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Buon compleanno a… Lorenzo Minotti

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Oggi Lorenzo Minotti compie 56 anni. Per i tifosi del Parma, è il capitano di quella fantastica squadra che all’inizio degli anni ’90 si è affacciata alla Serie A e in poco tempo ha infilato un filotto composto da Coppa Italia, Coppa delle Coppe, Supercoppa europea e Coppa Uefa. Un poker nel quale lui è stato il difensore d’esperienza ancorché molto giovane, il leader carismatico, il punto di riferimento di un gruppo raccontato perfettamente da un minorenne quando ha fatto il suo esordio in Serie A. Un minorenne di nome Gigi e cognome Buffon: «La cosa che più mi ha colpito è questa: i vari Zola, Minotti e tutti gli altri mi hanno trattato sin dal mio esordio con il Milan come uno di loro. Non mi hanno detto niente, cose del tipo “stai tranquillo” oppure “non ti preoccupare se sbagli”. No, mi hanno trattato come se fossi già stato con loro per mesi e mesi. E questo mi ha dato una grande forza».

La favola del Parma, anche se poi purtroppo finita male e non con un vissero felici e contenti, parte da lontano. Minotti la ricorda così: «Parma è stata la tappa più importante della mia carriera e quella che mi ha dato più soddisfazione. Io ero militare, e partii dalla caserma perché mi dissero che dovevo andare al calciomercato. Ero convinto di andare a Barletta o a Modena e improvvisamente mi sono trovato in una stanza d’albergo con Ernesto Ceresini e Sogliano, il direttore sportivo del Parma. Era stato da poco esonerato Zeman e per una situazione tecnico tattica cercavano un libero come me. E da li poi non me ne sono praticamente più andato. Due o tre anni di Serie B col Parma che aveva come obiettivo di far crescere dei giovani per poi rivenderli, e invece dopo qualche anno ci siamo trovati in serie A, a giocare da protagonisti».

Lorenzo Minotti è anche qualcosa di più che un giocatore affidabile e continuo. Il suo unico torto consiste nel trovarsi davanti un mostro come Franco Baresi che gli impedisce di fare la stessa carriera in Nazionale, limitandosi a 8 presenze dal febbraio 1994 al maggio del 1995. Ma la sua figura emerge ben oltre il campo da gioco e prefigura anche il futuro dopo il campo. Lo racconta perfettamente un pezzo di Repubblica che elenca tutta una serie di motivi che lo rendono il prototipo del bravo ragazzo dalla faccia pulita. Minotti è il giocatore che al termine della finale di Wembley porta i suoi compagni ad applaudire i tifosi sconfitti dell’Anversa: un gesto non proprio abituale quando c’è una festa storica riuscire ad andare a consolare gli avversari. Minotti è il ragazzo che mentre è un calciatore professionista che dona midollo osseo, un prelievo doloroso che richiede un ricovero di 24 ore. Minotti è il ragazzo che si diploma perché i genitori lo spingono a non vivere solo di calcio; Minotti è il giornalista che teneva una rubrica, “Libero di scrivere” sulla Gazzetta di Parma, prefigurando quel lavoro di opinionista raffinato che lo porterà a diventare uno dei talent di Sky; Minotti è la mosca bianca che confessa di guardare alla politica quando gli altri calciatori comunicano indifferenza, dice di non avere Berlusconi come ideale ma sente la responsabilità delle parole: «Sono superficiali quei miei colleghi che dicono di non interessarsi. Abbiamo il dovere e il diritto di interessarci a tutto perché viviamo anche noi calciatori in questo mondo. Sì, ho le mie idee ma non le esprimo perché non è giusto condizionare la gente, crearsi antipatie o simpatie». Lo stile Minotti non è mai cambiato: nello spazio di uno studio tv si muove esattamente come in campo, con la stessa correttezza e la stessa precisione negli interventi.