Sabatini: «Rimpianto Scudetto. Totti, Spalletti, mercato, critiche: dico tutto» - Calcio News 24
Connettiti con noi

News

Sabatini: «Rimpianto Scudetto. Totti, Spalletti, mercato, critiche: dico tutto»

Pubblicato

su

sabatini inter

La conferenza stampa d’addio di Walter Sabatini, direttore sportivo della Roma, che lascia ufficialmente i giallorossi. Le sue parole

Le parole di Walter Sabatini, direttore sportivo della Roma, nel giorno del suo addio al club giallorosso: «Quando sono venuto qui la prima volta ero più agitato. Non è un bilancio definitivo perché questa è ancora la mia squadra, ci sarà un’assenza fisica ma ci sarà una presenza forte, intellettuale, psicologica e starò dietro a tutto quello che succederà sentendomi partecipe. Non abbiamo vinto? C’è ancora una possibilità perché questa squadra è competitiva e allenata benissimo e c’è ancora la speranza di poter fare un campionato sbalorditivo. Ho fatto un ciclo di 5 anni con una osservazione che faccio costantemente dentro di me che ritengo molto positivi dal punto di vista analitico ma dal punto di vista emozionale è mancata la convocazione al Circo Massimo da parte dei giocatori della Roma, una speranza che si è accesa saltuariamente in questi anni. Ho pensato diverse volte in questi anni che le nostre squadre potessero competere per lo Scudetto e questo è un mio rammarico che mi provoca frustrazione, una tristezza cupa e irreversibile a meno che non ci sia un riscatto immediato in questa stagione ma non mi vergognerei di questa Roma perché il club è competitivo da anni, è arrivata seconda per due anni e terza per un altro anno in maniera miracolosa. Io ho annullato totalmente la mia persona fisica e giuridica e non ho fatto niente in questi 5 anni che non fosse dettata dal fatto che fossi il direttore sportivo della Roma, non ho guardato le spalle di una donna, non ho mangiato, non ho dormito senza pensare di essere il direttore sportivo della Roma. Questa frazione di vita è stata per me la vita. Vedo solo la Roma e sento di aver vissuto per la Roma, totalmente opacizzato, sono geloso di questo sentimento e sono preoccupato da quello che verrà dopo perché questa è stata la mia vita».

ASSILLO SCUDETTO – Ancora Sabatini: «Le persone che lavorano a Trigoria sono le mie badanti, loro mi hanno praticamente sostenuto, nutrito, curato e c’è anche tanta gente alla quale ho voluto silenziosamente bene. Io ho fatto un mercato rissaiolo ma ci sono sempre stato, non io, ma la Roma, in tema di rivoluzione culturale ma tutto questo si riferiva a un’esigenza, di pensare alla vittoria non come una possibilità ma come una necessità e serve una rivoluzione affinché si possa arrivare a una vittoria, adeguare i comportamenti di tutti per centrare un obiettivo e da questo punto di vista non ho centrato l’obiettivo ma c’è ancora una speranza perché credo nella squadra e nell’allenatore, un grandissimo allenatore, che spero possa restare per almeno 5 anni e in questo senso mi sento molto deluso e questa è la nostra vera debolezza. I tre ricordi? Quando sono arrivato qui. Pensavo a qualcosa di trionfale, di forte, che la Roma si imponesse come azienda, come squadra, come gruppo di persone e credevo che sarebbe successo. Ricordo delle vittorie, quella nel derby 2-1, con il vituperato Ibarbo che qualcuno ha definito l’operazione fallimentare ma è stato pagato 2 milioni di euro per il prestito che sono stati recuperati qualche mese dal Watford e quel povero disgraziato di Ibarbo fece la percussione che consentì a Iturbe di segnare e di recuperare la partita che fu fondamentale per un posto in Champions League. Ricordo il gol di Bradley a Udine quando avevamo creato il presupposto per stabilire un record che poi arrivò con un gol del problema Borriello, come l’ho definito io, nella sfida successiva. Ci sono anche i ricordi brutti. La sconfitta in Coppa Italia che servì anche a farci cambiare idee. L’idea di non aver vinto lo Scudetto mi perseguita e lo farà per tutta la vita ma ripeto a meno che non succeda quest’anno».

TOTTI E LA STAMPA – Prosegue l’ormai ex ds Sabatini: «Totti? E’ una questione sociologica, tutti vogliamo Totti, io gli darei il premio Nobel per la fisica, dato che non gli hanno dato il Pallone d’Oro. Le giocate di Totti non sono riproponibili mentre alcune giocate di grandi campioni che lo hanno preceduto sono riproponibili ma quelle di Totti no perché le sue traiettorie possono avere messo in discussione Keplero, la teoria della relatività e tante altre. Totti però costituisce uno zenit. E’ il sole e lo zenit e naturalmente esclude il gruppo di lavoro perché la curiosità morbosa che si riferisce a tutto quello che fa comprime la crescita di un gruppo di calciatori che deve essere subordinata a questo ed è tutto comprensibile perché Totti rappresenta un pezzo di carne di gente che è cresciuta e invecchiata con lui e tutti fanno fatica a staccarsi quel pezzo di carne e a rinunciarci. Fenomeno che andrà raccontato da qualcuno che la sa lunga perché qui ci rientra la psicologia e altri fattori. Massara non è un mio delfino, è un professionista, laureato e competente. Ha lavorato con me ma da ora in poi lavorerà da solo. E’ un ragazzo educato di estrazione sabauda e lo vedrete lavorare, parlare, interloquire con un livello di educazione che io non ho mai compreso. Lui mi sostituirà e la Roma avrà un suo futuro anche con lui tenendo presente che ci sono dirigenti molto importanti nella Roma, vituperati, diffamati di continuo ma un giorno qualcuno di voi mi spiegherà perché ha l’esigenza di indebolire la Roma attraverso la demolizione costante e preventiva di qualsiasi dirigente arrivi qua. Io accetto le critiche, ho fatto degli errori e sono stati puntualmente rimarcati, e alcune critiche le condivido ma vedo che c’è la tendenza a far diventare Baldini un massone dannoso, Baldissoni un probabile giocatore di calcetto, ora sta arrivando Gandini. Io non sto accusando la stampa ma un’abitudine, le sconfitte sono soprattutto mie e mi prendo le mie responsabilità. E’ meglio che la Roma sia debole perché i latrati a pagamento possono avere una loro funzione. La Roma ci può rimettere, non sto parlando di critiche, anzi alcune vostre critiche mi hanno aiutato. Sostenete la Roma perché gli altri lo fanno con le squadre più importanti. Quest’anno abbiamo puntellato la difesa perché attacco e centrocampo avevano fatto molto bene lo scorso anno ma a causa degli infortuni qualche disastro c’è stato. Nella continuità vai a ottenere i risultati ma quest’anno è stato necessario fare un mercato pirotecnico per poter raggiungere gli obiettivi, fatta per la pressione UEFA che abbiamo addosso».

IL MERCATO E PALLOTTA – «Se vendo Benatia e compro Manolas non penso di aver prodotto un danno, produco un utile e lancio un altro giocatore. Questa politica comporta rischi notevoli ma chi è stato venduto è sempre stato adeguatamente sostituito ma ho cercato sempre di far guadagnare la Roma, perché se prendo Ljajic, con tutto il rispetto per un ragazzino che ho sempre adorato, per Perotti non penso di averci perso, vendo Marquinhos per Benatia, dal punto di vista tecnico non penso di averci perso. La Roma è stata competitiva, chi vince è più bello, alto e biondo ma noi siamo una squadra che dà tanto fastidio a chiunque e abbiamo avuto la sventura di fare 85 punti, esclusi i punti regalati alla fine, in una stagione in cui la Juve ha prodotto un risultato straordinario e irripetibile, perché a 85-90 punti si vincono 3 campionati su 5. Il danno è prodotto dal fatto che mancando la continuità non si arriva mai a coagulare un gruppo ma abbiamo dovuto farlo per essere competitivi. Il segreto del successo del calcio è la passione popolare e il presidente Pallotta lo sa perfettamente. E’ un imprenditore americano che crede di poter fare le cose in una certa maniera. E’ un bostoniano allegro, positivo, incline allo studio della statistica, alla frequentazione di meeting, io sono un etrusco crepuscolare e residuale. Lui vive e pensa al calcio così come pensa alle sue aziende, io lo vivo in un’altra maniera ma abbiamo le idee chiare e c’è rispetto e il fatto che siamo arrivati a una risoluzione consensuale dimostra che c’è un buon rapporto. Non è stato così lontano dal conseguire obiettivi importanti perché Milan e Inter vorrebbero essere la Roma. Siamo incappati in un ciclo perfetto e straordinario della Juventus, con le scelte che Marotta e Paratici hanno sempre fatto e sono sempre stati superiori a noi ma noi non siamo mai stati molto al di sotto. Ritorno di Baldini? E’ un grande acquisto per la Roma, prima di tornare mi ha chiesto se avessi provato fastidio e naturalmente gli ho detto di no».

I RINNOVI E GLI ADDII – «Il rinnovo a Nainggolan non è all’ordine del giorno ma credo che si attribuirà un premio in base alle prestazioni che farà perché ha chiesto lui il rinnovo. I giocatori si devono rendere conto che abbiamo iniziato la stagione con dei presupposti che non ci sono più, come l’addio alla Champions League. Questa vicenda sarà portata avanti da Baldissoni ma non è in questo momento per noi una priorità assoluta. Noi vogliamo che la squadra faccia cose importanti perché ci sono i requisiti e i presupposti per farlo. Perché vado via dalla Roma? Sono cambiate le regole del gioco. Io posso fare solo il mio calcio e non riesco ad adeguare le richieste dei nuovi criteri. Il presidente e i suoi collaboratori giustamente puntano su altre prerogative, adorano la statistica, stanno cercando un algoritmo vincente e io vivo dentro il mio istinto e dentro la mia immaginazione. Per me il pallone non è una sfera, non vedo quanti rimbalzi farà il pallone, quanti impatti balistici riuscirà ad ottenere prima della fine del suo ciclo. Per me la palla è qualcosa di particolare, voglio deviare le traiettorie in maniera imprevedibile, vivo il mio calcio dalla tribuna, un calcio immaginifico, un calcio che non può essere freddamente riportato alle statistiche che descrivono un giocatore perché aiutano ma tradiscono. Se prendete una statistica di un terzino che ha fatto 12 cross a partita ma non tiene conto della connessione che c’è nel calcio e allora può darsi che abbia fatto 12 cross a partita perché insieme a lui c’è un simil Totti che vede delle linee di passaggio incredibili. Io credo a quello che osservo e a quello che sento quando vedo un giocatore. Io devo fare il mio calcio, lo faccio da sempre e non intendo cambiare mentre in questo momento la società, alcuni collaboratori di Pallotta e Pallotta stesso puntano su altre prerogative. Io sono incline a una mia sofferenza notturna, mi sparo 5 sigarette, vedo un giocatore e lo prendo e prendo pochi abbagli come ad esempio il povero Piris, che non era un giocatore da Roma. Io faccio una tara tra dare e avere e con molta fortuna l’avere supera nettamente il dare. Io verrò sostituito da una cultura, da un modo di fare che non è censurabile, condannabile, che fanno in molti ma sono io che ritengo di non essere all’altezza. Io sono un presuntuoso critico, mi affosso su ogni stop sbagliato di un giocatore, devo fare e voglio fare il mio calcio e qui forse posso farlo un po’ di meno e so di non poter fare il massimo in questa situazione.La causa di questa mia decisione è per un giocatore che sta facendo bene. Quel giocatore il l’ho perso perché mi è mancata la forza, la sicurezza che comportava una commissione crassa e sentendo alle mie spalle, punti di domanda, recriminazioni, io ho perso l’attimo fuggente che è la mia forza. Perso questo giocatore ho riflettuto sul fatto che non merito più la Roma. Se non sono più in grado di farle? Me ne devo andare. Non lo dico perché odio non averlo preso. Se fossi un DS simmetrico vi direi a tutti, sono stanco, farò un viaggio studio. Adesso mi cerco una tana dove rinchiudermi, senza leccarmi le ferite dove nascondermi e stare zitto. Ho bisogno di raccogliere le idee, ma questo episodio è stato decisivo per decidere che non potevo essere più il DS della Roma. Questa è stata la cosa per dire basta”».

LE COMMISSIONI E IL FUTURO – «Io ho sottoscritto commissioni. Con queste si acquistano i giocatori perché c’è la parcellizzazione dei calciatori in certi territori e queste risate, dove sono le vacanze nelle isole, io le odio tranne la Sicilia, le mignotte che gli agenti gli offrono, dove sono. Gli individui, non la stampa. Le commissioni le ha prese chi le doveva prendere. Dite ai tifosi della Roma che la Roma qualche cazzata la fa ma è una società onesta. Questi individui venissero con me in tribunale a fare le loro supposizioni, tirassero fuori i fatti, iscrivete alla “cialtroni & co.” questi personaggi, venite con me, giocatevi i vostri soldi in tribunale, ma non li do in beneficenza, vado a roulettenburg, fin quando non avrò perso tutto quello che mi avete dato. Vacanze a Ibiza pagate e io non ho mai avuto bisogno di signorine a pagamento. Quei signori la facciano finita oppure adesso di fronte alle telecamere, si alzassero in piedi, si costituissero in consorzio e venissero con me in tribunale. Futuro? Non ho nessuna offerta e da oggi pomeriggio sarò un disoccupato. Voglio lavorare e ho bisogno di lavorare e spero di trovare una nuova occupazione, ovunque perché un bel panino con la mortadella vale quando un pasto col caviale l’importante è fare il mio calcio. Cedere Lamela mi ha ucciso senza mancare di rispetto agli altri. Io ho imposto questa operazione importante, impegnativa, ma ho voluto farlo perché non essendo ancora direttore sportivo della Roma volevo che la Roma desse un segnale di forza, che andasse a intercettare un talento argentino, per dare un segnale che dicesse che ora arriveremo noi in tutti i mercati a fare le operazioni. Un’operazione complicata. Lui ha fatto molto bene nel primo anno ma nel secondo è migliorato tanto perché con Zeman ha capito come attaccare la porta ma ogni volta mi son sentito male edulcorato dal fatto che quando ho venduto un calciatore ne ho comprato uno che ritenevo più forte. Pallotta è molto attaccato alla Roma e sa che lo stadio nuovo aumenterebbe la competitività della Roma e credo che si fermerà e cercherà di migliorare, sta già migliorando, perde un direttore sportivo discutibile come me. Ha idee, vuole migliorare e speriamo abbia la fortuna di poterle perseguire e metterle in pratica».