2012
Il mio eroe si chiama Mario, Super-Mario
“Tu hai scritto che il mondo non ha bisogno di un salvatore, ma ogni giorno sento qualcuno che lo invoca” (Superman Returns)
Io lo ammetto qui, senza vergogna, facendo coming-out pubblicamente: Mario Balotelli è il mio eroe (‘eroe’ nel senso più eterosessuale del termine, sia chiaro). Non c’è giorno in cui non vorrei avere un figlio come lui: sogno che il preside della sua scuola un giorno mi chiami per dirmi “Lei è il genitore del piccolo Mario? Per favore, venga di corsa qui che suo figlio ha appena lanciato freccette sui compagni di classe perchè s’annoiava”. Ecco sì, in quel momento mi sentirei soddisfatto, soffisfatto di avere tra i piedi uno di quei marmocchi che, quando proprio non hai niente da fare, ti svoltano la giornata, così come Mario ha svoltato la carriera di migliaia di giornalisti con le sue gesta eroiche.
Ma cos’era il calcio italiano prima di Mario Balotelli? Tattiche, passaggi, rabone, gol… Sì, va bene. Ma cos’era senza di lui? Un mondo pieno di soliti stereotipi, di ricchi talenti accompagnati da veline e letterine, un postaccio pieno di banalità e frasi scontate: “Domani speriamo di fare una buona prestazione”, “Vogliamo vincere il campionato, ma se arriviamo ultimi va bene uguale”, “Il rispetto viene prima di tutto, io in campo ci metto l’anima ma fuori porgo sempre l’altra guancia”.
Poi un giorno è arrivato super-Mario, si è tolto di dosso la corazza di compassione che lo aveva fino a quel momento accompagnato, quella del ragazzino di colore dalla vita sfortunata che aveva trovato nel calcio un modo per riscattarsi e ci ha detto: “Guardate come si fa”. Guardate come si fa a cambiare le regole non scritte del calcio, quelle secondo le quali solo se stai buono al tuo posto e ti comporti bene sei un campione o un probabile tale.
E invece no, Balotelli è il riscatto di un’intera generazione che non ci sta a starsene buona in un angolo, a comportarsi come gli altri credono sia giusto fare. Balotelli è sè stesso fino in fondo, anche quando deve andare ad ubriacarsi in un pub dieci ore prima di una partita importante e, perché no, anche quando deve entrare in un carcere in Maserati per mostrare al fratellino com’è fatta una casa circondariale. Che poi, ce lo vedo Mario a dare il buon esempio in fondo in fondo: “Vedi fratello, qui a destra ci sono le gabbie degli spacciatori, attento a non finire come loro. A sinistra invece puoi ammirare le celle dei mariuoli, adesso però andiamo via che non vorrei t’impressionassi troppo…”.
Perché ce l’hanno tutti con Mario? Why always him? Perchè non dà il buon esempio (o meglio, quello che gli altri pensano sia tale)? Ebbene, io dico che in un mondo ideale di eroi avremmo bisogno anche di anti-eroi, perché se ci fosse solo il giusto, non riconosceremmo lo sbagliato, e Mario è tremendamente sbagliato, ma è sbagliato al punto giusto. Lui magari non voleva diventare così ricco e bravo, si è trovato in questa situazione, che volete farci? Così come non voleva andare ad escort, voleva solo chiedere un’informazione, come quei tizi che vanno ad Amsterdam per vedere i musei. Mario non voleva nemmeno copulare con Raffaella Fico, è lei che c’ha provato e lui non poteva dire di no, perché non sarebbe stato galante, non è mica un ragazzo scortese…
Mario, ti prego, non cambiare mai. Non c’è codice etico della Nazionale che tenga: se non ti accettano per come sei, forse nemmeno ti meritano. Anzi, sai cosa ti dico? Vai a Coverciano in Porsche e fai vedere a tuo fratello dov’è che stanno i buoni esempi: “Sai fratellino, qui ci sono una marea di qualunquisti che dicono che comportarsi bene è normale ed essere sè stessi è sbagliato, perché puoi essere te stesso solo se sei come ti dicono di essere. Non li toccare però, non sei vaccinato e potresti diventare uno di loro”.
In un mondo in cui continuiamo a dire che non c’è bisogno di salvatori, ma soltanto di buoni esempi, un salvatore noi ce l’abbiamo già e nemmeno loabbiamo riconosciuto: Super-Mario ci ha salvato dai luoghi comuni. Grazie Mario.