2015
Mancini, a Mihajlovic, ha lasciato i derby estivi
Inter Milan, il giorno dopo: lanalisi del derby di Milano
Era il 25 luglio ed il primo Inter – Milan della stagione si giocava a Shenzhen, in Cina, deciso da una prodezza balistica di Mexes. Era il 12 agosto quando, nell’ambito dell’oramai classico Trofeo Tim, il Milan batteva ancora una volta l’Inter con le reti di Bacca e Bertolacci, fu superfluo in termini di risultato il gol nerazzurro di Brozovic. Era ieri a San Siro, il primo derby che conta, ed il risultato è invertito: vince l’Inter, segna Guarin, ed a Mihajlovic restano in mano i successi del calcio d’estate.
LA SCENA – Trama beffarda vero? Sembra quasi acchittata in ogni minimo particolare: per la serie vinci tu quando non conta, che quando conta vinco io. Chi parla è Roberto Mancini, chi ascolta è Sinisa Mihajlovic che già pregustava il colpo grosso dopo i due assaggi estivi. Non a caso il tecnico serbo è apparso visibilmente nervoso nelle interviste post-gara, rancoroso, quasi non in grado di accettare il risultato del campo: a gongolare invece era l’amico/nemico, il padre putativo improvvisamente tramutatosi nel principale rivale cittadino e probabilmente nel peggiore degli incubi di Sinisa. Che si sarà sentito quasi fregato: ma come, non ero più bravo io allora? Evidentemente no, c’è ancora tanto da macinare, mentre dall’altra parte l’allenatore col ciuffo sembra saperla davvero tanto lunga.
LA PARTITA – Brutta, innanzitutto. Poco tecnica, a dire il vero neanche troppo agonistica. A strappi, quello sì, da una parte e dall’altra, e proprio in quanto tale destinata ad essere decisa dagli episodi: il più significativo se lo crea Guarin messosi in proprio dopo una partita assai equilibrata, ciò che invece sembra già essere un punto a favore dell’Inter rispetto al Milan – ed oggi probabilmente all’intera concorrenza – è la tenuta difensiva. I nerazzurri non sbandano come invece ci eravamo abituati ad assistere, si aiutano tra loro nel tentativo di correggere l’errore del compagno e ragionano già da squadra: è spiegata così la resistenza finale ad un forcing rossonero firmato interamente da Mario Balotelli (all’anima del bollito, che impatto sulla gara!). La squadra non ha collassato: un anno fa capitava un po’ contro tutti.
COSA E’ CAMBIATO? – E’ la forza attrattiva di Roberto Mancini in fase di costruzione della squadra che attualmente fa la differenza: si è imposto come non riuscirebbe a nessun altro oggi in Serie A. Partiamo da Kovacic ed Hernanes: corpi non identificabili per lui. Oggetti misteriosi. Sì, tecnici e talentuosi, ma che ruolo hanno? Cosa fanno in campo? La risposta? Via. Venduti bene tra l’altro (hanno fatto quadrare i conti!), soprattutto nel caso del gioiello croato. Che poi soprattutto sul buon Mateo avrebbe potuto e dovuto lavorare di più per ritrovarsi un campione è altro affare. Chi vi scrive lo pensa ma guarda anche alla squadra che oggi è: ossia quella che voleva. Fisica, maschia, imponente sotto il profilo fisico-atletico fino alla trequarti, tecnica e prolifica soltanto negli ultimi metri: è questo il suo calcio, prendere o lasciare. Il popolo nerazzurro prende in massa: vuole vincere e il Mancio in passato ha già vinto. Non soltanto in Italia, chiedere a Ferguson. Roberto Mancini è l’uomo al vertice dell’Inter: può permettersi anche di pretendere Shaqiri e bocciarlo dopo appena sei mesi. Uno sfizio. A Mihajlovic resta invece la rabbia. Tanta, troppa rabbia.