2014
Il Mondiale di Messi: il sublime fardello delleterno paragone
Viaggio tra le stelle di Brasile 2014: è il turno di Leo Messi
MONDIALE BRASILE 2014 MESSI ARGENTINA – Quattro Palloni d’oro, tre Champions League, sei campionati spagnoli, due Supercoppe europee ed altrettanti Mondiali per club, sei Supercoppe di Spagna e due Coppe del Re, un oro olimpico, quattro volte capocannoniere della Champions League e tre della Liga, 365 reti in carriera: allo strepitoso palmarès di Leo Messi manca la gloria in patria.
L’ETERNO PARAGONE – Impossibile ed impensabile scapparne: quando ambisci ad essere il miglior calciatore al mondo, a maggior ragione poi se sei argentino, non puoi sottrarti al parallelo con la divinità Maradona. Il migliore l’uno o l’altro – o anche nessuno dei due, s’intende – decidetelo voi: non esiste una legge universalmente riconosciuta che possa stabilirlo o che sia accettata da tutti. Leo Messi non soltanto ambisce ad esserlo – e forse l’ambizione non è neanche la sua principale caratteristica – ma a candidarlo è l’opinione pubblica di tutto il mondo, che spinge più che mai per il sorpasso: l’avvicendamento però passa per la Coppa, quella che l’Argentina vuole tornare ad alzare proprio dopo l’era Maradona, perché se a legittimarti non è la tua gente non c’è movimento d’opinione che tenga.
MARADONA VS MESSI, STORIA DI NUMERO UNO E DUE – Chi vi scrive non ha dubbi in merito: Diego Armando Maradona è il numero uno nella storia di questo sport perché – oltre ad un talento che neanche va raccontato – è riuscito a vincere con squadre improvvisate sia a livello di club che di nazionale. A Napoli in una città che mai aveva toccato con mano la gioia di uno scudetto, alla guida di un’Argentina di cui non si ricordano versioni più deboli: fatti che gli consentono di appropriarsi del titolo di rivoluzionario del calcio. Non soltanto la poesia di un piede inenarrabile ma un eccesso di personalità troppo ingombrante per tutti. Sul genio di Messi poco da obiettare: la Pulce argentina è un extraterrestre del pallone rotondo e fa apparire banalità giocate a stento immaginabili. E nessuno gli chiede di andare a vincere nella periferia calcistica: è vero, ha conquistato tutto nel Barcellona dei record – lì dove, per intenderci, i vari Puyol, Piquè, Xavi, Iniesta e compagnia cantando si sono imposti con la maglia della Spagna in due Europei consecutivi intervallati da un Mondiale – ma questo non può togliere troppo alla sua supremazia calcistica. La Coppa invece…
L’OCCASIONE DI UNA VITA – La Coppa invece va vinta. Manco fosse bere un bicchier d’acqua, direte voi. Ed in effetti si può vivere tranquillamente senza vincere un Mondiale: è capitato a tanti e nessuno ha ipotizzato gesti estremi. Pace, poco male restare il numero 2. Che guaio mai potrà essere quello di vivere con la consapevolezza che soltanto un tuo collega è stato più bravo di te nel tuo lavoro? Uno. Attenzione però: Leo Messi, sulle spalle la maglia numero 10 dell’Argentina, per epica concessione del destino ha la possibilità di alzare una Coppa del mondo in Brasile e chi è solo un po’ addentro alle vicende calcistiche ben conosce l’aria che tira in Sudamerica tra argentini e brasiliani. E di riflesso tra Selecciòn e Selecao, tra Albiceleste e Pentacampeoes verdeoro. E se la Pulce riuscirà a prendere per mano quest’Argentina un po’ così, un po’ rattoppata, fino a condurla al cielo del Maracanà beh… quel 13 luglio qualcuno potrebbe cambiare idea. Anche in patria. Lì dove manca ancora quella legittimazione di cui prima. Comunque vada è una storia meravigliosa.