Roberto Saviano: «Maradona un dono per l'umanità, Messi no»
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Roberto Saviano: «Maradona un dono per l’umanità, Messi no, non sono paragonabili. De Laurentiis ha estirpato la camorra dallo stadio e si merita che il Napoli arrivi a questo obiettivo»

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Roberto Saviano: «Maradona un dono per l’umanità, Messi no, non sono paragonabili». L’intervista al celebre scrittore

La sua vita è la sua scrittura, ma prima che Gomorra trasformasse le sue ore in un tormento, c’è stato un ragazzo che sognava lo sport. Un ragazzo che si metteva alla prova su ogni campo, dal ring della “nobile arte” alla piscina, dal parquet del basket al prato del San Paolo, scoprendosi, con autoironia, una “vera schifezza” in ogni disciplina. Roberto Saviano, in una lunga e profonda intervista a La Gazzetta dello Sport, apre l’album dei suoi ricordi, un viaggio intimo nel suo rapporto con lo sport, vissuto con la passione del tifoso e analizzato con la lucidità dello scrittore. Un racconto che parte dai maestri che lo hanno formato, passa per l’amore viscerale per il Napoli di Maradona e si conclude con una riflessione sul calcio di oggi e sulla sua scaramantica assenza dallo stadio.

MESSI UN GRANDE, MA DIEGO È UN’ALTRA COSA – «Ero a Barcellona, vengo invitato al Camp Nou. E Manu mi fa conoscere Messi, che non so bene perché sia stato paragonato a Maradona. Lionel è enorme, ci mancherebbe, ma Diego è stato un dono concesso all’Argentina, a Napoli e in generale all’umanità. A noi Diego ha regalato la possibilità di rivoluzionare il destino di tifosi, non avevamo mai vinto e lui ci ha aperto al successo. Lo abbiamo amato per il suo sguardo, con i suoi vizi, per la sua generosità».

IL RAPPORTO CON IL PADRE E IL NAPOLI – «Si giocava anche per strada. Mi vide una volta e mi spinse a pensare ad altro. In compenso, mi ha trascinato allo stadio e viviamo ancora fusi nelle nostre visioni. Penso emergerebbe pure in analisi da uno psicologo che tra di noi c’è un collegamento radicato attraverso il Napoli. Ho conosciuto Vinicio, Sivori, Burgnich, Juliano, Krol senza averli visti ma attraverso i suoi racconti. Lui che è svenuto quando è morto Diego».

PERCHÉ NON VA ALLO STADIO – «Mi piacerebbe, ci sarei potuto andare – non sarebbe stato agevole, chiaramente – ma a un certo punto, sa com’è la scaramanzia, ho preferito evitare. Vuoi vedere che perdiamo proprio nell’ora e mezza in cui ci sto io? mi sono detto».

IL GRANDE MERITO DI DE LAURENTIIS – «Voglio la stella. La merita De Laurentiis che, lo comprendo, lascia che la narrazione su di lui si fermi al manager calcistico, mentre gli va riconosciuto il merito di aver estirpato la camorra dallo stadio. La presenza della delinquenza nelle curve sta riemergendo adesso, con le varie inchieste».

IL CALCIATORE “INTELLETTUALE” – «Lobotka. È un intellettuale. Senza di lui, il calcio viene scarabocchiato».

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