Chiarugi: «Fiorentina in difficoltà, ma c'è tempo»
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Chiarugi sicuro: «Fiorentina in difficoltà, ma il tempo per salvarsi c’è: servono personalità e unità. Analogie con il passato? Erano altri tempi e altro calcio»

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Chiarugi, ex attaccante viola e tecnico della retrocessione del 1993, analizza su La Gazzetta dello Sport il momento critico della Fiorentina

Nel suo intervento a La Gazzetta dello Sport, Luciano Chiarugi, storica bandiera viola ed ex allenatore, affronta il complicato momento della Fiorentina, ultima in classifica insieme all’Hellas Verona.

L’ex attaccante ripercorre la drammatica retrocessione del 1993 per evidenziare come, nonostante le difficoltà, il tempo per invertire la rotta ci sia ancora, a condizione che squadra, società e tifosi ritrovino compattezza.

LA RETROCESSIONE DEL ’93«Radice fu esonerato dopo poche partite, 4, i Cecchi Gori chiamarono Agroppi che faceva già l’opinionista in tv e aveva preso quella strada. Ma andò male anche con lui. La classifica scivolava, la squadra stava precipitando e a cinque giornate alla fine domandarono a me e Giancarlo. Ci chiesero di stare sereni per 35 giorni. Andammo dalla squadra. Cercammo di capire la situazione e perché si era caduti così in basso. I cinque punti che servivano li facemmo, ma all’ultima giornata diciamo che non fummo aiutati dagli altri campi. C’era un Genoa-Milan e un Roma-Udinese. Noi battemmo largamente il Foggia. Non bastò».

ANALOGIE COL PRESENTE«Mah quelli erano proprio altri tempi, un altro calcio, parliamo di più di 30 anni fa. Sicuramente anche allora avevamo una squadra con gente forte, con tanta qualità offensiva. Ma retrocedemmo. I Cecchi Gori, dopo quella rovinosa caduta, fecero restare quasi tutti i big e l’anno successivo risalimmo immediatamente. Con Claudio Ranieri allenatore. Ma le aggiungo una cosa. I Cecchi Gori sono stati dei grandi dirigenti. Perché hanno veramente voluto bene alla Fiorentina. E voglio ricordarli e salutare Vittorio con grande piacere».

L’ASSENZA DI COMMISSO«La sua non presenza non aiuta. Sappiamo che ha subìto un intervento. Oggi non c’è più un suo rappresentante diretto. La sua voce potrebbe essere fondamentale. Se non viene a Firenze vuol dire che la situazione è più seria di quanto si possa pensare».

VANOLI E IL BLOCCO PSICOLOGICO«È umile. Sa di essere in una grande squadra e lo sente. Ma l’aiuto devono darglielo i calciatori che ora non hanno più alibi. A me piaceva anche Pioli. L’ho vissuto quando era calciatore. Non avrei mai pensato potesse succedere una cosa del genere. In estate ero felicissimo quando lo hanno scelto. Poi la squadra è buona, è coperta in tutte le zone del campo. C’è un evidente blocco psicologico. Dopo il gol preso bisogna reagire, provare a reagire subito. I ragazzi devono sbloccarsi con una vittoria. E ritrovare l’entusiasmo. I calciatori devono avere gli stimoli e sentirsi protagonisti. Devono lavorare nel gruppo, ma con personalità. Devono sentirsi tutti trascinatori, pure quelli che stanno in panchina senza giocare. I protagonisti sono loro, in campo vanno loro. Se hanno paura vuol dire che lo spessore non è elevato».

CHI SI SALVA«Quel Fortini ha qualità, ha gamba. È un giovanissimo che sta facendo bene sulle fasce con lo spirito giusto. Ma da questa situazione ci può togliere soltanto Moise Kean. E devo dire che è sempre quello che cerca di fare qualcosa in più. Non gli va bene, prende pali e traverse e quindi non sta segnando come nella straordinaria passata stagione, ma ci mette l’anima ogni volta. Anche Mandragora, che ha già fatto tre gol, è uno che dà tutto dall’inizio alla fine. Uno dei senatori, uno che si vede che tiene tanto».

IL RIENTRO DI GOSENS«L’esterno tedesco è fondamentale. È un leader vero. In questo mese la sua assenza si è sentita e l’infortunio è stato un problema. C’è bisogno di personalità e lui ce l’ha. La Fiorentina ha comprato ottimi giovani, di qualità e di prospettiva, ma ha tenuto la maggior parte dei calciatori che con Raffaele Palladino nel campionato scorso sono arrivati sesti e in semifinale di Conference League. Non possono essere diventati dei brocchi. Non ci posso credere».

PREOCCUPAZIONE«Sì. Siamo ultimi. Noi e il Verona. La situazione è abbastanza pericolosa. Ma ci sono ancora sei partite del girone d’andata e tutto il girone di ritorno. Il tempo c’è. I calciatori li abbiamo. Ma lo stadio deve essere vicino alla squadra. Ben venga questo patto fatto a Bergamo. Squadra e tifosi devono essere un corpo unico, coeso verso l’obiettivo».