D'Avenia, Milan-Inter e la letteratura nel calcio: le parole
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Calcio italiano

Alessandro D’Avenia: «La passione per il calcio si è vista in Milan-Inter in un momento preciso. C’è tanta letteratura sul pallone»

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Bennacer pioli

Alessandro D’Avenia, scrittore e tifoso del Milan, ha raccontato del suo amore per il calcio al Corriere della Sera

Lo scrittore Alessandro D’Avenia racconta oggi sul Corriere della Sera il suo amore nel calcio. Lo fa nella rubrica in prima pagina del lunedì, Ultimo banco, in un pezzo intitolato Giocarsi la vita:

«Amo il calcio da quando sono bambino. L’ho praticato ovunque, dal corridoio al campetto, sull’erba o sulla sabbia, in strada o in un parcheggio. Da dilettante, chi si diletta, cioè gode. Amo altrettanto guardarlo, ancor più da quando ho smesso di giocare per la terza frattura al polso sinistro («La prossima volta non lo recuperiamo», mi ha detto il chirurgo), cicatrici che non cancellerei in cambio di una vita senza calcio. Pasolini giocava come ala e faceva un tifo sfrenato per il Bologna: per lui il calcio conservava il sacro popolare più delle messe (allo stadio la gente si stringe con più verità che al segno della pace).

Saba, conquistato dall’atmosfera del tifo, ne scrisse in poesia. Luzi ne dedicò una struggente al grande Torino scomparso nel disastro aereo di Superga. La leva calcistica del ’68 di De Gregori mi fa ancora sognare. Le ragioni di questo amore per il calcio mi si sono chiarite una volta di più nel finale del recente derby tra Milan e Inter, che ha attribuito lo scudetto alla squadra supportata da mio padre, mentre io, «guidato» dai miei fratelli all’età di 5 anni, mi schierai dal lato opposto. A dieci minuti dal termine della partita, che l’Inter conduceva per 2 a 0, il Milan ha segnato. Il commentatore ha urlato: «Si riapre la partita» e a me si è riaperto il cuore, come se si trattasse della vita stessa».