Bonini sulla Juve: «Come si risorge? Penso che Spalletti...»
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Bonini sicuro sulla Juve: «Come si può risorgere? Penso che Spalletti debba puntare su una cosa»

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Juve, Massimo Bonini si esprime così sul momento attuale della squadra bianconera. La situazione non lascia dubbi

A Torino per la proiezione del docufilm “Decennio d’Oro” sulla Juventus dal 1975 al 1985, Massimo Bonini, storico mediano bianconero, ha rilasciato un’intervista a Tuttosport. Con 294 presenze, 3 scudetti e una Coppa dei Campioni, il “Maratoneta” è ricordato per la sua abnegazione, che permetteva a campioni come Platini di brillare.

IL CALCIO CHE CAMBIA «Ho avuto la fortuna di giocare in una Juventus stellare. E una Juventus in cui c’erano tanti italiani, con qualche straniero fortissimo. Ora il calcio è cambiato».

PROBLEMI – «Forse, ecco, di stranieri ce ne sono troppi. O almeno così mi sembra. Ma chiarisco: è giusto che ci siano, sono fonte di insegnamento e ti danno la possibilità di migliorare. Ma in questo numero no, non si può. Vedo Juve, Inter, Milan: avranno due giocatori italiani al massimo nell’undici titolare».

LE DIFFICOLTA’ DELLA JUVE – «In effetti può essere un discorso di personalità. Ma penso che un giocatore debba essere messo nelle condizioni di rendere al massimo, ed è responsabilità anche della società. Evidentemente, quando cambi tanto in una stagione – e la Juve l’ha fatto per più anni -, diventa poi difficile riprogrammare e fare una squadra competitiva a lungo termine. Credo sia il problema più grosso in questo momento».

TROPPE RIVOLUZIONI – «Non aiuta a trovare la continuità che magari riescono ad avere le altre squadre. Così si fa effettivamente dura, gli obiettivi poi restano gli stessi».

IL CALCIO DEGLI ALGORITMI – «Mah, purtroppo ci dobbiamo adeguare. Non che sia una critica, però se il calcio, e in generale lo sport, se non ti dà emozioni e ti stimola a guardare il campo, poi perdi anche un po’ di interesse».

IL CENTROCAMPO BIANCONERO – «Il centrocampo non è importante, è proprio fondamentale. E serve che collabori, che giochi insieme, che si crei un gruppo di giocatori che si muovono insieme. Non basta un solo calciatore a fare la differenza».

LOCATELLI – «Ripeto: nessun singolo fa la differenza, almeno non da solo. L’allenatore dovrà dare esattamente questo, coalizzare il reparto».

LA COSTRUZIONE DEL GIOCO – «Sono convinto che molto possa in realtà partire dalla difesa: è la retroguardia a comandare davvero il reparto di mezzo, ma perché è tutto collegato. E così si fa un gruppo vero, e così si arriva all’obiettivo finale. Non solo essere squadra, ma giocare come una vera».

IL “DECENNIO D’ORO” «Niente male, eh? Ho avuto la fortuna di essere in un ambiente davvero unico. Con me c’erano giocatori eccezionali, con una qualità importante».
L’ASPETTO UMANO – «Quello [diventa fondamentale. Nel calcio dicono che occorra correre. Io dico un’altra cosa. Che serve muoversi. Non correre, ma muoversi».