2013
Io non faccio poesia, io verticalizzo
Il ricordo del professore Franco Scoglio, bandiera del Genoa e genio incompreso del calcio italiano
IO VORREI – Come può uno Scoglio arginare il mare? Quando Lucio Battisti, anzi, quando Mogol si pose la fatidica e nota domanda era il 1972 e a Reggio Calabria proprio in quella stagione iniziava la sua carriera di allenatore uno che il mare avrebbe sempre voluto arginarlo e in un certo senso c’è anche riuscito: Franco Scoglio. Attenzione signori, perché non stiamo parlando di un allenatore qualsiasi, bensì di un professore, o meglio del Professore, come lo chiamavano tutti. Nato nel 1941 a Lipari, si laurea in Pedagogia e insegna all’istituto di Agraria di Palmi oltre a vestire la maglia da fioco della Palmese. La cattedra come stile di vita, prima a parlare di zootecnia e poi a spiegare come battere i calci piazzati.
MESSINA – Nel corso degli anni Settanta Franco Scoglio si siede sulle panchina di molte squadre siciliani e calabresi, tra Serie C e Serie D, unica eccezione lo Spezia nel 1978. Poi però nel 1984 arriva la grande occasione e il sogno può cominciare: Scoglio si accasa al Messina. I pelorici da troppo tempo navigano nelle torbide acque della terza serie, e chi meglio di un uomo che è il Maradona della tattica può riuscire a far entusisamare i tifosi? Il Messina vola in Serie B e conquista due agevoli salvezze consecutive, e a dire il vero ci sarebbe anche qualche brivido supplementare nella prima stagione in cadetteria, quando i siciliani sfiorano la promozione in Serie A, ma purtroppo non tutte le ciambelle riescono col buco. La tattica innovativa di quel tecnico spiazza moltissimi addetti ai lavori, il suo suddividere il campo in zone e il torneo in mini-tornei era qualcosa di altamente innovativo. La minuziosità di Scoglio è pari solo a quella con cui Tolstoj descriverebbe un pomello, il suo non più calcio, è cubismo, una scomposizione dopo l’altra per arrivare allo zenit del pallone. Tutti a Messina hanno la loro zona di campo da occupare e tutti hanno un diktat, fatta eccezione per Schillaci che proprio al Celeste porrà le basi per le Notti Magiche.
GENOVA HA I GIORNI TUTTI UGUALI – Segnatevi questa data, 1988. Come diciamo sempre se si vuol esser dei veri e propri miti si ha bisogno di un posto ideale dove poter dar sfogo alla propria creatività. Per quanto Messina possa essere il suo habitat, non è poi il posto perfetto per Scoglio, il Professore ha bisogno di qualcosa in più ed ecco quindi che si aprono le porte di Marassi e ben più metaforicamente ancqhue quelle della storia. Nel 1988-89 il Genoa vince il campionato di Serie B e colpisce il gioco particolareggiato e spumeggiante del siciliano: Nappi, Signorini, Eranio e soprattutto lo scugnizzo Gennaro Ruotolo sono giocatori che entrano nei meccanismi di Scoglio con una facilità tale da rendere la promozione in massima serie poco più di una formalità. Sono sue le basi per quello che sarà uno dei Genoa più belli del dopoguerra, quello che poi Bagnoli porterà a vincere ad Anfield. E’ suo anche l’acquisto di Pato Aguilera, così come quello di Perdomo, che non è mai riuscito a giocare meglio del cane di Boskov. Sue anche le frasi di amore verso il popolo genoano, un binomio imprescindibile e impareggiabile, un amore rimcambiato fino allo sfinimento. E poi anche i messaggi contro la Sampdoria («Io odio la Sampdoria e non perdo occasione per ribadirlo»), il suo eloquio forbito e assurdo, le sue parole mai lasciate al caso: dal cubismo degli anni precedenti si passa al surrealismo, quasi come se fosse Breton e non Scoglio.
PROFESSORE – Girerà molto dopo esser stato al Genoa e aver stabilito un rapporto incredibile con il Ferraris rossoblu, ma tutti lo ricorderanno per quelle sue esultanze scomposte e per quelle dichiarazioni poetiche dei giorni in Liguria. Proverà anche a Lucca, Napoli, Torino e in altre città a portare il suo credo ma il feedback di Marassi sarà sempre irripetibile. Dopo un’infanzia nella povertà, Scoglio è riuscito a diventare un modello e ad arricchirsi più di cultura e di tattica che di altro, Professore dentro e fuori dal rettangolo di gioco. I suoi ventun modi di battere un calcio d’angolo sono quasi da collezione Hobby & Work, così come l’appellativo di dolcissimo che veniva dato ai giocatori particolarmente stimati. Teorico del lavoro ancor prima di Arrigo Sacchi, è riuscito a inventare calcio in ogni posto in cui ha allenato e a tirar fuori perle di saggezza pallonara come «Il mio calcio è fatto così: 47 per cento di tecnica, 30 per cento di condizione fisica, 23 per cento di psicologia». Allenare gli uomini e gli atleti, questo era l’importante.
MORIRO’ PARLANDO DEL GENOA – Pressing, zona sporca, calci piazzati e ripartenze asfissianti. Quattro regole fondamentali del gioco di Scoglio, uno dei teorici – ecco, “teorico” forse è l’appellativo più adatto per il siciliano, più che allenatore – del rombo sia in Italia che nella fortunata esprrienza con la Tunisia, lasciata per il troppo amore del Genoa, che nel 2002 rischiava la Serie C. Se siete tifosi genoani allora controllate tutti i vocabolari del mondo perché forse non esiste un attributo o una semplice parola per definire il Professore. Una volta dichiarò che sarebbe morto parlando del Genoa: nell’ottobre del 2005, dopo un battibecco telefonico con Preziosi a Primocanale, Scoglio si è accasciato sulla poltrona degli studi televisivi dove era ospite e se n’è andato così. Sono comunque più di venti anni che a Genova gira lo slogan «Da uno scoglio di Quarto è nata l’Italia, da uno Scoglio di Lipari è rinato il Genoa».