2012
Tito e il Barça che verrà
La premessa è semplice. Se Lionel Messi, Gerard Piqué o Cesc Fabregas sono i marziani che vedete oggi, l’uomo che è salito sulla navicella per prenderli e svezzarli è lui. Francesc Vilanova Bayó, per tutti Tito, il 51esimo allenatore della storia del Barcellona. A La Masìa è un’istituzione che cammina, tanto lavoro ‘sporco’ alle spalle di Pep Guardiola e da giugno la grande occasione, potersi sentire padrone del Camp Nou per tornare a conquistare il mondo. Carriera da giocatore nella normalità, qualità da tecnico – anche assistente, sia chiaro – importanti. Il buon Pep da Santpedor aveva subito scelto l’amico Tito per la sua esperienza al Barça, e se adesso va via circondato da trofei e lacrime è anche grazie all’aiuto del fido segugio con cui aveva legato in modo particolare nelle giovanili blaugrana. Storie di calcio, ma adesso in Catalogna non è più tempo di nostalgia. C’è da costruire il Barcellona del futuro per tornare a vincere tutto.
Tito, da buona mente culé, tutto farà meno che stravolgere l’impianto tecnico-tattico valorizzato con la gestione Guardiola. Vedremo in sostanza il Barça che conosciamo con qualche volto nuovo in più che arriverà dal mercato e tanti giovani in entrata dalla proverbiale cantera. Vilanova ha già individuato quelli giusti: Marc Bartra, Marc Muniesa, Martin Montoya e Jonathan Dos Santos sono già sicuri del salto definitivo oltre ai già affermati Tello e Cuenca, si deciderà più avanti per Gerard Deulofeu. Lo spirito e lo stile del Barcellona rimarranno intatti, dunque. Gioventù, possesso palla, meno invenzioni a cui si era affidato Guardiola nell’ultimo anno (da Fabregas esterno d’attacco a Busquets centrale di difesa), più pragmatismo.
Vilanova è uno così, arriva al sodo. Da Pep ha preso il profilo basso e la serenità, marchio d’esportazione del tecnico ormai ex Barça. La nuova era è alle porte, il 3-4-3 adattabile a 4-3-3 di Tito sta già prendendo forma. Senza cambiare impronta, perché il Barcellona ha scelto la continuità. “Il Barça non è determinato da un allenatore”, ripeteva Guardiola. Erano segnali d’addio, ma anche grosse verità. Si riparte da Tito, uno di famiglia. Més que un club.