Hanno Detto
Alvini non ha dubbi: «Allenatori? Gli italiani sono i migliori. La nostra scuola è la migliore al mondo. Ancelotti per la leadership, Conte per il metodo e…»
Alvini è certo: «Allenatori? Italiani i migliori. La nostra scuola è la migliore al mondo. Ancelotti per la leadership, Conte per il metodo poi…»
Da ultimo a primo in 213 giorni, sempre in Serie B. L’incredibile evoluzione di Max Alvini rispecchia quella del suo Frosinone, passato dai playout evitati per un soffio la scorsa stagione al primato attuale. Ecco la sua intervista a La Gazzetta dello Sport.
LA CHIAMATA INATTESA «Non mi aspettavo la chiamata di Castagnini, lo confesso. Poi ho trovato la fiducia di Stirpe e Doronzo e il Frosinone è questo: una piramide vincente che mi ha dato tutto per lavorare bene».
COSTRUIRE UN GRUPPO «Tutti sanno che mi piace lavorare, che voglio costruire un gruppo che si riconosce nella disciplina e nei principi. Il risultato non può essere tutto».
LA DIFESA A QUATTRO «Mi sono adattato a come ha costruito la squadra Castagnini. La squadra si esprime meglio così, anche se possiamo giocare a tre e a volte in partita lo facciamo. L’importante è essere flessibili».
LO STUDIO DI GASPERINI «Fino a 10 anni fa giocavo a quattro, nel professionismo a tre, ma sempre a zona. Oggi tante difese giocano a tre con riferimento agli uomini, non alla palla. Sono stato tre anni all’AlbinoLeffe quando Gasperini cominciava il percorso all’Atalanta, l’ho studiato e rispetto anche quei principi».
DI CHI SONO LE IDEE MIGLIORI «Degli italiani. La nostra scuola è la migliore al mondo. Ancelotti per la leadership, Conte per il metodo, Italiano o Baldini per la tattica. E Spalletti ovviamente. Ma ho visto Sarri, Giampaolo e altri, tutti maestri. La settimana scorsa ho fatto un esercizio che Sarri faceva nel 2012 a Empoli: l’ho riadattato ed è piaciuto».
QUELLO CHE CONTA «Quello che conta è il campo, non il nome o gli ingaggi. Il campo esprime i suoi giudizi: siamo una squadra con l’ambizione di volersi migliorare».
LA PROMOZIONE IN A «Sarebbe qualcosa di grosso. Quello che mi interessa è mantenere identità e disciplina. La parola Serie A mi sembra enorme, ma il bello della B è che la differenza non la fanno i nomi e i soldi».
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