2013
L’inconcepibile leggiadria di certi attaccanti olandesi
Dennis Bergkamp, Mark Overmars e altro ancora: ci occupiamo delle punte dell’Olanda anni ’90 e 2000
COME VAN NESSUNO MAI – Mettiamo le mani avanti fin dall’inizio: come Marco Van Basten non c’è nessuno. Diego Armando Maradona è stato il calciatore più forte che la storia ricordi ma non il più completo; va bene che la perfezione non esiste ma chi si è avvicinato ad essere il centravanti più “totale” del calcio mondiale è stato proprio il cigno di Utrecht. Possente quanto fragile, spilungone quanto fantasioso, arguto quanto acrobatico, il nostro Marco è stato uno degli attaccanti migliori che abbiano mai avuto a che fare con questo sport. Detto questo, oggi ci occuperemo della generazione di talenti che l’Olanda ha visto nascere curiosamente dopo l’affermazione di Van Basten, una ridda di attaccanti – prime punte, ali, mezze punte – con un fisico da nuotatori o giavellottisti ma con un’eleganza e una leggiadria, una inconcepibile e inspiegabile leggiadria, che li ha fatti entrare di diritto nella storia del football.
NON-FLYING DUTCHMAN – Voi per caso conoscete un giocatore che ha dato il proprio nome a una finta? Beh, allora fatevi una cultura calcistica e studiate le movenze di Dennis Bergkamp, leve da fenicottero ma grazia e maestria da calciatore post-impressionista. Il gol contro il Newcastle di qualche stagione fa lo conoscono tutti a memoria: la palla arriva a Dennis al limite dell’area e l’olandese, spalle alla porta, tocca quel tanto che basta col sinistro per far pensare ai tifosi di aver sbagliato lo stop e poi fa una piroetta su se stesso per smentire gli scettici e mettere dentro – di destro, attenzione alla finezza – una rete da storia del calcio. Si vocifera anche che Dabizas da quel giorno soffra di potenti emicranie, ma è un’altra storia. Bergkamp era davvero un signore in campo: testa alta e dribbling secco più una visione di gioco totale che cozzava col suo carattere chiuso che a Milano in maglia Inter non lo aiutò affatto. E invece Dennis la Minaccia a Londra ha fatto innamorare, e anche nella nazionale olandese, basti pensare alla rete a tempo scaduto all’Argentina a France 1998, che noi italiani ricordiamo per l’«Infatti è così» ripetuto allo spasimo da Carlo Nesti. Famoso anche per la sua paura di volare, la sua casa era Highbury, anche se in suo onore il suo addio al calcio è stato la prima gara disputata all’Emirates. Uno dei pochi calciatori ad aver segnato solo brilliant goals: la prossima volta che nasce un giocatore del genere avvisateci, per favore.
LIFE ON (OVER)MARS – La maglia numero sette di solito è quella che si dà all’esterno, rapido e scattante, che deve bucare le difese avversarie sia per segnare ma soprattutto per mettere palloni dentro ai compagni. L’ala vecchio stampo insomma, quella che piano piano sta sparendo se non per particolari eccezioni (tutte in Premier, o quasi). Un’ala come non ne vedrete più era Marc Overmars, anche lui afflitto da questa strana particolarità degli olandesi: fisico non da marcantonio, anzi tutt’altro, ma solamente movimenti armonici su quella fascia. Poi, la domanda spontanea è: quale fascia? Sì perché il nostro Marc è stato uno dei giocatori più ambidestri del mondo e soprattutto uno dei pochi laterali ad essere pure cecchini in area di rigore. Finte, controfinte, tiri e cross, non c’era niente che Overmars non potesse fare e il suo palmares è lì a ricordarcelo. Prima nel super Ajax dei primi anni ’90, poi nel miglior Arsenal della storia del calcio e infine nel Barcellona Overmars ha dimostrato un’esplosività fuori dal comune e anche una sapeinza tattica e un’intelligenza che solamente gli olandesi riescono a sviluppare su un campo da calcio. Magari non segnava gol eccelsi ma dava sempre un metro di distanza al marcatore, sensazionale.
PROVI E RIPROVI FINCHE’ CE LA FAI – Pierre Van Hooijdonk non sarà stato un bell’uomo, certo – e chi siamo noi per giudicare? – ma sicuramente era uno che non si dava mai per vinto. Ne sanno qualcosa quelli della Juventus, che in una gara di Champions League lo videro battere per ben tre volte un calcio di punizione finché non la insaccò dentro, anche grazie a un arbitro molto amichevole. Già, i calci di punizione di Van Hooijdonk un po’ ci mancano. Vedevi arrivare sulla palla quest’omaccione grosso che però pennellava dolcemente la sfera sotto l’incrocio dei pali, con una carezza di destro di una precisione rarissima. Se a quei tempi davano una punizione al Feyenoord o al Fenerbahce o al Nottingham erano guai, arrivava il piedino di Pierre e in un secondo il portiere di turno era chino alle proprie spalle per prendere il pallone da dietro la linea. Ha messo più palloni al sette lui di tutto il campionato portoghese.
PIEDI DI FATA – Il campo da gioco del Basilea è grande come tutti gli altri al mondo, solite dimensioni regolamentari del Partenio o del Velodrome per dire, eppure Ruud Van Nistelrooy riuscì a far diventare il St. Jakob la prateria più ampia mai esistita: una finta in meno di un metro su un difensore sulla linea di fondo e poi, quando il campo finisce, tiro in porta da un’angolazione che definire impossibile sarebbe un affronto a Discovery Channel. Gol e storia per Ruud quel giorno del 2002, perché Van Nistelrooy con qualsiasi maglia abbia giocato è sempre stato un vero bomber, forse l’unico erede di Van Basten per caratteristiche. Corazziere che danza sulle punte come Nureyev, capace di segnare in qualsiasi modo e in qualsiasi stadio con una delicatezza nel tocco fuori dal comune. Prendete Craven Cottage annata 2003, Ruud riceve palla a centrocampo e si gira verso la porta conscio di poter segnare, e la cosa bella è che segnerà, non si sa come mai ma solo nel vederlo partire si ha già la consapevolezza del gol in arrivo. E infatti Van Nistelrooy salta tutti e insacca, isn’it?
GHOST – In dieci secondi si può svitare una bottiglia, si può bere un bicchier d’acqua o ci si può allacciare una scarpa. Roy Makaay in dieci secondi ha segnato un gol in Champions League. Dieci secondi virgola due per la precisione, ma tant’è che nel calcio poche volte si è visto qualcosa di più decisivo di quella rete lampo in Bayern Monaco – Real Madrid, record per la coppa dalle grandi orecchie. Proprio dieci secondi in una partita erano sufficienti a Makaay per fare quello che sapeva fare meglio: segnare. Dormiente, anzi ectoplasmatico, per lunghi tratti della gara, Makaay si svegliava di soprassalto e metteva dentro la rete decisiva. Era una roba più forte di lui, c’è chi fuma e chi si mangia le unghie, il suo vizio era segnare, uscire dal letargo e gonfiare la rete. Il Fantasma lo chiamavano ma anche lui di classe ne aveva da vendere e infatti in Spagna, Olanda e Germania ha segnato valanghe di gol. Dare palla a Makaay è metterla in banca perché Roy la protegge, fa due o tre finte d’alta scuola e poi la piazza dove il portiere non può arrivare, un lavoretto semplice semplice. Un rapace d’area di rigore che tirava le punizioni e segnava da fuori area e pensare che oggi c’è gente che fa giocare titolare Larrondo.