duro Górski non lascia trapelare nemmeno una goccia di entusiasmo. La partita seguente con la Jugoslavia a Francoforte è ancora una volta una vittoria e ancora una volta è firmata da Lato, con un inedito colpo di testa da calcio d’angolo, uno stacco perentorio dell’attaccante che salta in mezzo a due difensori jugoslavi e mette la Polonia di fronte a una vera e propria semifinale con la Germania Ovest, anch’essa a quota quattro punti ma con una differenza reti più ampia. Serve la vittoria con i tedeschi e, come è lecito immaginarsi, una sfida tra Polonia e Germania non può essere una gara normale, soprattutto nel 1974 quando la cortina di ferro è una realtà più che tangibile. La storia del calcio però non è riconoscente per niente, perché dopo cinque vittorie consecutive la Polonia si infrange sulla Germania e sul muro difensivo tedesco prima di subire in contropiede al 76′ il solito gollaccio da Gerd Mueller. Lato ci prova in tutte le maniere ma non riesce a sfondare. Eppure al fischio finale si porta le mani ai fianchi e crolla a terra, stremato dalla fatica e dal dolore per quella sconfitta che taglia le gambe a un intero popolo voglioso di rivalsa. Arriva comunque un terzo posto, grazie al gol in solitaria di Lato al Brasile, ma l’amarezza resta. Sette gare giocate, sei vittorie e un un’unica sconfitta: la testimonianza di come i numeri nel calcio contino davvero poco.

IL SEGUITO – Quella Polonia è stata senza dubbio una delle migliori squadre dell’epoca, un meccanismo oliato e perfetto che ha avuto in lato il suo epicentro e giocatore di maggiore qualità, tanto che in carriera Lato è arrivato a quota dieci gol ai Mondiali ed è tra i più grandi bomber della rassegna calcistica più importante. Lato poi è diventato un campionissimo davvero, ha guidato lo Stal Mielec a un altro titolo nel 1976 prima che i biancoblu sprofondassero in terza serie, dove ancora oggi militano in uno stadio troppo grande per il numero di tifosi. E’ poi emigrato ormai in tarda età in Belgio e poi in Messico e nel 1984 ha giocato la sua ultima gara con la Polonia, la centesima in totale con 45 gol messi a referto. E’ stato anche politico di sinistra, allenatore, presidente della federazione calcistica polacca e nonno a tempo perso. E’ con i Bia?o-czerwoni che si è tolto molte soddisfazioni in giro per il mondo: eliminato al secondo turno a Argentina 1978 in un girone di ferro con Brasile e Argentina; terzo anche a Spagna 1982 quando Pablito Rossi decise di voler imitare lo stesso Lato di otto anni prima e vinse la semifinale da solo. E’ stato il più grande giocatore della storia del calcio polacco, leader e fuoriclasse di uno dei migliori collettivi dell’epoca, quando il calcio era composto solo da squadroni. E la Polonia del 1974 era davvero forte, ma, come in tutte le migliori storie di pallone, non ha vinto nulla.