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Marco van Basten tra talento e rimpianto: il Cigno di Utrecht spiegato in tre mosse

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Marco van Basten

Marco van Basten, ex attaccante del Milan, dell’Ajax e dell’Olanda, compie oggi 53 anni. Li celebriamo scegliendo tre momenti in particolare della sua straordinaria e breve carriera

Non è difficile parlare di Marco van Basten. Basta prendere qualche aggettivo in prestito dalla letteratura, introdurlo nel gergo calcistico e svuotare il tutto dai contenuti. Poetico, sublime, ieratico, magniloquente: van Basten può essere anche questo, siamo d’accordo ma è molto di più. Il difficile arriva quando si cerca di descrivere cosa è stato van Basten non solo per il Milan, ma anche e soprattutto per la storia del calcio. E lì non sono più così tanto utili i giri di parole e i lazzi linguistici. Siccome servono fatti concreti, proviamo a celebrare il 53esimo compleanno del buon Cigno di Utrecht parlando di tre momenti particolari della sua brevissima carriera. Perché la luce che arde col doppio di splendore eccetera eccetera.

Marco van Basten: la geometria

Il primo momento è il più conosciuto della sua carriera. Europei di Germania 1988, l’Olanda di Rinus Michels incontra l’URSS di Valerij Lobanovsky. Il calcio difficilmente ha raggiunto picchi così alti in una finale: si scontrano gli eredi dell’Arancia Meccanica di Cruijff e l’evoluzione del calcio totale oranje, la macchina perfetta dell’Unione Sovietica. Tatticamente è una partita da studiare per come le due squadre si danno battaglia e rispondono colpo su colpo. Se l’URSS funziona da collettivo, l’Olanda può contare anche sui singoli. Lo fa con Gullit nell’azione dell’1-0, si ripete con van Basten in occasione del raddoppio. È uno dei gol più belli mai segnati su questo pianeta ed è indicativo di come l’attaccante olandese riesca a estrapolarsi dal contesto della partita per giocare in modo tutto suo. Certamente elegante, ma anche spietato: è al limite alto dell’area, colpisce di collo pieno al volo e la manda sul palo opposto. L’hanno visto tutti il video, anche di sfuggita. Un capolavoro di geometria, che purtroppo non è mai stato usato come seconda prova all’esame di maturità negli istituti tecnici. Quel gol è Marco van Basten, è il suo modo di rendere facile un gesto inconcepibile.

Marco van Basten: l’arroganza

C’è chi parla di MvB come di uno degli attaccanti più principeschi e stilisticamente educati della storia. Al di là dei noiosi attributi letterari, va sottolineato come van Basten fosse anche una simpatica canaglia, nel senso buono del termine. In un’epoca come quella a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta i centravanti devono sapersi far rispettare più che mai, dato che è in attività una delle generazioni di difensori più arcigne mai vista. Il Cigno di Utrecht sveste i panni del danzatore e picchia, perché non ne può più di prenderle e basta. La Coppa Italia del 1991-92 offre lo spunto migliore. Nella nebbia del Delle Alpi, il Milan incontra il Torino padrone di casa. Nei primi venti minuti la marcatura di Pasquale Bruno su Van Basten è tenace, giusto per usare un eufemismo. Almeno fino al 21′, quando su cross da sinistra lo stesso Bruno colpisce male di testa e fa autogol. Van Basten lo vede a terra, gli va sul volto e balletta. Danzatore sì, ma in faccia al nemico, con l’arroganza di chi si crede (e forse è) nel giusto. Volto pulito ma anche poca voglia di essere preso in giro, van Basten è anche questo. Fabio Capello lo toglie nemmeno un minuto dopo, Pasquale Bruno non lo prenderà più.

https://youtube.com/watch?v=x4RbFFOvLJ0

Marco van Basten: l’interrogativo

L’unica concessione letteraria che si può fare alla punta ex Ajax è una citazione di Carmelo Bene, ma solo perché a Carmelo Bene si può concedere tutto. “Il lutto in me per il suo precoce ritiro non si estingue ancora e mai si estinguerà” disse l’autore teatrale e tifoso rossonero. Van Basten è anche un punto interrogativo. Un quesito che ne porta altri con sé: può il miglior centravanti della storia essere un rimpianto? Sì, proprio per la sua sfortunata carriera, con quegli infortuni che lo hanno fatto ridiscendere a fianco dei mortali. Demetrio Albertini dà l’addio al calcio nel marzo del 2006, a San Siro giocano Milan e Barcellona e scendono in campo tante vecchie glorie. Al Meazza sono trentacinquemila gli spettatori. In tanti hanno visto van Basten l’ultima volta fare un drammatico giro di saluti con indosso un terribile cappotto di renna e una vaga somiglianza con Jim Carrey. Quella sera, suppergiù al quarto d’ora, van Basten si piega su cross di Chicco Evani e segna, a 41 anni e senza più cartilagine alle caviglie, il gol in tuffo di testa più bello mai visto a San Siro. Nascerà un altro Maradona, uno come van Basten non lo vedremo più. Anche questo lo diceva Carmelo Bene.