Gli equivoci della Roma americana - Calcio News 24
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2012

Gli equivoci della Roma americana

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Da due anni al timone della Roma, la nuova proprietà americana – cordata di imprenditori guidata prima da Thomas DiBenedetto ed ora da James Pallotta – ha dimostrato di credere nel progetto Roma ed investire somme importanti nella costruzione della squadra. Una politica il cui diktat è fondato su innesti di giovani di qualità, che possano rappresentare un valore aggiunto oggi ed essere i campioni del domani. Le scelte della società – in ottica anche dirigenziale – stanno funzionando?

IL PROGETTO: DAGLI ALBORI AD OGGI – L’impatto con la realtà giallorossa è risultato molto importante: un anno fa Roma tra le prime cinque società europee in termini di capitale investito, nella scorsa estate – seppur con investimenti ridotti – il processo di ringiovanimento e rafforzamento dell’organico è proseguito. In due anni sono arrivati Stekelenburg, Kjaer, Josè Angel, Heinze, Gago, Pjanic, Lamela, Osvaldo, Borini, Bojan, Nico Lopez, Goicoechea, Piris, Castan, Marquinhos, Balzaretti, Dodò, Tachtsidis, Florenzi, Bradley e Destro. Un numero impressionante di acquisti, tanti di questi rinnegati dopo una sola stagione, tanti di questi non apparsi all’altezza di una realtà così complessa quale quella italiana. Chi vi scrive si è sempre soffermato su quanto di buono avesse realizzato il direttore sportivo Walter Sabatini, ma l’impressione oggi è quella che – essenzialmente nel settore difensivo – qualche rischio di troppo sia stato corso. La linea difensiva scesa in campo contro l’Udinese – Piris, Castan, Marquinhos, Dodò – annoverava quattro calciatori nuovi, tutti provenienti dal campionato brasiliano e mai immersi in un torneo assimilabile alla Serie A.

LA GUIDA TECNICA: LE SCELTE DELLA SOCIETA’ – Un anno fa fu Luis Enrique, allora allenatore del Barcellona B, per scelta diretta del dg Franco Baldini che lo aveva conosciuto e se ne era calcisticamente innamorato. Il tandem Baldini-Sabatini non è stato scelto per caso, ma incarna alla perfezione il modello di gestione desiderato dalla proprietà: un progetto che si basi sulla crescita nel tempo e che dunque giocoforza includa al suo interno un certo tasso di rischio. Politica adottata con competenza dalla dirigenza, con gli equivoci prima annoverati. Alle volte meglio andare su qualcosa di meno intrigante ma più certo. Discorso applicabile anche a Luis Enrique? I risultati non hanno dato ragione al tecnico spagnolo. Forse i risultati sarebbero arrivati oggi, ma lo spagnolo ha abdicato per raggiunti limiti di tensione. Oggi Zeman: una scelta di per sé rischiosa, per natura ambiziosa ed azzardata. Quando si sceglie un maestro di calcio quale Zdenek Zeman non si sbaglia mai, ma è opportuno chiarire alcuni punti.

LA ROMA OGGI NON VA, IL FUTURO – Al fattore rischioso Zeman si è aggiunto l’ulteriore rischio di puntare su calciatori – essenzialmente in difesa – sconosciuti al calcio italiano e da valutare per qualità ed ambientamento. Il punto è il seguente: qual è l’obiettivo della Roma? La piazza si accontenterebbe di un’altra stagione finalizzata alla crescita dei giovani, priva però di affermazioni e successi? No, probabilmente no. Un buon budget di pazienza in tal direzione è andato via un anno fa. Ed al tifo giallorosso oggi non potrebbe mai bastare qualche exploit in stile San Siro contro l’Inter o Marassi contro il Genoa per poi tornare nell’anonimato quando c’è da confermare quanto di buono fatto. No, non potrebbero bastare neanche le piccanti dichiarazioni di Zeman contro tutto e tutti. Sì, un buon contorno, se però non manca il piatto forte. I cui unici ingredienti possono essere i risultati. Il rischio è di cadere, o meglio scadere, in un teatrino poco edificante. La Roma, dopo un anno e mezzo dall’avvento statunitense, vive tra questi equivoci: i dirigenti ci mettono la faccia, è vero, ma un’altra stagione anonima potrebbe definitivamente spezzare il bonus di fiducia che la piazza romanista ha concesso al nuovo corso giallorosso.